Mirko Turconi del lounge bar di Piano35 di Torino è stato proclamato “Miglior Bartender d’Italia” alla finale nazionale del Diageo Reserve World Class 2017, la competizione internazionale istituita da Diageo Reserve che celebra l’arte della mixology mediante la ricerca e la selezione dell’élite dei bartender di più di 50 paesi nel mondo.
Avevamo già parlato del campione nella recensione del nuovo format di cucina del ristorante torinese, in vetta al grattacielo Intesa Sanpaolo e gestito da Affida – società del gruppo CIR food, e siamo contenti di farlo ancora in occasione di un successo così importante.
Abbiamo deciso di dare voce a lui, per capire com’è andata e chi è davvero questo barman di prestigio.
Mirko Turconi: intervista al Miglior bartender d’Italia
Chi è Mirko Turconi?
Dal Caffè 228 di Viverone, passando per il Mag Cafè di Milano, fino al Piano35 di Torino, sono questi i tre momenti chiave di Mirko Turconi.
MT: studio e ricerca durante l’esperienza al Caffè 228 per poter poi emergere in questa passione chiamata bartending. Passione confermata in seguito durante il periodo al Mag cafè, dove ottengo grandi risultati affermandomi come uno dei migliori bartender del locale più riconosciuto di Milano.
Infine il ritorno a Torino, sposando il progetto Piano35, il lounge bar più alto d’Italia. Con il duro lavoro è diventato in meno di un anno uno dei locali più importanti e promettenti del capoluogo piemontese, se non del nord Italia.
Da poco nominato come miglior bartender d’Italia alla Diageo World Class, una delle gare più difficili e stimolanti allo stesso tempo.
Cosa significa un premio come questo?
Il coronamento del duro lavoro. Tanti sacrifici, tanto tempo investito a studiare, ricercare rinunciando al tempo libero che avrei potuto passare con la mia famiglia.
Quando hai ricevuto il primo riconoscimento ufficiale?
È stato nel 2003. Fu la prima gara a cui partecipai, la DiSaronno mixing star. Arrivai terzo e quel traguardo fu veramente importante per me. Partecipai insieme a grandi bartender e barlady, alcuni divennero amici, altri anche i miei capi (Flavio Angiolillo)!
Come si è svolta la gara della Diageo World Class?
Eravamo al Teatro Quirinetta di Roma, gli otto migliori bartender provenienti da tutta Italia selezionati dagli esperti Diageo dopo ricerche e training iniziati a settembre 2016. La vittoria è giunta al termine di una giornata densa di sfide giocate tra tradizione e innovazione: dalla prova “Fast&curious”, nella quale avevamo a disposizione 8 minuti per preparare 8 cocktail classici per dimostrare la conoscenza della tradizione e delle ricette codificate, passando dalla sfida “Fight for the future” nella quale era richiesta la creazione di un twist per il “Margarita del futuro”. A chiudere la competizione la prova “The box of secrets”, uno scrigno segreto al quale solo i tre migliori classificati della giornata hanno avuto accesso, e dove hanno dovuto scegliere tra distillati Diageo e ingredienti vari per creare una ricetta inedita.
Con cosa hai vinto e secondo te perché ti hanno scelto come migliore?
Il tema di quest’anno era un margarita nel futuro. La mia idea è stata quella di presentare un margarita di un universo parallelo, un futuro alternativo in cui i cocktail vengono preparati esclusivamente con il distillato con cui vengono concepiti. Il mio margarita era preparato solamente con tequila Don Julio. Una dose di don julio blanco, un liquore a base don julio macerato con papaya e avocado essiccati con un taglio di bibita all’aloe che ne riduceva il grado alcolico donando note zuccherine ed aromatiche, un aceto di agave, ovvero uno shrub a base di don julio, aceto di cocco, sciroppo di agave, lulo e tamarillo (due frutti sud americani simili al pomodoro per acidità). La crusta (ciò che compare sul bordo del bicchiere) era salata e speziata, preparata con foglie di cactus in salamoia essiccate e i semi della papaya (che nella cucina sudamericana vengono usati come pepe). Infine il bicchiere era appoggiato su una base magnetica che lo faceva lievitare in aria come se fosse sospeso in un limbo spazio temporale.
Sicuramente aver partecipato anche l’hanno scorso mi ha aiutato, sono stato molto sicuro in tutti i momenti della gara sapendo cosa potevano aspettarsi i giudici.
Cosa dobbiamo aspettarci per il gran finale in Città del Messico?
Sarà un’esperienza unica incontrare 55 bartender che rappresenteranno le loro nazioni.
Ci sarà da imparare, anche perché ad una finale mondiale non ci si può che aspettare un livello elevatissimo. Sarò molto attento a seguire tutti i colleghi per cercare di “rubare” quante più idee possibili.
Se potessi chi vorresti al tuo fianco?
Mi piacerebbe avere mia moglie. Non potrebbe aiutarmi in tecniche o preparazioni ma riesce sempre ad aiutarmi nel modo giusto. E poi Filippo Sisti, è un caro amico, un grande innovatore ed ogni volta che ci troviamo torno a casa pieno di nuove idee e stimoli.
Quali sono i tuoi ingredienti preferiti? E il cocktail che ti identifica?
Amo il mezcal ed il vermouth, il primo per la sua produzione artigianale e le sue proprietà organolettiche, mentre il secondo perché mi rappresenta per provenienza e duttilità. In questo momento sono un Tommy’s Margarita, ma con Mezcal!
Cosa vorresti cambiasse del mondo della miscelazione?
Vorrei sentire meno persone che si dichiarano “bartender” e più che amano questo lavoro al 100%. La nostra realtà è fatta di fatica: lavare bicchieri, accogliere persone, ascoltare i clienti, pulire il locale e la bottigliera; non è solo: jigger, mixing glass e twist on classic. Ci vogliono pratica, studio e dedizione, non basta un corso da sei ore a fare di te un lavoratore e tanto meno un bartender.
Quale sarà la città a tenere le fila nei prossimi anni?
Senza ombra di dubbio: Torino è il futuro…
Lo so, vi è venuta sete… se passate da Milano prenotate una gran bevuta nel bar più piccolo del mondo! Il Back Door 43.