Caporalato a Latina: svelato lo sfruttamento di 400 braccianti

Caporalato Latina

 

Oggi l’attualità ci riporta a scrivere di agromafie e caporalato. Ci siamo più volte occupati della tematica, tra dati allarmanti ed esperienze virtuose di riscatto che, spesso, partono da gravi episodi di cronaca, come quello che oggi i principali quotidiani riportano in prima pagina. All’apparenza era una cooperativa impegnata nel settore agricolo, ma di fatto si trattava di una vera e propria centrale dello sfruttamento, capace di coinvolgere e costringere a condizioni di vita e lavoro disumane centinaia di braccianti, quasi tutti di origine centrafricana e rumena. Questo è quanto emerge da un’operazione della Polizia di Stato che questa mattina, ha condotto il blitz legato al caporalato a Latina, in seguito al quale sono state arrestate sei persone, tutte italiane, accusate di aver violato la legge sul caporalato.

Caporalato a Latina: condizioni di lavoro disumane per 400 braccianti

Caporalato

 

Le prime informazioni trapelate a proposito dell’inchiesta, durata più di un anno e mezzo e condotta dalla squadra mobile di Latina, in coordinamento con gli uomini del Servizio Centrale Operativo diretto da Alessandro Giuliano, svelano che sono 400 i braccianti “assunti” da una società cooperativa con sede a Sezze in provincia di Latina.

I poliziotti parlano di “condizioni disumane”: nessuna pausa pranzo, nessun tipo di tutela, un trattamento ampiamente al di sotto di quanto previsto dalla legge e dai contratti nazionali di categoria. Si tratta di una situazione denunciata già più volte anche in altre parti d’Italia come: a Rosarno, per esempio, oppure nel foggiano. La giornata lavorativa arrivava fino alle 12 ore, per una retribuzione in media di 4 euro all’ora. Gli spostamenti erano gestiti dai caporali, che caricavano i furgoni fino al doppio della capienza prevista, aumentando di fatto il rischio di incidenti. Tra gli arrestati anche un sindacalista della Fai Cisl: tutti i braccianti erano costretti ad iscriversi al sindacato, con lo scopo di far “percepire non solo le quote di iscrizione, ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate ad ottenere le indennità di disoccupazione”.

Più di 50 indagati

La Polizia di Stato ha arrestato sei persone, a cui vengono contestati i reati di intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro, estorsione, riciclaggio e reati tributari. Tra le persone coinvolte, anche un ispettore del lavoro. Gli indagati sono più di 50, tra cui imprenditori agricoli, commercialisti, funzionari ed esponenti del mondo sindacale non soltanto in provincia di Latina, ma anche a Roma, Frosinone e Viterbo.
L’operazione ha inoltre portato al sequestro di decine di automezzi e beni, tra cui case degli arrestati, intesi come frutto di quanto guadagnato sulla pelle dei braccianti, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.

Le reazioni da Zingaretti a Omizzolo

 

Non si è fatta attendere una prima reazione dal Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che ha parlato di “importante vittoria per cui ringraziare la Polizia di Stato, che si inserisce in un’azione più ampia portata avanti anche dalla Regione per denunciare lo sfruttamento nella zona”.

Solo pochi giorni fa, il 10 gennaio scorso, la giunta regionale ha approvato un ordine del giorno finalizzato alla predisposizione e al finanziamento di azioni concrete sul territorio per contrastare il fenomeno del caporalato. Zingaretti aggiunge: “Abbiamo appena presentato con il Prefetto di Latina un protocollo con le parti sociali: nessuna tolleranza per il caporalato e per lo sfruttamento del lavoro”.

regioni del sud contro il caporalato

 

La presenza di nuclei di sfruttamento dei lavoratori nei campi agricoli dell’Agro Pontino non è, infatti, una novità. Tra i primi a denunciare la situazione e, in particolare, quella della comunità Sikh, c’è il sociologo Marco Omizzolo che, dalla sua pagina Facebook, commenta così l’operazione della Polizia di Stato: “È l’ennesima prova della complessità di un sistema criminale che coinvolge molti più soggetti di quelli tradizionalmente individuati. Troppi professionisti vivono lavorando al servizio dei padroni e dei caporali e non del diritto.”

Per fortuna oggi è stato fatto un altro passo avanti nella lotta contro il caporalato in Italia.

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