MakeFruitFair: conosci la filiera della frutta tropicale?

makefruitfair

Vi siete mai chiesti che viaggio ha compiuto una banana prima di arrivare nelle vostre mani? Avete mai avuto occasione di interrogarvi su chi ha lavorato e in che condizioni affinché, al supermercato, sia possibile acquistare della frutta tropicale a buon mercato?

Per rispondere a queste domande e per sensibilizzare l’opinione pubblica è stata lanciata la campagna MakeFruitFair! Il progetto, finanziato dalla Comunità Europea, è nato in Germania nel 2010 ed è stato successivamente esteso a più di 20 paesi all’interno dell’Unione Europea e non. Tutti paesi dove le persone amano mangiare ananas, banane e meloni coltivati in Sudamerica e America Centrale di cui, però, non si conosce la storia.

In Italia è promosso da GVC onlus, organizzazione non governativa laica ed indipendente nata a Bologna nel 1971 e oggi attiva in tutto il mondo con progetti di assistenza sanitaria, sicurezza alimentare, sviluppo rurale.

Conosci le banane che mangi?

banane origini

Ecuador, Costa Rica, Colombia sono stabilmente nella top 10 dei maggior esportatori di banane, un mercato che genera utili per miliardi di euro impattando in maniera sensibile sulle economie di questi paesi. Pensiamo poi alla Repubblica Dominicana, al decimo posto tra gli esportatori: il paese, infatti, sarebbe significativamente più povero se non commerciasse banane. Questa industria ha fruttato, solo nel 2010, 149 milioni di dollari per il paese e ha permesso di occupare circa 51.000 persone. L’altro lato della medaglia, però, ci mostra come queste migliaia di persone percepiscono un salario piuttosto basso, 250 pesos al giorno, 5 euro circa, e spesso in nero. l 75% dei braccianti , (90%, secondo quanto dichiarano le organizzazioni locali), è di origine haitiana: si tratta di migranti economici, sfruttati e senza diritti. Non che ad Haiti la situazione sia migliore, infatti la maggior parte dei lavoratori non ha un contratto, non è registrata al Ministero del Lavoro e non gode di alcuna garanzia.

Questo è il contesto nel quale viene prodotta più della metà delle banane che troviamo nei supermercati. E, secondo quanto emerge dai report della campagna MakeFruitFair!, la situazione nelle piantagioni è ancor più drammatica dal punto di vista umano e ambientale.

Filiera frutta tropicale e sfruttamento

Repubblica Dominicana e Haiti sono solo due esempi impiegati dalla campagna MakeFruitFair! per rendere l’idea di una parte delle serie problematiche che condizionano quello che mangiamo. Dal punto di vista sociale, le principali vittime del sistema di coltivazione non equo sono le donne che sono spesso impiegate nelle piantagioni.
Le violazioni dei loro diritti sono molteplici: dalle avances dei propri superiori fino a vere e proprie forme di violenza sessuale. Non c’è traccia, poi, di garanzie minime come l’assistenza sanitaria o il congedo per maternità.

pianta pomodoro

L’esposizione a pesticidi, poi, fa sì che molte donne subiscano aborti spontanei oppure che nascano bambini con malformazioni congenite. I lavoratori sono, di fatto, quotidianamente vittime della loro unica fonte di reddito. Un vincolo che rende rarissimi i casi di protesta, sciopero oppure opposizione al trattamento subito perché l’alternativa, e la minaccia, è il licenziamento.

Pesticidi nella filiera della frutta tropicale

Nelle piantagioni non controllate dell’America Centrale vengono impiegati più di 270 tipi di pesticidi e altre sostanze che hanno terribili conseguenze non solo sulle persone, ma anche sull’ambiente. Le più gravi riguardano la contaminazione delle acque dei fiumi, l’erosione del suolo, l’aumento del rischio di inondazioni e il disboscamento. L’utilizzo di insetticidi e pesticidi ha un duplice impatto: da un lato, infatti, mette a repentaglio le vite di chi vive e lavora nell’area delle piantagioni che usa l’acqua per cucinare, bere, lavarsi, dall’altro influisce direttamente sul prodotto che noi acquistiamo e mangiamo. Un frutto tropicale prodotto in condizioni non eque né garantite si trasforma presto in un affare, dal punto di vista economico, ma in un rischio per la nostra salute di cui non siamo consapevoli.
Inoltre, l’industrializzazione incontrollata ha fatto sì che si instauri questo circolo vizioso per cui lo sfruttamento del terreno per trarre il massimo profitto possibile dalla coltivazione delle banane produce il trattamento inumano dei lavoratori che, a loro volta, subiscono le conseguenze dell’utilizzo di insetticidi e pesticidi il cui uso è necessario per produrre il più possibile.

MakeFruitFair! per una frutta buona e giusta

make fruit fair

La campagna MakeFruitFair! attira la nostra attenzione non solo su quanto accade nel mondo della coltivazione della banana, ma anche sul resto della frutta tropicale. L’obiettivo è sì sensibilizzare noi consumatori, ma anche dimostrare che una produzione giusta è possibile. Attraverso un attento controllo della filiera produttiva e affidandoci a sistemi di garanzia attendibile, infatti, possiamo acquistare prodotti che, contemporaneamente, tutelino l’ambiente, i piccoli produttori e i diritti del lavoratori. Una triplice azione condensata in un singolo acquisto responsabile.

Sul sito della campagna, disponibile anche in italiano, è possibile una serie di soluzioni concrete affinché il consumo di frutta buona e giusta si trasformi in realtà. A livello europeo, sono state promosse alcune iniziative mirate alla regolamentazione dei rapporti tra venditore e fornitore e al divieto della vendita sottocosto. Dal punto di vista del cittadino, invece, possiamo imparare a riconoscere i marchi di garanzia come il Bio oppure il FairTrade che ci consentono di mettere sulla bilancia, insieme alle banane, anche il viaggio che hanno compiuto fino al nostro supermercato.

Facendo acquisti nel vostro supermercato di fiducia, ci avete mai pensato? Noi siamo sicuri che con la frutta prodotta e commercializzata in maniera equa e solidale anche questa gustosa torta alle banane sarà più buona.

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