Il dilemma dell’onnivoro

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Care amiche e cari amici del giornale del cibo,

riprendo oggi a scrivere sulla rubrica “pubblicamente a tavola” e cercherò di farlo con più continuità. Per ri-cominciare vi proporrò alcune recensioni. Si tratta di libri che approfondiscono i temi che più ci stanno a cuore – alimentazione, agricoltura, cucina, sostenibilità ambientale, consumi – e che ho trovato interessanti, stimolanti e, in alcuni casi, provocatori. Naturalmente mi aspetto vostri commenti!

Parto con “Il dilemma dell’onnivoro” dell’americano Michael Pollan. E’ un libro pubblicato da Adelphi, una casa editrice che è sinonimo di qualità. A questo proposito vi raccomando anche di leggere il libro di Roberto Calasso  “l’impronta dell’editore” (164 pagine, 12 Euro),  una storia di Adelphi e una riflessione sull’editoria che non potrà non appassionare ogni lettore.  Tornando a “il dilemma dell’onnivoro” non trovo di meglio che riportare una parte della introduzione.

…perché abbiamo bisogno di un’inchiesta giornalistica per sapere da dove arriva ciò che mangiamo e del dietologo per decidere cosa ordinare al ristorante? … nel 2002 uno dei più antichi e venerabili mezzi di sostentamento scomparve di punto in bianco dalla tavola degli americani: il pane. Da un giorno all’altro, in pratica, gli americani cambiarono le loro abitudini alimentari. Un attacco collettivo di fobia per i carboidrati colpì una nazione non ancora riavutasi dalla sua venticinquennale fobia per i grassi … nel 1977 una apposita commissione del senato aveva ammonito gli americani a ridurre drasticamente il consumo di carne rossa …

Il libro è quindi una inchiesta giornalistica sul sistema alimentare americano: ma, per tantissimi aspetti, non ho visto differenze con quanto accade da noi, in Italia e in Europa. Le contraffazioni, le furberie, le speculazioni non sono molto diverse. E soprattutto non sono diverse le contraddizioni, i dilemmi e i limiti di qualsiasi discorso intorno al cibo. Cosa fa bene alla mia salute? Il prezzo dei prodotti biologici sono giustificati? I danni all’ambiente della rivoluzione verde sono superiori ai suoi benefici? E’ proprio giusto avercela con gli ogm? Se al supermercato sono di fronte a una testa d’aglio biologica ma proveniente dal Portogallo e una convenzionale coltivata a pochi chilometri da dove abito cosa devo scegliere per il bene della mia salute e dell’ambiente? E per il bene del mio portafogli?

Michael Pollan ci accompagna dalla “Catena Industriale” (il business agroalimentare) alla “Catena Pastorale” (la filiera naturale), alla “Catena Personale” (la ricerca che ognuno di noi fa alla ricerca del pasto perfetto).

Ciò che mi è piaciuto in questo libro è l’assenza di qualsiasi fanatismo. Pollan critica il business alimentare delle grandi corporation ma è feroce anche con il biologico (e con l’industria che la sottende). Ci aiuta a capire le filiere ma ci lascia liberi di ragionare con la nostra testa. Divertente il suo pasto perfetto: ogni ingrediente deve essere cacciato, raccolto o coltivato con le mie mani; deve essere presente almeno un rappresentante di ogni regno naturale (animale, vegetale, funghi, minerali); tutto deve essere fresco di stagione; gli ospiti devono essere simpatici e aver collaborato alle battute di caccia o di raccolta; bisogna cucinare tutto da soli e così via.

Termino con una mia piccola esperienza al riguardo. Da alcuni anni passo un po’ delle mie vacanze estive aPellestrina, un’isola della laguna di Venezia. Forse non tutti sanno che gli abitanti di Pellestrina prima di essere dei pescatori erano stati soprattutto agricoltori. Quello stretto lembo di terra è infatti fertile e dona agli ortaggi un sapore squisito. Poi con l’alluvione del 1966 i campi sono stati rovinati dal mare e quella parte dell’economia locale ha dovuto riconvertirsi alla pesca. Adesso, dopo tanto tempo, i campi sono tornati a produrre ortaggi squisiti: e io li compro da un contadino che ha un orto perfetto. Mi chiede di andare prima delle nove, perché oltre quell’orario c’è troppo caldo e le verdure potrebbero soffrirne: mi stacca i pomodori dalla pianta e io me li mangio con grande godimento a pranzo e a cena senza bisogno di metterli nel frigorifero. Oltre al vacanziere faccio però anche il mestiere del ristoratore collettivo: e l’azienda per cui lavoro fornisce i pasti, tra gli altri, al comune di Venezia. Quindi anche ai bambini di Pellestrina. Compriamo gli ortaggi freschi freschi da quel contadino? No. Perché? Per le quantità, che non sarebbero sufficienti; per il costo; paradossalmente anche per il costo della logistica (dovremmo trasportarli dal suo campo alla cucina centrale e riportarli lì, o organizzare un servizio ad hoc solo per i contorni).

Il contorno perfetto me lo posso permettere io; alle grandi collettività riesco a somministrare il contorno possibile.

Michael Pollan
Il dilemma dell’onnivoro
Gli Adelphi
Pag. 487 Euro 14

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