Dopo alcuni mesi di trattative, lo scorso dicembre è stato siglato un importante accordo commerciale tra Unione europea e Giappone, che pone al centro i prodotti alimentari. Il Jefta – questa è la sigla che lo identifica – sta già facendo discutere, inserendosi nel dibattito iniziato con il Ceta, il patto fra Unione europea e Canada che abbiamo approfondito in un nostro precedente articolo. Questa volta, invece, cercheremo di spiegare in modo semplice le novità introdotte dall’accordo Ue-Giappone, riportando anche le prime opinioni e le critiche espresse dalle realtà economiche e produttive interessate.
Accordo Ue-Giappone, per il libero scambio
In seguito alla sostanziale convergenza d’intenti maturata il 7 luglio 2017, nel dicembre scorso è stato formalmente siglato un trattato bilaterale di libero scambio tra Unione europea e Giappone, per facilitare la circolazione delle merci. Secondo Cecilia Malmström, commissaria per il commercio, ci sono le condizioni per l’entrata in vigore prima della fine di questa legislatura europea, ovvero entro la primavera del 2019. Il documento finale, infatti, dovrà essere prima presentato agli Stati membri e al Parlamento di Bruxelles, per la ratifica definitiva.
Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il premier giapponese Shinzo Abe hanno salutato l’accordo come un esempio encomiabile di mercato libero, aperto, equo e con regole chiare, idealmente opposto rispetto all’attuale politica statunitense, che sostiene i dazi e il protezionismo. Seguendo questa visione, Europa e Giappone saranno più vicini, con crescenti opportunità per le imprese di entrambi i Paesi, sui rispettivi mercati delle esportazioni. Il Jefta, infatti, coprirà circa il 30% del pil mondiale e un bacino di 600 milioni di persone. Oltre all’accordo Ue-Giappone – che non costituisce la fine del negoziato – si continua a lavorare per il partenariato strategico che, con tutta probabilità, verrà firmato entro il 2018 insieme a quello economico, in un quadro di forte consolidamento delle relazioni.
E il Regno Unito?
Dopo la Brexit, ovviamente, la posizione del Regno Unito è cambiata anche e soprattutto sui patti commerciali, pertanto, quando l’uscita dall’Ue sarà formalizzata, Londra dovrà provvedere per conto suo, al di fuori da tutti i trattati europei con altri Paesi. Nella fattispecie, se l’accordo Ue-Giappone entrerà in vigore dopo il 29 marzo 2019, i britannici dovranno trovare un’altra intesa, indipendentemente da quanto ottenuto da Bruxelles.
Cosa cambia per l’agroalimentare?
Come si accennava, l’accordo Ue-Giappone prevede vari provvedimenti in diversi settori economici. Concentrandoci sui passaggi che più interessano il nostro approfondimento, ci soffermeremo soprattutto sul settore agroalimentare, riportando più sinteticamente le parti che coinvolgono altri ambiti dell’economia.
Via i dazi
Al centro dell’intesa commerciale c’è l’apertura del mercato nipponico all’agroalimentare europeo, con l’eliminazione del 99% dei dazi e delle barriere commerciali, che oggi pesa per circa un miliardo di Euro all’anno sulle imprese. Questo sgravio permetterà all’Ue di diventare il primo partner commerciale in questo settore, superando gli ostacoli che finora hanno pesato sulla competitività dei nostri prodotti. Va ricordato che il Giappone è la terza economia mondiale, il quarto Paese esportatore e il quarto mercato per l’agroalimentare, con un bacino di circa 127 milioni di consumatori. Per le esportazioni italiane, al momento si tratta dell’undicesimo sbocco commerciale a livello mondiale.
Per comprendere meglio l’impatto che finora i prodotti europei hanno scontato, ecco quanto valgono le tariffe doganali giapponesi:
- fino al 24% sulla pasta
- tra il 29,8 e il 40% sui formaggi, a seconda della tipologia
- 38,5% sulle carni bovine
- fino al 30% sul cioccolato
- 15% sui vini.
Tutti i vantaggi
Il mercato vinicolo, al momento, si attesta ai primi posto nella graduatoria dell’export alimentare verso il Giappone, con un ruolo molto importante per le produzioni italiane. Entrando più nel dettaglio, quindi, possiamo comprendere che in questo modo il vino europeo potrà competere equamente con le produzioni internazionali, a partire da quella cilena, che già beneficia di un accordo di libero scambio con il Giappone. I dazi sul vino e su altre bevande alcoliche saranno immediatamente eliminati, con un risparmio annuo stimato intorno ai 134 milioni di Euro.
Ancor più rilevante è lo sgravio nel settore lattiero-caseario, come si può notare. Per i formaggi a pasta dura si arriverà alla completa abolizione delle tariffe entro quindici anni dalla ratifica, mentre per quelli a pasta molle non si potrà superare un’importazione di 20.000 tonnellate all’anno, quantitativo che comunque potrà aumentare in base all’evoluzione del consumo giapponese, oggi in netta crescita. Per i formaggi freschi, come la mozzarella, il trattamento agevolato sarà stabilito in base a una quota da negoziare. Inoltre, verranno stabilite quote di latte in polvere, burro, siero, mentre molti altri prodotti verranno sgravati dai dazi.
L’esportazione europea di carni bovine beneficerà di un forte calo nella tassazione, che passerà dall’attuale 38,5% al 9% entro 15 anni. Considerando la bocciatura del Parternariato trans-pacifico (TPP) da parte dell’amministrazione Trump, questa detassazione potrebbe rivelarsi un importante vantaggio nei confronti delle produzioni statunitensi, che al momento non beneficiano degli stessi sgravi. In merito alle carni suine – genere alimentare Ue più esportato nel Sol Levante – saranno invece esentate le produzioni trasformate e pressoché esentate quelle fresche.
Per quanto riguarda la pesca, verranno cancellati i limiti all’importazione, così come i dazi, che saranno soppressi sia da parte giapponese che europea.
Riconoscimento delle denominazioni d’origine
Un passaggio molto importante dell’accordo Ue-Giappone sarà il riconoscimento di 205 denominazioni di origine europee (DOP e IGP), di cui 44 italiane, garantendo la protezione per prodotti di qualità legati a specifici territori. Inoltre, è stato ottenuto anche il ritiro progressivo dal mercato giapponese delle indicazioni geografiche contraffatte.
Parallelamente, in Europa verranno riconosciute una serie di indicazioni geografiche giapponesi. Come vedremo più avanti, però, la reale efficacia della tutela di questi prodotti è controversa.
Mercato automobilistico e altri aspetti
Parallelamente, l’Ue toglierà i dazi all’importazione di auto made in Japan, che darà il via libera definitivo del mercato europeo all’industria automobilistica del Sol Levante. Armonizzando i parametri tecnici, questa convergenza potrebbe favorire la creazione di un grande polo, in grado di definire le automobili del futuro. In questo campo, per tutelare l’industria europea, si prevede una transizione di 7-10 anni prima dell’apertura del mercato europeo, con la riduzione al 10% dell’attuale tassa d’importazione. Altri provvedimenti rilevanti riguardano il mercato dei pezzi di ricambio, che vede l’Europa al secondo posto al mondo nell’importazione dal Giappone. Restano da definire, invece, la protezione degli investimenti e il flusso dei dati.
L’accordo Ue-Giappone, inoltre, contiene un ampio capitolo sul commercio e sullo sviluppo sostenibile, che sancisce la volontà di rafforzare l’azione dell’Ue e del Giappone contro i cambiamenti climatici e per la salvaguardia dei servizi pubblici, in rispetto del trattato sul Clima di Parigi. Nondimeno, si stabiliscono standard più elevati in termini di lavoro, sicurezza, tutela ambientale e dei consumatori, e si garantisce alle imprese europee l’accesso agli appalti pubblici in 48 grandi città giapponesi, soprattutto nel settore del trasporto ferroviario.
Quanto conviene l’accordo Ue-Giappone?
Secondo il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il premier nipponico Shinzo Abe, il Jefta “porterà a una crescita economica sostenibile e inclusiva, favorendo la creazione di posti di lavoro e confermando l’impegno verso un più alto livello degli standard su lavoro, ambiente, sicurezza e protezione dei consumatori, salvaguardando in pieno i pubblici servizi”. Per Marco Chirullo, vice negoziatore capo per l’accordo Ue-Giappone, “l’Europa è riuscita a ottenere un risultato che permetterà di scardinare un mercato molto chiuso nei confronti dei prodotti stranieri”.
Questo entusiasmo è in gran parte comprensibile, se si pensa che il patto porterà alla progressiva estinzione dei dazi su un gran numero di prodotti finora penalizzati, e che comunque costituiscono più del 90% dell’attuale export europeo in Giappone. Di conseguenza, si sono create notevoli aspettative per una crescita della vendite alimentari nel mercato giapponese, soprattutto in Italia, diventata tra i maggiori sostenitori del Jefta. L’ambasciatore italiano in Giappone, Giorgio Starace, ha dichiarato che le nostre esportazioni nel Sol Levante sono già cresciute del 22%, verso un’economia che sta crescendo del 2,5%.
Le stime dell’Unione europea evidenziano che i vantaggi interesseranno anche lo scambio di big data e la semplificazione burocratica, aspetto assai rilevante quando si esporta in Giappone. Il grande polo di libero scambio che si sta creando, per dimensioni sarà paragonabile al Trans-Pacific Partnership (TPP) e all’accordo tra Ue e Cina, con una coperture dell’8,6% della popolazione mondiale, del 28,4% del pil e del 3,6% degli scambi su scala mondiale.
Jefta: opinioni a confronto
Ma come è stato accolto l’accordo Ue-Giappone dalle istituzioni e da alcune delle parti interessate? Vediamo, distinguendo per grandi linee, quali sono le posizioni in gioco.
Gli entusiasti
Le figure di spicco della Commissione europea hanno mostrato grande soddisfazione, sottolineando la volontà euro-nipponica a sostegno del libero scambio, nell’alveo delle linee guida contro i cambiamenti climatici espresse dai trattati sul clima di Parigi e dalla Convenzione Onu. Appare chiara, quindi, anche un’implicita risposta ai piani della politica economica dell’amministrazione Trump.
Phil Hogan, commissario per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale ha dichiarato che “questo è l’accordo più importante e ambizioso mai concluso dall’Ue per l’agroalimentare. Le esportazioni in questo settore creano posti di lavoro di alta qualità, soprattutto nelle zone rurali”. Con tono ancor più enfatico, il premier giapponese Shinzo Abe ha affermato che “questo accordo farà da modello per l’ordine mondiale del Ventunesimo secolo”. Per il presidente del Parlamente europeo Antonio Tajani, “relazioni più profonde rappresentano anche l’apertura di un mercato con forte domanda di prodotti di alta qualità”.
BusinessEurope, l’organizzazione delle confindustrie europee, ha accolto con grande favore la formalizzazione dell’accordo Ue-Giappone, posizione sposata anche dalla vicepresidente della Confindustria italiana Lisa Ferrandini. Il coordinatore di Agrinsieme Giorgio Mercuri e il presidente della Fondazione Italia-Giappone Umberto Vattani hanno sottolineato le caratteristiche del mercato giapponese, che è ricco, esigente e molto interessato all’eccellenza dell’agroalimentare made in Italy.
Sul piano della rappresentanza politica, la netta maggioranza dell’arco parlamentare europeo ha sostanzialmente apprezzato l’accordo Ue-Giappone, anche se, come stiamo per vedere, è stata segnalata una falla notevole.
Una grave pecca
La principale criticità dell’accordo Ue-Giappone riguarda il settore lattiero-caseario, ed è stata segnalata da Assolatte, che in una nota ha definito i termini stabiliti a dicembre come “i peggiori mai negoziati dall’Unione Europea in un accordo commerciale”. La questione si gioca su due aspetti, e sugli asterischi che indicano le eccezioni alla regola.
La prima interessa i formaggi con nome composto, come il Grana Padano o il Pecorino Romano, marchi che nel mercato giapponese verrebbero protetti solo nella loro dicitura completa. Così facendo, quindi, si potrebbero vendere legalmente formaggi che solo nel nome evocano quei cibi, magari battezzandoli “Grana” o “Padano”.
Appare ancor più clamoroso il caso del Parmigiano Reggiano. La Commissione Ue, infatti, avrebbe lasciato la possibilità di registrare il nome “Parmesan” in Giappone, riconoscendo che non costituirebbe un’imitazione, un atto in chiaro contrasto con gli sforzi per negare l’uso del più famigerato fra gli italian sounding, che da anni è il simbolo della copia di uno dei prodotti italiani più noti al mondo ed è già stato oggetto di cause legali.
In entrambi i casi, comunque, l’accordo Ue-Giappone stabilisce che debba essere precisata in etichetta l’origine non italiana dei prodotti.
A quanto pare, sembra che ci sia ancora la possibilità di rimediare a queste storture, che obiettivamente denotano una sensibilità insufficiente, verso la reale difesa delle produzioni di qualità e nei confronti dei Paesi che le ospitano. Ad ogni modo, l’accordo Ue-Giappone resta complessivamente un importante passo avanti per favorire le esportazioni alimentari europee.
Dopo questo approfondimento sull’accordo Ue-Giappone, può essere interessante leggere i nostri articoli sulle tasse sul cibo spazzatura e sul Food act.
Fonti:
Commissione europea
ANSA
Il Sole 24 Ore
Confagricoltura
Fondazione Italia-Giappone