Lunedì 1 Settembre
Oggi farò un riepilogo delle migliori scene di “cibo” che ho visto alla mostra finora. Come sapete, quest’anno il Giornale del Cibo in collaborazione con Fedic darà una menzione speciale all’opera che propone la sequenza più significativa sul tema della alimentazione o a quella che tratta questo argomento con maggior profondità. La giuria che sceglierà il film è quella prestigiosa che assegna anche il premio Fedic, giunto quest’anno alla sua 21a edizione. Il vincitore verrà annunciato venerdì 5 e il premio sarà consegnato sabato mattina nella sala dell’ente dello spettacolo all’Hotel Excelsior. Alcune recensioni dei film che citerò li trovate in questa stessa rubrica; l’ordine è quello di uscita alla mostra.
In Birdman di Inarritu, un attore teatrale (interpretato da Ed Norton) incazzato per l’artificiosità del testo (e della vita delle persone che vivono di spettacolo) prende da un frigorifero un pezzo di pollo arrosto e urla: “Questo pollo è l’ unica cosa vera qui intorno. L’unica con cui vale la pena interagire.” Gesto comico ma che dà al cibo una responsabilità che forse ha davvero nella nostra contemporaneità virtuale.
In One on one di Kim ki duc, un’altra battuta fulminante sul cibo, questa meno filosofica e più sociale. Davanti a un piatto di noodles un personaggio dichiara: “Questo è un cibo ambiguo: per un povero è un intero pasto, per un ricco un assaggino.”
Nel film di Bogdanovich She’s funny that way c’è una lunga scena che si svolge in un ristorante di lusso (italiano!) sulla quinta strada. E’ una sequenza esilarante, un punto di svolta della storia. Qui il “ristorante” è il luogo pubblico che più di tutti rivela status, intenzioni ed emozioni di chi lo frequenta. A questo proposito vi segnalo il classico saggio della Finkelstein “Andare a pranzo fuori” sul ruolo delle rappresentazioni sociali.
In Manglehorm, interpretato da Al Pacino, il cibo è onnipresente: nelle ciambelline che la banca offre ai suoi clienti, nei self service popolari, nella sagra dei pan cake. Una sola volta il personaggio interpretato da Al Pacino va (con il figlio) in un ristorante di lusso. Non gli piace l’ambiente, non gli piace il menu, non gli piace la discussione che sta avendo con il figlio. E se ne esce con questa memorabile battuta: “ dove c’è un cibo pretenzioso non si può che fare una conversazione pretenziosa.”
In ultima analisi, benché molto diverse tra loro, le scene che ho descritto mostrano tutte come il cibo e le modalità del suo consumo rivestano in tutte le società e in tutti i tempi un alto valore simbolico: il cibo è vita, cura, relazione; e come il cinema ne sia una dei più efficaci espressioni.
Un caro saluto a tutti.
Giuliano Gallini
di Giuliano Gallini