Le linee guida dell’ADI per l’alimentazione dei pazienti con malattie neurologiche

sclerosi multipla e alimentazione

ADI è l’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica che il mese scorso ha lanciato un allarme al Ministero della Salute, perché venga regolamentato il mercato delle diete diffuse attraverso i media, come la popolare Life 120, un metodo che, tra gli altri aspetti, promette la guarigione da patologie come l’Alzheimer, solo attraverso “miracolosi” integratori.
Patologie neurologiche e nutrizione sono certamente legate, non tanto per gli aspetti che riguardano la cura, quanto piuttosto perché tali malattie degenerative implicano difficoltà nella gestione dell’alimentazione e di uno stato nutrizionale adeguato, come sanno bene medici, dietisti e professionisti che, a vario titolo, si occupano di pazienti malati, ad esempio, di Morbo di Parkinson, Sclerosi Multipla e Sclerosi Laterale Amiotrofica, anche nella scelta dei menù degli ospedali.
Con l’intento di contribuire a diffondere un approccio scientifico ai temi che riguardano la salute, diffidando da popular diet e da pericolose diagnosi “via internet”, abbiamo deciso di riportarvi le informazioni elaborate dalla dott.ssa Luisa Zoni della AUSL di Bologna e contenute nel documento diffuso da ADI con il titolo: “Patologie neurologiche e nutrizione”, dove si tratta di sclerosi multipla e alimentazione, ma anche di indicazioni nutrizionali per altre patologie neurodegenerative.

Infatti, le malattie neurologiche comportano difficoltà di alimentazione per i pazienti che ne soffrono, per diverse cause legate sia a una cattiva digestione e a un mal assorbimento dei nutrienti, sia per le difficoltà di movimento o per la comparsa di disfagia, ovvero una difficoltà di deglutizione che interferisce con la buona fruizione del pasto.
Come riportato dalla dott.ssa Zoni, “le patologie con maggiori problematiche nutrizionali sono rappresentate, per l’adulto, da Stroke, Morbo di Parkinson (MP), Sclerosi Multipla (SM) e Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) che vedono come fattore principale di malnutrizione proprio la disfagia e come fattori associati i deficit legati alla motilità che le contraddistinguono”.

Vediamo allora quali sono le più recenti indicazioni scientifiche a riguardo per MP, SLA e SM, facendo riferimento alle Linee Guida ESPEN per la Neurologia (Clinical Nutrition 2018, 37, 354-­396).

Sclerosi multipla e alimentazione: i dati scientifici diffusi da ADI

integratori di vitamine

Abbiamo visto quali possono essere gli effetti di diete dannose nell’intervista al prof. Enzo Spisni, per cui rispetto a patologie così gravi è utile fare riferimento agli ultimi dati di letteratura scientifica consolidati. Tuttavia, è bene tenere a mente un’importante premessa riportata dalla dott.ssa Zoni di ADI, cioè che “se per alcune situazioni cliniche la numerosità dei casi e delle pubblicazioni è alta, per altre i dati derivano da minor numero di pubblicazioni e con pochi pazienti”.

La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria autoimmune del sistema nervoso centrale che compare generalmente in giovane età, con cause ancora sconosciute, ma probabilmente legate a fattori ambientali, tra cui obesità, regimi alimentari occidentali, carenza di vitamina D e fumo.

Per quanto riguarda le indicazioni per sclerosi multipla e alimentazione, nel documento ADI si sottolinea come “non ci sono dati certi relativamente alle interferenze alimentari, anche se il dato dell’interazione tra alimentazione e stato infiammatorio è comune a gran parte della patologie croniche, neurologiche e non. Va, inoltre, considerata l’interferenza del microbioma intestinale sia sullo stato infiammatorio, sia sul cervello”.

Lo stato nutrizionale dei pazienti affetti da sclerosi multipla va monitorato periodicamente e vanno evitate modifiche alle abitudini alimentari in autogestione. Infatti, tali cambiamenti vanno supervisionati da un medico per evitare seri effetti collaterali, tra cui carenze nel fabbisogno calorico-proteico e malnutrizione. In generale, oltre ad evitare la condizione di obesità in età infantile, poiché considerata un fattore di rischio correlato all’aumento della malattia, soprattutto nelle donne, è possibile seguire alcune indicazioni nutrizionali con l’obiettivo di prevenire le ricadute: “si consiglia un’alimentazione povera di acidi grassi saturi e ricca in poli-insaturi, senza supplementazioni di Omega-3 o vitamina D, se non necessari. Inoltre, non bisogna escludere il glutine, in quanto non ci sono prove dell’efficacia di tale approccio”.

Morbo di Parkinson e alimentazione: quali problematiche?

calcolo indice di massa corporea

Il morbo di Parkinson è una patologia che si caratterizza per sintomi quali tremori e rigidità motoria e che, nella sua progressione, porta a deficit cognitivo, disfagia e problemi alla motilità gastrointestinale, motivo per cui nelle persone che ne soffrono la malnutrizione è molto frequente.

Questa condizione comporta un’alterazione importante del peso e anche degli stati vitaminici, per cui la condizione nutrizionale del paziente deve essere accuratamente valutata attraverso analisi e controlli.

Stando ai dati scientifici e alle raccomandazioni delle Linee Guida ESPEN per la Neurologia, le vitamine più carenti, anche per effetto di alcuni farmaci necessari nella terapia per Parkinson, sono la vitamina D, la B12 e i folati, per cui può essere utile una supplementazione vitaminica, sempre in base al monitoraggio costante dei valori.

I farmaci possono comportare anche pesanti effetti collaterali quali vomito, nausea, alterazione di gusto e olfatto, che, insieme alle difficoltà di deglutizione, vanno ad interferire con l’alimentazione del paziente causando calo di peso e altri deficit, che richiedono un’attenta valutazione e una modifica della texture dei cibi, eventualmente inserendo nell’alimentazione del paziente anche integratori ad hoc.

Infine, come sottolinea la dott.ssa Zoni nel documento ADI, “vanno suggeriti apporti adeguati di fibra, liquidi, probiotici e prebiotici per minimizzare i problemi del transito intestinale. Per questa, come in generale per tutte le situazioni patologiche, va indagato l’uso autogestito di integratori da banco di vario tipo”. Sono, invece, ancora in fase iniziale gli studi sui rapporti tra Morbo di Parkinson e microbioma intestinale, che come abbiamo visto nell’intervista alla ricercatrice del Crea Eleonora Pagnotta, può migliorare, insieme alla motilità dello stomaco, anche grazie ad alcuni alimenti funzionali, come la rucola.

Sclerosi laterale amiotrofica e difficoltà di alimentazione 

cibi liquidi

Si tratta di una patologia neurologica dal decorso veloce i cui sintomi interferiscono con la possibilità di nutrirsi in modo adeguato, in particolare a causa del forte deficit nella deglutizione e nella motilità del tratto gastro-intestinale. Inoltre, in molti pazienti si osserva una forte perdita di massa corporea a fronte di un aumento del fabbisogno calorico (circa del 10%). Per questa malattia le Linee Guida ESPEN suggeriscono analisi del quadro nutrizionale ogni tre mesi, in particolare con l’obiettivo di controllo del peso, per mantenerlo in una zona di normalità, abbassando il rischio di mortalità e aumentando la mobilità generale del paziente.

Le modifiche della texture dei cibi, vanno attivate “quando compare la disfagia, fornendo anche addensanti dei liquidi”, con lo scopo di prevenire quella che viene comunemente chiamata polmonite da aspirazione (un’infezione polmonare) e di “non allungare la durata del pasto”. Infine, vanno fornite indicazioni per arricchire la densità calorica dei pasti, oltre ad inserire integratori orali.

Come ricorda la dott.ssa Laura Zoni a conclusione del suo documento per l’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica, “le patologie neurologiche progressive sono situazioni fortemente invalidanti caratterizzate da ripercussioni sullo stato nutrizionale in parte malattia-­dipendenti ed in parte correlate con l’alimentazione”.

Per questo è sempre utile sottolineare come salute e alimentazione richiedano un approccio scientifico, per cui occorre seguire le indicazioni di medici, dietisti e nutrizionisti, certamente per malattie così serie come quelle neurodegenerative, ma anche per disturbi meno gravi o a fronte del diffondersi di giovani con disturbi alimentari importanti e che spesso si affidano a diete non adeguate.

E a proposito di giovani, avete già letto la nostra intervista al prof. Franzoni della Neuropsichiatria Infantile di Bologna, riguardo ai disturbi del comportamento alimentare?

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