In questo periodo della mia vita le giornate si susseguono frenetiche e non risparmiano neanche il giorno del mio compleanno. È la sera del 17 febbraio, ho compiuto 44 anni e mi ritrovo all’aeroporto di Fiumicino in attesa di volare verso Brindisi: mi aspettano due giorni a Lecce per moderare due talk in programma ad EGO (Eno Gastro Orbite), convegno che riunisce giornalisti, chef, pizzaioli e ristoratori per confrontarsi sullo stato dell’arte della cucina nel nostro paese. Ripasso velocemente gli appunti che ho scritto per gestire il tempo a disposizione e colloquiare con gli ospiti del primo impegno, quello che vedrà protagonista tra gli altri Francesco Martucci, il pizzaiolo (2° classificato nell’edizione 2018 di 50 Top Pizza) che da alcuni anni a Caserta ha costruito un vero e proprio riferimento per addetti ai lavori e appassionati, la pizzeria “I Masanielli”. Approfittando di tale impegno ho chiesto a Martucci anche la disponibilità per un’intervista, e in volo verso la Puglia rivedo l’elenco di domande che ho preparato.
Francesco Martucci: il pizzaiolo moderno
L’indomani, nei suggestivi spazi di una piccola chiesa sconsacrata discuto con lui, Pier Daniele Seu e il giornalista Luciano Pignataro di pizza, naturalmente, e di come questa riesca nella sua semplicità a rimanere sempre attuale. La chiacchierata è interessante, la sala gremita, i due pizzaioli schietti e diretti, la platea apprezza. Terminato l’impegno istituzionale, ci accomodiamo su uno dei divanetti dislocati nel giardino esterno. Francesco indossa un lungo cappotto nero, i suoi ormai famosi occhiali e ha il piglio di chi è sempre sicuro di sé e sa cosa vuole. Parliamo di una sua fase personale, contraddistinta dalla ricerca di momenti di tranquillità, di luoghi dove potersi perdere. “Ma stai registrando? Ma perché devi fare per forza il giornalista?”, mi chiede di colpo, leggermente infastidito dalla mia necessità di archiviare tutto, ma subito mi sorride, per far intendere che sta scherzando.
Martucci a Caserta ha costruito una pizzeria definita “Martucciland”, a identificare un parco giochi per gli amanti della pizza, la sua, lievitata alla perfezione, condita con prodotti di straordinaria qualità. Una pizza riconosciuta e apprezzata soprattutto perché divenuta espressione del riuscito connubio tra un prodotto semplice e l’alta cucina, grazie alla capacità di Francesco di realizzare preparazioni di grande pregio. Il pizzaiolo è rilassato, ha voglia di parlare, di riflettere a voce alta, e ne scaturisce un’intervista particolare, dove la pizza viene toccata in maniera quasi marginale, ed emerge con forza il Martucci uomo.
La fase della consapevolezza
“A Cetara (in provincia di Salerno, paesino di 2.600 anime) costruirei una capannina sulla spiaggia, lì troverei la tranquillità che cerco da tempo. Sono molto cambiato, prima amavo il caos ma ora sono cresciuto; mi capita di avere a che fare con un incredibile numero di persone ogni giorno, e appena possibile scappo da tutto questo”. Ripete in più di una occasione d’esser divenuto particolarmente diplomatico nell’ultimo periodo, perché ha capito che “far casino” non porta risultati. “Ho imparato ad apprezzare il buonsenso, che purtroppo è poco diffuso al giorno d’oggi”. Racconta di aver pubblicato su facebook, pochi giorni prima, un pensiero di Vittorino Andreoli nel quale si rivede, e del quale decide di leggermi un passo:
“Siamo la società dell’homo stupidis. Oggi solo gli stolti possono essere felici. Distruttività, frustrazione e l’insicurezza sono le caratteristiche del nostro tempo. Siamo la società della paura e domina la cultura del nemico. Viviamo in una società dominata dalle frustrazioni. Il nostro tempo non è violento, è distruttivo. I tempi non sono più gli stessi, l’uomo non è più libero di scegliere, ma ha solo l’opzione benedetta dell’esilio. Scappa dai rumori, da internet, dal mondo virtuale che spaventa e occupa il tempo, impedendo di pensare. Scappa in un luogo in cui l’uomo ancora non c’è. Sceglie una baia meravigliosa, nella natura, per scampare a questa nostra società di frustrati. C’è il desiderio di fare la guerra per mascherare situazioni personali. Lo ribadisco: la distruttività è la caratteristica fondamentale del nostro tempo. E io non sono nessuno”.
Il successo e il sacrificio
“Il paradosso di quest’epoca è vedere l’uomo prigioniero di una società che lui stesso ha contribuito a distorcere”. Martucci mi parla di un paese nel quale chi ha successo è odiato, degli attacchi che partono da chi non è riuscito a raggiungere gli obiettivi prefissati, e dell’importanza del sacrificio. “Quando mi relaziono con i ragazzi in cerca di lavoro, e nella mia pizzeria ne passano davvero tanti, perché è un mestiere duro che fa molte ‘vittime’ in poco tempo, mi rendo conto che non cercano il confronto, non hanno la forza di affrontare le difficoltà”. È dispiaciuto nel constatare una scarsa propensione al sacrificio, ed al tempo stesso riconosce quanto sia difficile lavorare con un professionista come lui, a dir poco maniacale, “ma lo sono diventato perché le aspettative sono enormi, la gente non si aspetta di ricevere una pizza sbagliata, non ho margini d’errore, sono ossessionato dalla necessità di far contenti tutti i clienti, ma al tempo stesso ho la consapevolezza che non posso piacere a tutti”.
Martucci ama in modo viscerale il concetto e il significato racchiusi nella parola determinazione, sente sua la frase “non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta”, trascorre gran parte delle giornate a trasferire la sua filosofia, anche di vita, a chi lavora nella brigata. Ha saputo far tesoro di tutti gli errori, ha imparato ad ascoltare e non semplicemente a sentire e ha capito quale sia l’importanza del talento; confida di avere ancora tanti sogni nel cassetto, perché “ho il pepe nel mazzo”, espressione dialettale che indica la presenza di un certo tipo di vivacità e di iperattività.
Il territorio e l’ispirazione
Gli chiedo di raccontarmi il suo processo creativo, i fattori che diventano stimoli per attivare le idee: “ogni cosa può diventare uno stimolo per la creatività, il cibo è cultura: immedesimarsi, vedere, capire, sapere, chiedere il perché di un pensiero o di un concetto è fondamentale, il già visto ha vita breve, avanzano solo le idee nuove. Sono cambiato nel modo di pensare, sono diventato una macchina che assimila, e che cerca di trasmettere la sua filosofia ai ragazzi, anche se non sempre ci riesco”. Ma ridendo aggiunge che ciò non è necessariamente un male “altrimenti ci sarebbero troppi nuovi Martucci in giro”. Ama la sua terra, si impegna per la ricerca di prodotti unici, crea progetti per qualificarne altri, e sottolinea la veracità del territorio casertano, “un luogo dove c’è tanto da dire e far vedere, e dove soprattutto non si vive degli stereotipi che attanagliano spesso il mondo della pizza”.
Il futuro, nel ricordo del passato
Chiedere del futuro a chi ha “il pepe nel mazzo” è quasi un obbligo: “tra qualche anno starò sicuramente bene, perché ho imparato a prendere la vita meno sul serio in ambito personale; farò ancora le pizze, ma ho nuove idee e progetti in cantiere, perché chi si ferma è perduto. Ho provato sulla mia pelle che la gente dimentica presto, è necessario lavorare continuamente per cercare di diventare indimenticabile, non è faticoso perché amo ciò che faccio”. Ma il futuro di ogni persona ha origine nel proprio passato, e Francesco chiude con sguardo malinconico la nostra chiacchierata, condividendo un ricordo dei primi anni, “quando non avevo la corrente elettrica, non avevo soldi, ero disperato. Ho mangiato la vita a morsi, l’ho divorata, e voglio continuare a farlo. Se ripenso all’inizio, a quando facevo tutto da solo, rivedo quel periodo con grande tenerezza, ho superato momenti difficilissimi ripetendomi continuamente ‘ce la farò’”.
Un’intervista ad uno dei grandi protagonisti del mondo della pizza senza parlare di pizza, una sorta di chiacchierata in confidenza tra amici, un dialogo intimo e personale, che permette di descrivere un carattere granitico, unico, quello di un uomo determinato che è partito da una stanza di 16 mq alla conquista del successo.