In pochi anni, le Cucine Popolari sono diventate un vero e proprio punto di riferimento per la realtà di Bologna (e non solo!). Sono già tre gli spazi di mense laiche che offrono un pasto al giorno per tre volte alla settimana alle persone in difficoltà: uomini, donne e famiglie che qui trovano un pasto caldo, ma anche l’opportunità di uscire dalla solitudine e confrontarsi con un gruppo di oltre 190 volontari. Ci racconta questa avventura nata dall’esigenza di fare qualcosa di concreto per le persone in difficoltà Giovanni Melli, presidente dell’associazione CiviBo promotrice delle Cucine Popolari.
Cucine Popolari, a Bologna accanto a chi ha bisogno
Il cibo è cultura, condivisione e inclusione sociale: è, infatti, uno strumento prezioso per avvicinare e mettere in relazione le persone. “Le Cucine Popolari sono nate – racconta il presidente – dall’idea di rispondere ai concreti bisogni di parte della popolazione bolognese, condivisa di un gruppo di persone che già lavoravano a diverso titolo in supporto alle persone in difficoltà come, per esempio, la cooperativa Piazza Grande. Esistevano, ed esistono, tante esperienze di mense sociali o mense per i poveri, ma resta una fascia scoperta di utenza. Pensiamo ai nuovi poveri, colpiti dalla crisi economica, persone che stavano sprofondando silenziosamente in una condizione di fragilità e non avevano né punti di riferimento né risposte concrete. Invisibili anche per i servizi sociali. Basta poco, una malattia, la perdita del lavoro o una vedovanza, per ritrovarsi con dei gravi problemi.”
Da qui l’idea di costituire l’associazione CiviBo nel 2014 e di aprire l’anno successivo, nel quartiere della Bolognina, la prima “Cucina popolare”. Un sogno diventato realtà grazie, tra gli altri, a Roberto Morgantini che ha deciso di devolvere alla causa quanto raccolto durante il suo matrimonio, trasformatosi nel primo evento di fundraising del progetto e fondamentale per dare avvio all’attività. “L’associazione era un aliante sulla pista – sorride Melli ricordando quel periodo – che non aveva ancora avuto la possibilità di essere lanciata in volo. Grazie al matrimonio di Morgantini siamo partiti”.
Tre Cucine Popolari in tre quartieri per essere vicino ai più fragili
Nel 2015, quindi, è stata aperta la prima mensa che offriva un pranzo gratuito per due giorni alla settimana. L’anno successivo è arrivata una seconda e quello dopo ancora la terza: “per ora siamo in Bolognina, nel quartiere San Donato e in zona Costa-Saragozza, ma l’obiettivo è avere uno spazio con queste caratteristiche in ogni quartiere della città.” Gli utenti, prevalentemente uomini e di origine italiana, vengono segnalati dai Servizi Sociali e dall’azienda sanitaria sul territorio sulla base dei bisogni più urgenti.
La Cucina Popolare, il cui sottotitolo è “Bologna Social Food”, richiama lo spirito delle vecchie trattorie emiliane dove le persone possono andare, sentirsi accolti e consumare un pasto caldo. “Il funzionamento del progetto è articolato, ma semplice: c’è chi si occupa della raccolta alimentare tramite una rete di supermercati, mercati e il Banco Alimentare per poter preparare i pasti, chi si occupa della cucina e chi aiuta con il servizio.” Nel 2019, sono stati serviti 60.000 pasti grazie al contributo di quasi duecento volontari che si impegnano assiduamente perché il progetto funzioni, affiancati da ancor più persone che sostengono con il proprio tempo e le proprie risorse le Cucine Popolari.
Sostenibilità, lotta contro gli sprechi e contro la povertà
La lotta contro lo spreco alimentare, la sostenibilità e l’azione contro la povertà e l’esclusione sociale si intrecciano in questi spazi: “siamo convinti – aggiunge Melli – che soltanto mettendoci in rete possiamo fare qualcosa di concreto.” La mission di Cucine Popolari è, infatti, sociale nel senso profondo del termine: smuovere la responsabilità civica delle persone in quanto cittadini nei confronti di altri cittadini. “È di fatto un progetto di cittadinanza attiva poiché un volontario che desidera darci una mano in cucina può avere a cuore anche l’ambiente o l’importanza di ridurre gli sprechi alimentari. Le persone che collaborano con noi vengono dalle esperienze più disparate, ma sono unite da questa visione comune.”
L’esperienza delle Cucine Popolari non è un unicum in Italia. Esistono realtà simili a Milano, a partire dal Refettorio Ambrosiano, ma anche a Verona o a Padova. Presto partirà una prima mensa anche a Ravenna costruita proprio sul modello del progetto bolognese. La differenza sta, in primo luogo, nella laicità del progetto e, in secondo luogo, nella forte capacità di attrarre risorse e volontari delle Cucine bolognesi. “Ci sosteniamo interamente grazie a fondi privati – racconta il presidente dell’associazione – frutto di donazioni di persone e gruppi.” Molto importante anche il dialogo con associazioni, enti e scuole del territorio: il cibo e la cucina sono appunto spazio di cultura, condivisione e crescita che si concretizza in iniziative di vario genere. Dalle scolaresche che nelle Cucine Popolari imparano a fare i tortellini per le loro famiglie e per la festa di Natale degli ospiti agli incontri e dibattiti sui temi che toccano più da vicino le nostre sensibilità.
“Tra le idee ai blocchi di partenza – conclude Melli – l’organizzazione di piccoli incontri formativi per le persone sole che desiderano imparare a cucinare i piatti della tradizione bolognese e non solo. L’obiettivo è, infatti, creare anche un’ulteriore occasione di scambio di conoscenze ai fornelli. È secondo noi un modo in più per combattere la solitudine e l’isolamento, dimostrando una volta in più che Bologna è una città che ha sempre saputo accogliere e includere chiunque lo desideri.”
Conoscevate questo progetto?