Fermate il futuro

la retorica del futuro

Giuliano Gallini

 

Anche se ho una certa età, non ho nostalgia del passato. Sono curioso del cammino dell’umanità, non mi fanno paura i cambiamenti, continuo a guardare avanti anche se a volte mi sento ridicolo perché penso a progetti il cui orizzonte è spesso oltre la mia aspettativa di vita. Per dirne solo una: a sessantatré anni ho pubblicato il mio primo romanzo, a ottobre ne uscirà un altro e ne ho così tanti in cantiere… gli amici e i colleghi dell’azienda che ancora mi stipendia riusciranno presto a spedirmi, con loro grande gaudio, in pensione, nonostante la Fornero, ma non sono preoccupato di rimanere con le mani in mano ai giardinetti.

Ciò nonostante, sono infastidito dalla retorica del futuro. Dalla sua insopportabile betise – ovvero della retorica imbevuta della stupidità delle idee comuni, delle formulazioni più mediocri dei pensieri più mediocri, delle frasi fatte, delle parole usurate.

Volete un esempio?

Retorica del futuro e futuro possibile

il futuro possibile

Provate a leggere l’articolo apparso su La Repubblica il 13 aprile riguardo alla manifestazione Seeds and Chips, “il più importante evento internazionale dedicato alla Food Innovation” e troverete un concentrato di start up, incubatori, opinion leader, climate change, robotica, innovazione, tutti rigorosamente da-a-passando per (“dal riciclo all’economia circolare passando per l’e-commerce e l’agricoltura”) in un trionfo di passeggiate futuribili che ci faranno stare tutti meglio dopo aver smaltito un po’ di calorie a prescindere da.

A prescindere da cosa? Da niente, perché a Seeds and Chips non mancherà niente. Ci sarà persino una regina (vera) a far da madrina, e con un click potrete offrire un pasto a un bambino povero. Tema molto caro agli organizzatori è, infatti e ovviamente, l’inclusione, parola magica che sta per non lasciare in povertà i poveri. Come, non si sa: oppure sì, lo si saprà, ascoltando 200 relatori da tutto il mondo e appassionandosi alla sfida di quest’anno: l’emergenza acqua. Una sfida tra le tante che “si incontreranno sul palco di Seeds and Chips, passando per l’accordo sul clima di Parigi, e che a Milano si potenzieranno attraverso la voce da un lato dei giovani (ecco, mi pareva mancassero all’appello i giovani) e dall’altra dei più importanti attori della rivoluzione alimentare mondiale, consapevoli che tutti i messaggi, i nuovi modelli, le innovazioni e le opportunità legate al cibo devono essere declinati per raggiungere ogni angolo del pianeta.”

Il futuro è adesso

Perché mi lamento? Non è tutto bello, magnifico, progressivo? Non è un nuovo Ballo Excelsior?

Appunto. Dalla fine dell’Ottocento all’inizio del Novecento lo spettacolo di Luigi Manzotti – Ballo Excelsior – celebrò con grandiosi effetti speciali il progresso e la scienza, che avrebbe portato pace, civiltà e paradiso in terra. Un trionfo. Le invenzioni (allora si diceva invenzioni e non innovazioni) dell’elettricità, del battello a vapore, del telegrafo e via andare avrebbero cambiato in meglio il mondo, e soprattutto l’Europa. Poi abbiamo avuto due guerre mondiali, e invece delle note del Ballo Excelsior si è ascoltato un lungo requiem.

Che cosa trovo quindi di insopportabile nella retorica del futuro, dell’innovazione, del cambiamento, delle start up, della carità pelosa passando per i testimonial? Che abbiamo già risorse economiche, tecnologiche e conoscenze scientifiche sufficienti per affrontare la maggior parte dei problemi che ancora affliggono l’umanità, compresi i problemi del bambino povero (che quanto prima spero sia liberato dalla schiavitù dell’attesa di un click del nostro smartphone), ma che sono perlopiù impiegate per scopi di ricchezza private e non con senso di giustizia sociale. E molto spesso la retorica del futuro, dell’innovazione, del cambiamento nasconde la mancanza di volontà politica delle classi dirigenti di risolvere i problemi già oggi e copre gli interessi privati che guidano senza molti scrupoli parte della ricerca.

Il futuro lo vorrei adesso, perché già adesso è possibile.

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