“Pasta al glifosato”: Barilla riduce le importazioni di grano estero

 

Nel 2017 il Comitato d’appello dell’Unione Europea ha prorogato per altri cinque anni l’uso del glifosato negli stati membri, ma i dubbi sulla pericolosità di questo erbicida, tra i più usati al mondo, non sono stati fugati, anche perché i pareri scientifici sono discordanti.

Il 13% dei prodotti alimentari testati in Europa contiene glifosato, ma in quantità ampiamente al di sotto dei limiti fissati dall’UE, per cui secondo gli esperti non si dovrebbe correre alcun rischio. I consumatori, però, restano in allerta, soprattutto dopo che i test condotti su alcuni noti marchi hanno evidenziato la presenza di glifosato nella pasta italiana. In questo clima, poche settimane fa è arrivata una notizia confortante: in occasione del Toronto al Canadian Global Crops Symposium, Barilla ha infatti deciso di tagliare del 35% le importazioni di grano dal Canada (dove il glifosato viene utilizzato durante la preraccolta).

Glifosato nella pasta: c’è davvero ed è cancerogeno?

grano importazioni

Nel 2017 un test condotto da A Bon Entendeur, trasmissione del canale svizzero-francese Rts, aveva rilevato tracce di glifosato in prodotti di molti marchi,  tra cui Barilla. Più recentemente, l’associazione GranoSalus ha divulgato i risultati di un’analisi fatta su 5 campioni di pasta di Gragnano Igp, dalla quale risulta che il glifosato è presente in 4 prodotti, l’unico a esserne completamente privo è quello fatto con grano 100% italiano. La notizia ha scatenato numerose polemiche, che l’introduzione delle nuove etichette per pasta e riso non ha del tutto placato. Ma cosa dicono le ricerche? Il glifosato è cancerogeno oppure no? La questione è che neppure tra gli esperti c’è un’opinione condivisa. L’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA), il cui parere scientifico è stato preso in considerazione dalla Commissione  Europea, ha sostenuto che l’erbicida non si è dimostrato “cancerogeno, mutageno o capace di influenzare negativamente la riproduzione, ma può causare gravi danni agli occhi ed esercitare tossicità sul biota acquatico”. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), invece, sarebbe del parere contrario: il glifosato appartiene infatti al gruppo 2A (“carcinogeni probabili”) della classificazione IARC delle sostanze, in base alle prove sufficienti di cancerogenicità negli animali.

La scelta di Barilla e la reazione della Coldiretti

Emilio Ferrari, Direttore acquisti di Barilla, ha dichiarato che la scelta di ridurre le importazioni dal Canada è dettata da esigenze di marketing, affermando: “Penso che sia una sorta di suicidio dire che la pasta è avvelenata dal glifosato ma questo è l’approccio che abbiamo ora. È molto difficile cambiare l’opinione pubblica”. Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, ha affermato che ad ogni modo “la scelta di Barilla è una buona notizia perché dimostra la capacità di un’azienda di rispondere alla preoccupazioni dei consumatori del nostro Paese, che chiedono pasta fatta con il grano italiano ma anche di sostenere l’economia e l’occupazione sul territorio contro la delocalizzazione”. Attualmente, infatti, un pacco di pasta su sette prodotto in Italia è fatto con grano canadese.

Moncalvo continua riportando la comunicazione del marchio, che ha investito “240 milioni in progetti che coinvolgono 5.000 imprese agricole italiane che coltivano una superficie di circa 65 mila ettari”. L’impegno per fornire al consumatore un prodotto degno della sua fiducia e di qualità certificata è testimoniato anche dal recente accordo sul grano biologico tra Coldiretti, Fai (Filiera agricola italiana), Consorzi Agrari con il Gruppo Casillo. Si tratta, come spiegano dalla Coldiretti, del “più grande accordo biologico sul grano del mondo per le superfici coinvolte, visto che riguarda oltre 200.000 ettari all’anno e darà un grande impulso anche al recupero della rete dei Consorzi Agrari e degli stoccaggi al centro sud, principale area di produzione del grano duro”.

glifosato fertilizzante

Il no al glifosato potrebbe creare 20 mila posti di lavoro

Vista la differenza di pareri sul glifosato e sulle sue conseguenze per la salute, per molti consumatori la scelta è quella precauzionale, che li spinge a preferire prodotti che non lo contengono neanche in minime tracce. Il no di Barilla alle importazioni dal Canada potrebbe quindi rassicurarli sulla qualità garantita dal marchio, ma gli effetti di una decisione del genere sono anche di portata più ampia. Infatti, la Coldiretti afferma che se tutte le industrie italiane produttrici di pasta seguissero l’esempio di Barilla, in Italia si creerebbero circa 20 mila posti di lavoro. Rinunciare al grano canadese significherebbe quindi aumentare la produzione sul territorio della penisola che, secondo Moncalvo, “ha le potenzialità per rispondere alla nuova domanda del mercato in termini qualitativi e quantitativi”.

Voi cosa ne pensate? Vi affidate più volentieri a un prodotto 100% Made in Italy e perché?

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