Davide Bochicchio ci aggiorna sulle nuove frontiere del consumo ecologicamente corretto
Cos’è l’alimentazione sostenibile? Si può pensare ad una alimentazione che protegga l’ambiente e che, contemporaneamente, migliori la nostra salute? Secondo me si.
Il progetto di alimentazione sostenibile si è sviluppato nell’ambito di Monteveglio città di Transizione.
Ma facciamo un passo indietro, cosa è una città di Transizione? Il movimento delle città di Transizione nasce nel 2006 in Inghilterra dalla mente (geniale) di Rob Hopkins, un docente di permacultura, che comincia ad immaginare un processo che porti l’attuale società, basata sull’uso dei combustibili fossili, ad un’altra più sostenibile.
Perché? Perché stiamo vivendo un periodo in cui la fine del petrolio a buon mercato (che ha determinato tutto il nostro sviluppo) si incrocia con un altro grave problema il riscaldamento globale (dovuto principalmente all’uso dei combustibili fossili). Questa concomitanza fa si che non si possano trovare scorciatoie o sotterfugi (non possiamo sostituire il carbone o il metano al petrolio a causa del riscaldamento globale e contemporaneamente non possiamo immaginare grandi interventi di ingegneria climatica, i costi sarebbero enormi e gli stati non sono più in grado di affrontarli).
Nasce così la necessità di pianificare la ri-localizzazione delle nostre attività e sviluppare la resilienza locale partendo dalla ricostruzione della comunità e della presa di responsabilità da parte dei cittadini.
Questo in estrema sintesi il processo che, partito dall’Inghilterra 4 anni fa, si sta diffondendo in tutto il mondo in modo epidemico. In Italia la prima città di Transizione è stata Monteveglio, il paese in cui vivo (a tutt’oggi abbiamo 14 città in Transizione).
Come scrivevo all’inizio, è normale che occupandosi di Transizione ci si imbatta subito nel problema della transizione alimentare, quella che deve portarci dal modello attuale ad uno di produzione e consumo del cibo più sostenibile. Tutti conosciamo l’agricoltura industriale e sappiamo che non è più sostenibile in quanto totalmente dipendente dalle energie fossili (petrolio in primo luogo), devastante per la biodiversità, inquinante, ecc. A volte ci dimentichiamo però di cosa faccia l’agricoltura industriale: produce cibo, il nostro cibo, tanto cibo.
Non tutti sanno che il comparto agricolo è il secondo emettitore di gas serra nel mondo e non fa altro che produrre alimenti, alimenti che quindi fanno decisamente male al pianeta. Ma almeno a noi fanno bene? Secondo l’OMS un terzo delle cause di morte a livello mondiale è imputabile alle malattie cardiovascolari e il trenta percento delle cause di tumore è imputabile alle abitudini alimentari. Sarà il momento di pensare ad una alimentazione sostenibile? E che magari leghi la salute dell’ambiente con la nostra? Non è mai troppo tardi (speriamo).
Io per lavoro mi occupo di alimentazione e da ricercatore mi sono fatto una semplice domanda, cosa dovrebbe mangiare un uomo?
Per quanto la domanda sia semplice, la risposta non lo è poi tanto. Sono partito dalle origini, dalla nostra evoluzione, da milioni di anni siamo sulla terra e ci siamo evoluti mangiando. Non voglio andare qui troppo nello specifico (ci sono centinaia di articoli scientifici sull’argomento), ma è importante capire che gli alimenti che abbiamo mangiato per milioni di anni ci hanno permesso di diventare ciò che siamo oggi e quando improvvisamente abbiamo deciso di cambiare dieta non è stata una buona idea.
Sì, perché improvvisamente, in un attimo abbiamo cambiato tutto. Calcolando due milioni di anni di evoluzione dalla prima forma homo ad oggi e rapportandoli ad una giornata di 24 ore possiamo dire di aver scoperto l’agricoltura circa 7 minuti fa (10.000 anni) e di aver cambiato drasticamente dieta da circa 8 secondi (200 anni, l’avvento dell’industria alimentare).
Abbiamo quindi fatto un grosso cambiamento negli ultimi “minuti” e uno enorme negli ultimi “secondi”, il nostro genoma ha bisogno di più tempo per modificarsi. Se vogliamo proprio essere precisi, il peggio è arrivato dopo la seconda guerra mondiale e ogni giorno ci presenta qualche “alimento” nuovo (quando si dice: “al peggio non c’è mai fine”). Oramai abbiamo accesso e ci nutriamo di alimenti che il nostro organismo non è capace di gestire, e non parlo solo dei così detti junk foods, ma anche di tutti quegli alimenti che per un motivo o per l’altro (ibridi vegetali iperproduttivi, raffinazione eccessiva, aggiunta di sostanze di sintesi o semplicemente eccessivo consumo) sono alla base delle patologie di cui abbiamo parlato prima.
Una parte prevalente degli alimenti che consumiamo non sono più quelli che il nostro organismo è organizzato per elaborare.
E la soluzione?
Qual è quindi una soluzione praticabile? Arrivati a capire cosa mangiavamo, ad avere un’idea di massima di quale era la nostra dieta 40.000 anni fa, siamo infatti solo al primo passo, non è possibile, per molte ragioni, applicarla ad oggi, tutto è cambiato.
Si può però immaginare un percorso progressivo e realisticamente praticabile che ci riporti dalla dieta attuale verso qualcosa di molto più salutare e sostenibile per l’ambiente. Per farlo va utilizzata la tipica piattaforma di lavoro della Transizione, un approccio sistemico e partecipato che parte dall’analisi dei fatti per produrre il percorso verso le soluzioni.
Dobbiamo quindi partire, come sempre, dalla consapevolezza delle persone, mettendo tutti nelle condizioni di scegliere, restituendo progressivamente agli individui, alle famiglie, alle comunità la responsabilità della propria alimentazione, una responsabilità oramai totalmente delegata a agenti esterni, industria alimentare in primis.
Io come esperto ho una conoscenza piuttosto approfondita di alcune problematiche, ma ho comunque una visione parziale, la mia comunità può fornire uno sguardo molto più ampio e produrre numerose idee su come procedere.Convinti di questo, a Monteveglio abbiamo cominciato una sperimentazione pratica, mettendo a disposizione delle persone interessate un decalogo intitolato “Primi Passi Verso un Alimentazione Sostenibile” e corredato della dicitura “versione 1.0” per sottolineare la sua caratteristica di work in progress aperto a tutti.
A sole 24 ore dalla prima presentazione pubblica, avevamo già ricevuto nuovi suggerimenti e dopo il secondo incontro pubblico eravamo alla “versione 1.3”. Oggi siamo alla 1.4. Abbiamo puntato su 10 indicazioni semplici che possono essere applicate in modo più o meno ortodosso. Più si riesce ad aderire a queste indicazioni, più aumenta la sostenibilità e la salubrità della propria alimentazione.L’idea è che grazie al lavoro di sensibilizzazione e alla rete di relazioni che il processo di Transizione costruisce, si generino subito dinamiche in grado di coinvolgere gli agricoltori, gli allevatori locali e i negozianti. Mano a mano che la realtà, le abitudini e l’organizzazione alimentare della comunità si modificano sarà poi possibile aggiornare il decalogo, muovendosi verso livelli di sostenibilità sempre maggiori e correggendo le indicazioni quando non sono più valide o perdono di efficacia. Vedremo dove riusciremo ad arrivare e quanto tempo occorrerà.
Il Decalogo
Primi passi verso un’alimentazione sostenibile.
Versione 1.4. (Scarica il decalogo “Primi passi verso un’alimentazione sostenibile” in formato .pdf)
1. Biologico (privilegia la qualità). I prodotti biologici sono più sani e nutrienti di quelli convenzionali. Più sani perché non contengono sostanze di sintesi (come pesticidi, erbicidi ecc…). Più nutrienti perché le piante da cui derivano sono più forti. Non protette dalla chimica, le piante coltivate con metodo biologico, devono sviluppare un sistema di difesa più completo e sano, da qui la maggiore presenza di antiossidanti e vitamine rispetto ai prodotti dell’agricoltura convenzionale. Inoltre gli alimenti biologici sono più sostenibili, visto il ridotto uso di risorse non rinnovabili. In mancanza di prodotti provenienti da agricoltura biologica scegliamo quelli provenienti da lotta integrata. Ricordiamoci che la qualità paga sempre e deve essere sempre pagata adeguatamente.
2. Alimenti integrali. La natura non fa le cose a caso, dobbiamo sempre preferire gli alimenti integrali a quelli raffinati, sono più completi. Un cereale integrale contiene molte più vitamine, minerali e fibre di uno raffinato, senza parlare del sapore.
3. Poca carne, molti vegetali. La nostra dieta è tutta un eccesso, troppa carne, troppe calorie. Ridurre la carne, significa cambiare se stessi, si riduce la possibilità di contrarre malattie cardiovascolari e alcune forme di tumore, e significa cambiare il mondo; infatti il 70% delle terre coltivate è utilizzato per nutrire gli animali che noi mangiamo. Meno carne significa quindi più salute per noi e più cibo per tutti (pensa quanti terreni agricoli e quanti prodotti potrebbero essere utilizzati per l’alimentazione umana invece di finire nei mangimi per animali). I vegetali dovrebbero essere l’alimento base della nostra dieta, ricca di vitamine, sali minerali, fibra e acidi grassi essenziali, senza parlare dei legumi e dei cereali, fonti di proteine e carboidrati.
4. Olio d’oliva e burro. I grassi sono alleati fondamentali della nostra salute. Dobbiamo solo saper scegliere, alcuni sono ricchi di molecole essenziali, vitamine e antiossidanti, stimolano il nostro organismo e lo proteggono, altri sono solo un inutile fonte di calorie. L’olio extra vergine di oliva è il re dei grassi, usiamolo ovunque, anche per la cottura (solo nella frittura si può sostituire con un più economico e meno aromatico olio di oliva), usiamo anche il bistrattato burro, l’importante è non eccedere.
5. Alimenti riconoscibili, non trasformati, meglio con un ingrediente solo. Non chiediamoci cosa contengono, non ha importanza, chiediamoci piuttosto che forma hanno, cosa sembrano. Un cereale per la colazione a forma di orsetto e di colore verde non è normale e non deve essere riconosciuto come commestibile, anche se vi dicono che contiene tutte le vitamine. Volete un cereale? Prendetelo integrale e fioccato. Lo volete dolce? usate un po’ di miele biologico. Una busta di plastica con dentro il nostro pasto non è normale, andrà bene agli astronauti, noi siamo sulla terra e se vogliamo rimanerci, e non andarci sotto, evitiamola. Avete mai visto una mela con l’elenco degli ingredienti? E un pomodoro? Quanti ingredienti deve avere il pane? E quanti ingredienti deve avere un cereale per la prima colazione? Per stare tranquilli prendiamo alimenti semplici e…
6. Cucina tu e mangia meno! Questo è l’unico modo per essere sicuri di quello che mangiamo, cucinare significa conoscere, mangiare meglio e forse anche mangiare meno. Dobbiamo imparare di nuovo ad ascoltare il nostro corpo e capire quando è sazio. Oramai non si mangia più per fame, ma per abitudine o per golosità.
7. Fresco e di stagione. Gli alimenti migliori, più sani e più nutrienti sono quelli freschi, meglio ancora se sono di stagione perché sono stati raccolti a maturazione. Le vitamine, i nutrienti più delicati presenti nei nostri alimenti, cominciano subito dopo la raccolta a perdere le loro proprietà, evitiamo questo spreco.
8. Locale, autoprodotto, niente confezione. Se vogliamo parlare di sostenibilità dobbiamo anche pensare a quanti chilometri fa il nostro cibo. Scegliamo i prodotti che arrivano dai campi dei vicini agricoltori, o ancora meglio coltiviamo il nostro cibo nel nostro orto. La confezione ci sembra igienica, sicura, ma in realtà è uno spreco e dice molto del prodotto che contiene o meglio ci dice che probabilmente il poveretto ha fatto tanta strada per arrivare fin da noi.
9. Bevi acqua del rubinetto. Non possiamo dimenticarci dell’acqua! Cosa c’è di più sostenibile di un alimento che sgorga direttamente da casa tua, proviene da molto vicino, è sano, lo trovi sfuso e costa poco? Niente!
10. Parliamone. Si è veramente liberi se si può scegliere, si sceglie solo se si conosce. La conoscenza passa inevitabilmente dal confronto con gli altri, dalla condivisione, quindi dal parlarne. Vieni alle nostre conferenze e porta chi vuoi, ma soprattutto partecipa, fai domande e aiutaci a migliorare questo decalogo.
di Davide Bochicchio
Professore a contratto di Chimica degli Alimenti, Università di Bologna