Non c’è romanzo, credo, senza cibo. Senza cibo, o senza il racconto della preparazione di un piatto nella cucina di casa del protagonista, o una cena al ristorante, o un caffè al bar. Chiudo gli occhi, faccio un po’ di vuoto mentale e lascio venire avanti le scene di cibo dei romanzi che ho letto. Sono curioso di vedere chi arriva per primo. Le birre del commissario Maigret…il cucinino di Biscuter nell’ufficio di Pepe Carvalho…e la madeleine, quella non manca mai.
Fate anche voi il gioco “Cibo e letteratura”, escludete ovviamente Maigret, Biscuter e Proust: cosa viene avanti? Scrivetelo a Il Giornale del Cibo, faremo una mappa cognitiva della memoria e dell’immaginazione dei lettori!
Cibo e letteratura: perché nei romanzi si mangia?
L’idea mi è venuta perché ho ritrovato una mappa con la descrizione degli alimenti presenti in 49 romanzi. Francesco Piccolo, che ha commentato lo sforzo classificatorio, ci ricorda che nei romanzi si mangia: “Spesso si sta a tavola, si fa colazione, si chiacchiera a cena, e a pranzo o a cena succedono degli eventi memorabili. Perché nei romanzi c’è tempo per tutto, al contrario dei racconti che corrono dritti verso il finale e allora tutta la vita quotidiana salta, a meno che non abbia un segno di decisività.”
Segno di decisività che invece c’era nei racconti sul cibo pubblicati da Il Giornale del Cibo. Li trovate nei “contenuti imperdibili”, piccole perle di Massimo Cassani, Viola Ardone, Olivia Crosio, Elena Mearini, Franco Faggiani, Giulia Besa, Francesco Muzzopappa, Francesco Leto, Enrico Macioci, Romano De Marco.
Il cibo da Proust a Joyce
Ma torniamo alla mappa di cui vi dicevo. Un aiutino per l’esercizio che vi ho proposto. Il cibo più significativo di cui si parla ne Alla ricerca del tempo perduto è, ovviamente, la madeleine.
Sono state calcolate anche le calorie che il narratore della Ricerca assaporava da piccolo, 421: benedette, perché hanno dato vita al tema proustiano della memoria involontaria. La seconda parte di un altro monumento letterario, l’Ulisse di Joyce, si apre, invece, così: “Mr. Leopold Bloom mangiava con soddisfazione gli organi interni di bestie e volatili da cortile. Amava la densa zuppa di frattaglie, ventrigli speziati, un cuore arrosto ripieno, fegato a fette impanato e fritto, uova di merluzzo fritte. Più di tutto amava i rognoni di montone ai ferri, che regalavano al suo palato fine un sentore di urina lievemente odorosa”. Che ne dite? Che gusti questi irlandesi! Forse meglio il sandwich al formaggio svizzero del giovane Holden (735 calorie) o il cocktail di gin e ananas che amava bere Lolita (solo 263 calorie) o la zuppa di molluschi del capitano Ahab (1460 calorie, qui si fa sul serio).
Allora parteciperete al gioco “Cibo e letteratura”? Chiudete gli occhi, vedete quale libro, cibo o situazione vi viene in mente e mandate un commento. E fatelo a stomaco pieno perché, come sostiene Pepe Carvalho, “non mi fido di persone che parlano a stomaco vuoto”. E, d’altra parte, sarete d’accordo che “nessun essere indifferente al cibo è degno di fiducia.”