Nel 2015 insieme a CIR food e a Il Giornale del Cibo ho organizzato un convegno, a Expo, sul Giusto appalto, chiamando a discuterne esperti della materia e l’Anac. Tutti si dichiararono a favore di appalti non al massimo ribasso ma guidati dal criterio della qualità, e magari – magari! – fondati sul collaborative procurement come in tanti paesi europei, vale a dire sulla possibilità di confronti trasparenti tra pubbliche amministrazioni e aziende fornitrici. Un mondo fatato (per noi italiani) dove chi compra e chi vende si assume la propria responsabilità senza nascondersi dietro gare costruite con criteri burocratici che finiscono per premiare chi offre un prezzo troppo basso o chi è più bravo a fare il furbo (criteri molto amati da aziende equivoche che evadono le tasse, pagano in nero i lavoratori e hanno contatti con la criminalità).
Nonostante le dichiarazioni, però, nulla cambiava, così un anno dopo ho richiamato gli stessi esperti, la stessa Anac (anche lo stesso moderatore: il giornalista Luca Telese), in una sala convegni del Senato della Repubblica, a Roma, per tornare a parlare del nuovo codice degli appalti. Speravo che il luogo e l’Istituzione inducessero a comportamenti adeguati alle parole dette. Io, per non sbagliare, nel mio intervento citai una battuta di Woody Allen: “non vedo il bicchiere mezzo vuoto, ma mezzo pieno di veleno”.
In occasione di questo nuovo incontro sulla Tavola Pubblica, ci fu anche un battibecco con chi, in sala, aveva collaborato alla redazione del nuovo codice degli appalti e mi invitava a non criticare solo, ma a fare anche proposte costruttive.
In seguito, insieme alle altre aziende del settore, ho avuto l’opportunità di fare molte proposte, in diversi tavoli promossi da ministeri e Anac. Non dico che i tavoli si siano aperti grazie ai nostri due convegni (e al veleno che ho denunciato di aver trovato nel bicchiere) ma a qualcosa, credo, siano serviti.
Giusto appalto e Tavola Pubblica: com’è la situazione?
E’ passato un altro anno e non ho organizzato un altro convegno. Perché tutto è andato a posto? No. Però qualche segnale debole c’è. Debolissimo: come quello che arriva sulla terra delle onde gravitazionali, che per captarle ci vogliono l’antenna Virgo e duecento scienziati. Ma non disperiamo.
Molte gare adesso escono con settanta punti alla qualità e trenta al prezzo e con una formula che non utilizza il criterio del massimo ribasso. Purtroppo i settanta punti alla qualità spesso non sono qualitativi, come dovrebbero, ma quantitativi: però qualche passo avanti si sta facendo. Il limite maggiore è che ogni amministrazione o centrale d’acquisto fa come vuole, non essendoci ancora un bando tipo per la ristorazione sociale. Tuttavia, l’Anac sta provvedendo.
Propongo, allora, di fare un passo deciso in avanti: perché per la ristorazione sociale non si prevede che il prezzo sia fisso, stabilito dall’ente e che la gara si faccia solo sulla qualità, discutendone i criteri in maniera trasparente? Sarebbe una rivoluzione, che andrebbe però sulla strada del giusto appalto.
Cosa ne dite? Avete voglia di votare questo sondaggio? All’ultimo avete partecipato in tanti, per cui vogliamo coinvolgervi nuovamente!