Il merluzzo è sicuramente uno dei pesci più mangiati al mondo, diffuso in molte tradizioni gastronomiche diverse e preparato nei modi più svariati, senza dimenticare la sua importanza per l’industria alimentare. Al di là di questa grande popolarità a tavola, però, le origini e le caratteristiche di questo pesce non sono altrettanto conosciute, anche a causa delle differenti denominazioni utilizzate in base alle culture e alle preparazioni. Dopo esserci occupati recentemente della trota e dell’allevamento del salmone, stavolta ci concentreremo sul merluzzo, cercando di saperne di più sulle peculiarità, sulla pesca e sullo stato di conservazione di questa specie.
Merluzzo: proprietà, caratteristiche e diffusione
Per la pesca commerciale, il merluzzo bianco (Gadus morhua, “Atlantic cod” in inglese) è la specie più importante su scala globale, perlomeno se consideriamo i volumi prelevati. Diffuso nell’Oceano Atlantico settentrionale e assente nel Mediterraneo, ha un corpo slanciato ma robusto, dal colore variabile tra il grigio, il verde e il marrone, con macchie di tinta più chiara. La zona ventrale, invece, è bianca. La testa è grande rispetto al tronco, mentre fra le caratteristiche si notano anche un barbiglio biancastro sotto la bocca e tre pinne sul dorso. Un’altra particolarità è la sporgenza della mascella superiore rispetto a quella inferiore.
Pur potendo sfiorare i due metri di lunghezza e i cento chili di peso, la maggior parte degli esemplari non raggiunge una taglia simile, fermandosi a circa la metà di questa soglia. Il merluzzo, in genere, vive tra i 150 e i 200 metri di profondità, ma si adatta bene a livelli inferiori e superiori. I pesci più grandi, tuttavia, si trovano nelle acque più fredde e profonde, dove arrivano a vivere fino a un quarto di secolo. Questa specie, onnivora e molto vorace di piccoli pesci, predilige aggregarsi in banchi, che si avvicinano alle coste solo per riprodursi, in inverno o all’inizio della primavera.
Merluzzo: pesca e conservazione in natura
Pur caratterizzandosi per un’elevata prolificità e per un accrescimento piuttosto rapido degli esemplari giovani, il merluzzo non è esente da rischi dovuti a una pesca particolarmente intensa e diffusa, come avviene per il tonno rosso. Le popolazioni che vivono nelle fasce climatiche più settentrionali, peraltro, necessitano di più tempo per raggiungere la maturità sessuale, con la prima riproduzione che può avvenire anche a otto anni d’età.
La pesca e il commercio del merluzzo hanno tradizioni molto antiche e radicate nelle comunità nordiche, e oggi la Norvegia, l’Islanda e il Canada sono le nazioni dove le attività economiche legate a questo pesce sono più importanti. Le grandi flotte di pescherecci usano principalmente le reti a strascico e, in seconda battuta, anche i palamiti, le reti da posta e da circuizione. Nel nostro approfondimento sul pesce sostenibile abbiamo descritto nel dettaglio queste diverse tecniche, riportando anche i gravi danni causati dalla pesca illegale.
Una specie vulnerabile
Dai primi anni Novanta, la presenza del merluzzo nelle acque atlantiche è in netto calo, nonostante le misure di fermo pesca adottate per preservare la specie. Ciò è dovuto a decenni di prelievi eccessivi, che hanno intaccato la diffusione di un pesce che, come detto, può impiegare anni per giungere alla riproduzione. Anche gli ecosistemi originari, di conseguenza, hanno risentito negativamente della progressiva rarefazione di questi predatori, importanti per la catena alimentare e per l’equilibrio naturale. Diverse zone note per la presenza del merluzzo sono state abbandonate dai pescherecci, che hanno dovuto fare i conti con la quasi estinzione di questo pesce, le cui riserve nel mare del Nord e nel mar Baltico sono pericolosamente vicine all’esaurimento. Oggi il merluzzo atlantico rientra fra le specie vulnerabili della Lista rossa IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura).
Altri pesci simili
Prima di approfondire la lavorazione e le proprietà nutrizionali del merluzzo, va detto che la denominazione generica è comunemente impiegata anche per riferirsi ad altre specie. Fra queste c’è innanzitutto il nasello (Merluccius merluccius), cha appartiene alla stessa famiglia ma è più piccolo ed è diffuso anche nel Mediterraneo, così come il merluzzo imperiale (Aulopus filamentosus). Quello del Pacifico (Gadus macrocephalus), invece, è più piccolo e maculato, mentre il merluzzo carbonaro (Pollachius virens), tozzo e di taglia media, ha carni più grasse. Il merlano (Merlangius merlangus), pur essendo di dimensioni inferiori, è strettamente imparentato con il nasello, rispetto al quale ha una diffusione molto simile e carni ugualmente magre. Nel Veneto, il merlano è detto ‘pesce molo’, dicitura che in Romagna è invece destinata al nasello.
Dal punto di vista gastronomico e nutrizionale, i pesci appena citati sono abbastanza simili tra loro, anche se solo il merluzzo atlantico è utilizzato per due lavorazioni tradizionali che fra poco approfondiremo.
Stoccafisso VS Baccalà
Da secoli presso le isole Lofoten – un arcipelago al largo della Norvegia e non lontano dal Circolo polare artico – si pescano merluzzi di grande qualità. In un nostro articolo sulla cucina norvegese abbiamo raccontato diversi interessanti aspetti della tradizione gastronomica nordica, legata a luoghi di grande bellezza. Sembra che proprio alle Lofoten il mercante e navigatore veneziano Pietro Querini abbia conosciuto per la prima volta la tecnica per trasformare il merluzzo in stockfish, appellativo poi italianizzato nel termine ‘stoccafisso’. L’essiccazione su apposite strutture di legno tuttora disposte vicino al mare rende i merluzzi privati della testa estremamente duri e conservabili, nonché immuni da infestazioni tipiche del pescato di mare, come l’anisakis e la sindrome sgombroide.
Gli scambi e i commerci con l’Europa meridionale favorirono la diffusione del sale, raro e prezioso in Scandinavia, ingrediente fondamentale per la messa a punto di un altro metodo per trattare e conservare il merluzzo dopo la pesca. La salatura, infatti, divenne la base per produrre il baccalà, una specialità molto popolare in Italia e in altri Paesi dell’Europa del Sud. Questo modo di lavorare il merluzzo – pesce assente nei nostri mari – è entrato nelle tradizioni gastronomiche mediterranee fino a diventarne parte integrante, e le numerose ricette per preparare il baccalà ne sono la prova.
La differenza con lo stoccafisso, quindi, consiste nel metodo di conservazione, anche se entrambe le tecniche richiedono un processo per far rinvenire le carni prima della cottura, come vedremo adesso.
Dopo la conservazione
Per rendere lo stoccafisso commestibile, è necessario prima batterlo per sfibrarlo e, in seguito, immergerlo in acqua fresca per alcuni giorni, in base alle dimensioni della porzione, fino al raggiungimento della consistenza idonea delle carni. Nel caso del baccalà, invece, l’immersione in acqua è più breve, ma deve essere preceduta da un’accurata dissalatura.
Per un risultato migliore, l’acqua per il rinvenimento andrebbe sostituita ogni sei ore. Al termine di queste operazioni, sia lo stoccafisso che il baccalà possono essere cucinati, magari seguendo i consigli proposti nei nostri precedenti articoli, ad esempio per preparare il classico baccalà alla vicentina o il meno convenzionale carpaccio di stoccafisso.
Proprietà nutrizionali
Come stiamo per vedere, il merluzzo è un pesce dalle ottime caratteristiche nutrizionali. Ecco cosa contengono 100 grammi di:
- Merluzzo fresco. Calorie: 91 kcal; Proteine: 17 g; Grassi: 0,3 g; Colesterolo: 50 mg; Sodio: 77 mg.
- Stoccafisso secco. Calorie: 356 kcal; Proteine: 80 g; Grassi: 4 g; Colesterolo 82 mg; Sodio: 500 mg.
- Baccalà secco. Calorie: 122 kcal; Proteine: 29 g; Grassi: 1 g; Colesterolo: 82 mg; Sodio: 3989 mg.
I dati relativi allo stoccafisso e al baccalà sono indicativi per mostrare il grado di essiccazione e, nel caso del baccalà, l’elevatissimo contenuto di sodio evidenzia la salatura. Prendendo come principale riferimento il prodotto fresco, spicca un buon contenuto di proteine ad alto valore biologico, abbinato a un apporto di grassi davvero minimo, fra i quali comunque prevalgono i polinsaturi, mentre la presenza di colesterolo è molto scarsa. Oltre ai quantitativi riportati, sono da segnalare dosi notevoli di niacina, vitamine del gruppo B – come la preziosa B12 – e minerali, specialmente fosforo, iodio, ferro, calcio e potassio.
Il merluzzo, quindi, è un alimento magro ma nutriente, adatto anche alle diete dimagranti, nonché privo di allergeni e sostanzialmente idoneo anche per chi soffre di intolleranze alimentari.
Il merluzzo in cucina
Questo pesce, particolarmente versatile in cucina, si presta a una vasta gamma di preparazioni, partendo dal prodotto fresco, decongelato, dallo stoccafisso o dal baccalà.
Volendo preservare la salubrità delle carni – bianche, compatte, magre, digeribili e povere di sodio – conviene optare per ricette semplici e poco caloriche. L’uso delle spezie, come abbiamo visto, contribuisce notevolmente a ridurre le quantità di sale necessarie per insaporire le portate, evitando al contempo gli insaporitori. Nel caso del baccalà, invece, è importante curare bene la dissalatura.
Altri usi: oli e capsule
Oltre alle preparazioni di antica tradizione, non va certo dimenticato il larghissimo uso industriale del merluzzo e del nasello, che sono alla base di prodotti surgelati di vario tipo, i quali costituiscono gran parte della destinazione del pescato.
Dal fegato del merluzzo, invece, si ricava il famoso olio, ricco di omega 3 e vitamina D, un tempo impiegato come ricostituente, ma noto anche per il sapore sgradevole. Oggi questo ingrediente ha trovato una sorta di seconda giovinezza, soprattutto nella fabbricazione di capsule e altri prodotti a scopo nutraceutico. Dalle interiora del merluzzo, peraltro, si ottengono altri enzimi e componenti destinati all’industria farmaceutica. Del merluzzo, in sostanza, si impiegano tutte le parti, con utilizzi anche molto diversi fra loro.
Dopo questo approfondimento sul merluzzo, può essere interessante leggere i nostri articoli sul pesce di stagione a gennaio, sul gambero killer della Louisiana e sul pesce povero.
Fonti:
Atlante delle specie ittiche
Lista rossa IUCN – Unione internazionale per la conservazione della natura
Food Composition Database – USDA