In quest’occasione vale la pena partire “dalla fine della storia”, in altre parole dall’ammissione che i prodotti biologici sono “cari”. Per poi, più avanti nel testo, spiegare i perché di questa caratteristica, che è stata finora molto importante anche nel limitare questi consumi, e una spiegazione ai clienti “potenziali” non solo è utile, ma in qualche mododovuta. Partiamo da dati raccolti nel corso dell’ultimo anno, rilevazioni effettuate nella Grande Distribuzione nell’Italia settentrionale. Una statistica anche sommaria mostra che i prezzi dei prodotti biologici fanno registrare un andamento diverso tra le Marche d’Insegna (cioè le Private Label) e le marche del settore: queste ultime sono generalmente più care di un 20 – 30 %. Ma il confronto che si sembra più interessante è quello tra biologico e convenzionale, e possiamo prendere in visione alcuni casi: nel comparto ortofrutticolo le mele Golden biologiche possono costare un 70 -80 % in più, l’aglio può spuntare un + 90 %, i pomodorigrappolo arrivano a + 130 %. Più “ragionevoli” i prezzi delle cipolle dorate, con un + 41 %, i limoni con + 44 % e le banane a + 37 %, non tralasciando le normali fluttuazioni stagionali. Il settore zootecnico e i derivati: abbiamo il petto di pollo a + 50 %; va meglio il latte fresco, che si ferma a + 19 %, e tra i formaggi “da premiare” c’è il Parmigiano Reggiano, che con un + 11 % mostra uno dei differenziali più bassi. Ragionevoli i prezzi dell’olio extravergine d’oliva biologico, con un + 30 %, la farina a + 26 %, il burro a + 37 %, le uova a + 44 %, il riso Ribe a + 33 %. Ma i succhi di frutta “bio” sono a + 120 %, i cannellini in scatola a + 80 %, i pelati di pomodoro a + 73 %, mentre il cioccolato si ferma ad un + 40 %, in unafascia “quasi accettabile”. E prima di passare ai perché di prezzi – poco o tanto – elevati, dobbiamo fare riferimento ad una questione che i consumatori conoscono bene: la cosiddetta “soglia d’indifferenza”. Ogni prodotto ce l’ha, ovviamente, e gli esperti nel caso del biologico l’hanno individuata nel +30 % rispetto agli analoghi prodotti convenzionali, in media. Al di sopra di questa soglia il cliente, anche potenziale, semplicemente si allontana. Un prezzo sbagliato è un cliente perso. Un prezzo non spiegato è un cliente non motivato ad accettare i tanti perché di questo stato di cose. Molto ha a che vedere con il mercato e la sua evoluzione; molto dipende dalle condizioni della produzione e i costi connessi. E i prezzi finali che ne derivano.
Giustamente non si può parlare di prezzi senza analizzarne le cause ovvero i costi. Perché i prezzi sono più alti è una delle domande più frequenti che ci sentiamo fare da parte dei consumatori ed è nel contempo uno degli elementi che rischia di frenare l’aumento dei consumi tanto più in un momento di difficoltà economica quale quello attuale. Per rispondere a questa domanda dobbiamo indagare cosa accade nel processo produttivo. A livello della produzione primaria, l’agricoltura, le rese per ettaro sono più basse, ovvero sono inferiori quelle quantità che possono essere veicolate ai segmenti di mercato più promettenti, la manodopera è di gran lunga maggiore rispetto a quella dedita al settore convenzionale, i rischi sono più elevati ed anche il rischio ha un costo, i prodotti hanno un tempo di conservazione minore con maggiori sfridi e scarti. Se poi analizziamo le fasi a valle dell’agricoltura, dobbiamo tenere presente che quantitativi di prodotto inferiore comportano costi di trasporto e di gestione maggiori che incidono sull’unità di produzione, il chilogrammo, in modo più significativo. Nella trasformazione dei prodotti fermare una linea di produzione e bonificarla prima di trasformare prodotti biologici in quantità limitata significa aumentare i costi di produzione di questi ultimi in quanto i maggiori oneri del processo vengono addebitati ai prodotti biologici. Questi costi, definiti anche di logistica, vengono calcolati anche nella fase di distribuzione ove pesa talvolta anche il costo della “rotazione” ovvero il costo che deriva dal fatto che il prodotto biologico rimane in magazzino e sul banco di vendita per maggiore tempo rispetto all’analogo convenzionale. Da questa breve disamina già si può intuire quali siano le motivazione per cui un prodotto biologico è destinato a costare di più.
A questo punto, però, vale la pena ricordare che nella catena del valore gli incrementi di costo e di prezzo non sono spesso equamente distribuiti fra gli attori che compongono le filiere produttive. Soprattutto in questi ultimi anni la produzione agricola difficilmente è riuscita a spuntare un incremento di prezzo che superi del 10% l’analogo prodotto convenzionale. I maggiori incrementi di prezzo, che non sempre corrispondono agli incrementi di costo, sono stati appannaggio dei soggetti che stanno a valle della produzione agricola e, non raramente, sono il frutto di inefficienze lungo la filiera o di filiere troppo lunghe.
In qualsiasi caso un “delta positivo” di un 30% porta ad un incremento dei costi alimentari su base annua di una famiglia media italiana di circa un 5% poiché la quota media di reddito destinata su base annua all’alimentazione si colloca intorno al 18%.
Riteniamo che l’incremento di costo possa essere giustificato alla luce delle positività indotte dall’agricoltura biologica in termini di ambiente, di salute e di qualità della vita.
Quanto costano i prodotti biologici? Sono cari o costano il giusto? Valgono la spesa? A quale prodotto biologico non rinuncereste mai? Dì la tua sul forum!
di Fabrizio Piva e Luciano Didero del CCPB(Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici).