Il concetto di nutraceutica ha appena trent’anni, anche se questa pratica – a metà strada fra nutrizione e farmaceutica, come indica il neologismo che la identifica – fonda le sue radici sull’antica tradizione della sperimentazione dei componenti naturali per fini curativi. Oggi questo ambito di studio vive un’evoluzione e una popolarità in netta ascesa, con i vantaggi e gli svantaggi che quest’ultimo aspetto comporta. Cosa sono i nutraceutici e gli alimenti funzionali? Cosa li distingue e come intervengono sulla nostra salute? Dopo aver trattato l’immunonutrizione e la possibilità di “curarsi” con il cibo, per saperne di più abbiamo coinvolto il professor Arrigo Cicero, docente dell’Università di Bologna e presidente della Società italiana di nutraceutica (Sinut).
Nutraceutica: intervista ad Arrigo Cicero
Da solo trent’anni si parla di “nutraceutica”, un neologismo dall’accezione ampia che ormai è diventato di uso corrente, sia nella letteratura scientifica che a livello divulgativo, come precisa il professor Cicero. Dall’alba dei tempi, tuttavia, si studiano i principi attivi naturali per valutarne l’efficacia e applicarli per scopi curativi. Il termine in questione fa riferimento a sostanze di origine naturale in grado di svolgere un’attività salutistica sull’essere umano, di conseguenza, si può fare riferimento ad alimenti ricchi in nutraceutici, mentre non è corretto parlare di “alimenti nutraceutici”.
Le formulazioni più utilizzate prevedono l’utilizzo di nutraceutici estratti, quando il principio attivo viene isolato, purificato e inserito in una forma farmaceutica, come una compressa o una capsula. Sul piano della classificazione, però, la distinzione legislativa fra i diversi prodotti non è del tutto chiara e pertinente, perché in Italia – come nella maggior parte dei Paesi europei – i nutraceutici rientrano unicamente nella categoria degli integratori alimentari.
Per alcuni di questi la classificazione è corretta, come puntualizza Cicero, in quanto sopperiscono a eventuali carenze di specifici nutrienti, mentre altri principi attivi di origine naturale svolgono azioni indipendenti dall’azione fisiologica legata al metabolismo. Ad esempio, esistono nutraceutici che agiscono in modo specifico su alcuni organi: il coenzima Q10 migliora la funzionalità cardiaca, la condroitina e la glucosamina esercitano una forte azione protettiva sulle cartilagini, mentre l’acido alfa-lipoico supporta la salute dei nervi periferici. Bisogna precisare, però, che si tratta di sostanze normalmente non introdotte con l’alimentazione, e di conseguenza non è corretto identificarle come un supporto riconducibile a essa.
Questo aspetto, per l’appunto, crea qualche difficoltà dal punto di vista descrittivo, perché esistono categorie intermedie di prodotti con un’efficacia specifica, che legalmente vengono definiti integratori, anche se in realtà non lo sono.
Alimenti funzionali: cosa sono e per cosa si distinguono?
Oltre a definire il concetto di nutraceutica e il suo utilizzo, è utile distinguerlo da quello di “alimento funzionale”, per evitare imprecisioni, peraltro abbastanza frequenti. Il professor Cicero ricorda che con questo secondo termine va inteso un alimento che è naturalmente ricco di principi attivi utili per la salute umana, oppure che con questi è stato artificialmente arricchito – caso più frequente – per produrre effetti reali e misurabili. Nella categoria, ad esempio, rientrano gli yogurt con fermenti vivi, calcio, vitamina D o fitosteroli. Si tratta di una gamma di cibi estremamente variegata, che è fondamentale inserire nel contesto di una dieta e di uno stile di vita adeguati, per il mantenimento della salute.
L’alimento funzionale, quindi, è un prodotto finito, eventualmente modificato per potenziarne le peculiarità salutistiche. Il nutraceutico, nell’accezione più larga del termine, è invece una componente di un alimento che può essere isolata concentrata, quindi, nella maggior parte dei casi, si tratta di un prodotto farmaceutico o parafarmaceutico assumibile come integratore.
Con un’alimentazione mirata ci si può davvero curare?
Parlando di nutraceutica e alimenti funzionali, l’aspetto centrale che solitamente divide e genera più dibattito è la reale possibilità di curarsi, o quantomeno di agire efficacemente nel senso della prevenzione, mangiando e integrando in modo sano e mirato. A questo proposito, il professor Cicero non ha dubbi, perché “la dieta stessa è un farmaco, se focalizzata al mantenimento dello stato di salute e alla prevenzione. Questo vale sia per la nutrizione nel suo complesso che per alcuni alimenti nello specifico. Gli anziani, ad esempio, spesso assumono meno proteine del dovuto e possono sviluppare problemi metabolici anche importanti”. Secondo Cicero, inoltre, il valore curativo-preventivo è ancor più evidente se si considerano nutraceutici finalizzati a combattere problemi altrettanto specifici.
Questo settore di applicazione e ricerca, ad ogni modo, è riconosciuto pienamente in ambito medico, e il professore ricorda che nei congressi delle società scientifiche spesso sono presenti spazi a esso dedicati. Inoltre, nelle linee guida elaborate da organismi scientifici di primo piano, come la Società europea di cardiologia, sono fornite indicazioni anche rispetto all’utilizzo di nutraceutici. Fortunatamente, sottolinea Cicero, si è persa la componente “magica” che pesava su questa disciplina.
Nutraceutica: evoluzione e sviluppi di un nuovo mercato
Negli ultimi anni, la qualità complessiva degli alimenti funzionali e dei nutraceutici è progressivamente aumentata, nei principi attivi, nelle concentrazioni e nelle formulazioni. In passato ci si limitava a miscelare le polveri, ricorda Cicero, mentre oggi l’attenzione è maggiore, soprattutto ai fini della sicurezza, in particolare per la qualità delle materie prime, che in gran parte provengono da Paesi extraeuropei, soprattutto dalla Cina e in generale dall’Asia. Pertanto, è estremamente importante che siano effettuati controlli scrupolosi una volta che la merce arriva in Italia.
I controlli sulle materie prime sono sufficienti?
A questo punto, allora, è lecito chiedersi se i controlli siano sufficienti per garantire le materie prime. A tal proposito, però, il professor Cicero afferma che, a conti fatti, gli unici responsabili della qualità e della sicurezza dei prodotti sono coloro che assemblano le formulazioni e le commercializzano, in quanto non ci sono richieste stringenti da parte del Ministero della Salute, che invece interviene nel caso in cui ci sia un sospetto di tossicità, dopo che questo si è verificato. Nel panorama degli integratori, secondo il professore, l’attenzione sulla sicurezza è troppo concentrata sull’utilizzo di dosaggi non eccessivi dei prodotti in questione, mentre non accade lo stesso riguardo alla qualità e ai controlli infettivologici e microbiologici. In sostanza, queste premure sono lasciate alla sensibilità dei produttori, e ovviamente questo ha un costo, pertanto alcuni prodotti risultano più cari perché hanno garanzie di sicurezza superiori.
In questo senso, i possibili rischi valgono per tutte le materie prime di importazione, e chi rispetta standard qualitativi elevati di solito lo fa per tutta la merce di cui è responsabile, ma ad ogni modo i controlli sono necessari. Inoltre, più è complesso il procedimento di estrazione e maggiore dovrebbe essere l’attenzione. Ad esempio, aggiunge Cicero, nei prodotti derivati da fermentazione o che richiedono l’utilizzo di solventi c’è il rischio che siano presenti sostanze tossiche contaminanti. In Italia lo standard dei prodotti commerciali è mediamente alto e di solito non si verificano problemi di questo tipo, ma nel mondo ci sono anche standard meno elevati.
Nutraceutica e alimenti funzionali: i trend di mercato
Attualmente, i prodotti più utilizzati sono ancora quelli meno specifici, come i multivitaminici e i mix di minerali, pur trattandosi di formulazioni in genere poco razionali. Si tratta comunque di una tendenza in calo, a favore di approcci più mirati. Tra le linee di prodotti oggi più ricercati, ci sono quelle per il controllo della colesterolemia e per la salute delle articolazioni. Viceversa, aggiunge Cicero, il mercato è in diminuzione per la merce che non funziona o che promette effetti non confermati dalla realtà, come i dimagranti.
Nutraceutica e Omega 3: riconoscere quelli di qualità
Tra i prodotti attualmente più in voga, ci sono certamente le capsule di Omega 3, la cui supplementazione, secondo il professore, probabilmente servirebbe al 90% della popolazione italiana, perché se ne assumono pochi con l’alimentazione. La vera dieta mediterranea ormai è ben poco praticata e il pesce viene consumato soprattutto cotto, ossidando buona parte di questi acidi grassi. La frutta secca ne contiene, ma mangiandone molta si possono ingerire troppe calorie. Questo insieme di fattori ha portato a una grande proliferazione di integratori di Omega 3 sul mercato, e nella scelta al momento dell’acquisto, aggiunge Cicero, ci sono due aspetti importanti da considerare:
- Il prodotto deve essere definito con precisione, specificando il contenuto per singola perla dei EPA e DHA, i due Omega 3 più utili all’essere umano.
- Inoltre, questa dose deve essere sufficiente, perché integrare una quantità troppo scarsa di Omega 3 non serve ed è una spesa inutile. Se invece i prodotti sono realizzati con cura e ben dosati, i vantaggi ci sono.
Il dosaggio quotidiano proveniente dall’integrazione, precisa il professore, dovrebbe essere di almeno 1 grammo al giorno di EPA e DHA, ma in caso di esigenze specifiche il quantitativo deve essere proporzionalmente maggiore. Per chi pratica attività sportive intense e ha un’alta velocità metabolica, il fabbisogno è leggermente superiore, anche se la differenza non è così notevole. Questi acidi grassi, inoltre, servono molto ai bambini, alle donne in gravidanza e agli anziani, come abbiamo visto nel nostro approfondimento sull’alimentazione per contrastare l’Alzheimer.
Controlli sulla purezza e possibili rischi
Parlando di capsule di Omega 3, sarebbe bene verificare soprattutto l’assenza di metalli pesanti. Trattandosi di estratti animali di derivazione ittica, infatti, se questi provenissero da pesci vissuti in acque a forte tasso di contaminazione, si potrebbero accumulare metalli pesanti tossici, quali mercurio, piombo e cadmio, con tutti i pericoli a essi associati.
Le produzioni più importanti e affidabili, fortunatamente, utilizzano materie prime altamente controllate e purificate, per cui non dovrebbero verificarsi problemi di questo tipo. L’indicazione per i consumatori, comunque, resta quella di evitare le capsule scadenti e dal prezzo troppo basso.
Salute del microbiota intestinale e obesità
L’equilibrio del microbiota intestinale è un ambito di studio che ha dimostrato ripercussioni su diversi aspetti del benessere, trattandosi, come afferma Cicero, di “un mediatore fondamentale della salute umana per quasi tutti i settori, dall’area intestinale, al metabolismo, al sistema cardiovascolare e neurologico. Sul piano della nutraceutica, sono state condotte molte ricerche su ceppi di probiotici diversi, quindi abbiamo a disposizione tanti piccoli studi per diversi singoli batteri che sembrerebbero dare risultati, ma rarissimamente abbiamo una ripetizione dei risultati che ne confermino l’efficacia”. Quindi, in generale, l’attenzione per una buona alimentazione e l’attività fisica contribuiscono al mantenimento di un microbiota sano, mentre la supplementazione con probiotici sicuramente migliora la composizione della flora batterica e intestinale. Tuttavia, ancora non sappiamo quale sia il prodotto e il dosaggio più adatto alle singole casistiche individuali.
Particolarmente interessante, inoltre, è la relazione tra il sovrappeso e una cattiva salute del microbiota, in quanto l’irritazione della parete intestinale favorisce il sovrassorbimento dei nutrienti dagli alimenti. Come specifica il professore, ci può essere una leggera predisposizione genetica, ma tendenzialmente è molto superiore l’impatto negativo delle cattive abitudini comportamentali e alimentari di famiglia. Pertanto, se i genitori trasferiscono abitudini scorrette ai figli, queste valgono molto di più della componente genetica, che per di più è molto difficile da misurare.
In conclusione, Arrigo Cicero sottolinea che non bisogna pensare che la nutraceutica, di per sé, possa risolversi con trattamenti brevi. Un problema cronico di osteoartrosi, ad esempio, non si potrà contrastare con un mese di cura all’anno, e la durata del trattamento influisce positivamente sul risultato che si può ottenere. Altrettanto fondamentali sono gli stili di vita corretti, in un’azione coordinata e completa.
Nella cura della vostra salute, vi siete mai affidati alla nutraceutica e agli alimenti funzionali?