Oltre 250.000 persone in Veneto sono state esposte ad acqua contaminata da Pfas, sostanze perfluoroalchiliche.
E’ quanto recentemente dichiarato da Lucio Coletto, Assessore alla Sanità della Regione Veneto, uscendo allo scoperto riguardo a una notizia che girava da tempo.
Si tratta di persone che tra acqua in bottiglia o acqua del rubinetto hanno scelto quest’ultima, forse per motivi di convenienza o di ecologia, andando incontro, a loro insaputa, ad una vera e propria intossicazione.
Acqua potabile già sotto osservazione dal 2013
Tutto inizia nel 2013 quando, su esposto dell’Arpa, venne condotto uno studio nazionale, finanziato dall’Unione Europea e condotto dal Centro Nazionale Ricerche (CNR) insieme all’Istituto di Ricerca sulle Acque (Irsa).
Tale studio evidenziò la presenza di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque potabili di alcuni Comuni della provincia di Vicenza, oltre a comuni limitrofi nelle province di Padova e Verona.
In seguito a questo primo studio il Ministero della Salute ha chiesto all’Istituto Superiore della Sanità di fornire dei parametri riguardo la presenza di Pfas che potessero garantire la salute dei cittadini.
E’ stata, quindi, attivata la messa in sicurezza dell’acqua potabile attraverso l’utilizzo di filtri a carboni attivi e, nel 2014 è stata avviata la mappatura dei pozzi privati ad uso potabile non allacciati alla rete dell’acquedotto, i quali devono adottare “i medesimi criteri definiti per le acque distribuite da sistemi di gestione idro-potabili, previo idoneo monitoraggio“, come definito dall’Istituto Superiore della Sanità.
Infine, per approfondire il grado di contaminazione e l’eventuale rischio di salute per le persone che vivevano nei territori con acqua contaminata da Pfas, la Regione ha approvato lo studio di Biomonitoraggio di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in alcuni ambiti del territorio affidandolo proprio all’ISS.
Cosa sono le sostanze perfluoroalchiliche?
Purtroppo sappiamo che sono molti i cibi contaminati da sostanze chimiche, della più varia natura.
Le Pfas sono sostanze chimiche considerate disturbatori delle funzionalità del sistema endocrino, con possibili conseguenze per la salute in termini di reni, polmoni, pelle, ma anche sulla tiroide. Nei casi più seri possono causare tumore del testicolo e del rene.
Generati da un’industria che si è sviluppata a partire dagli anni ‘50, servono per rendere resistenti all’acqua e ai grassi vari materiali e vengono usati per schiume, vernici e insetticidi, ma anche nella produzione di abbigliamento, nelle pellicole e nella microelettrica
Le Pfas sono ancora poco conosciute e scarsamente monitorate
Attualmente, infatti, le concentrazioni idonee per l’essere umano non sono definite e non esistono limiti nella nostra normativa nazionale sulle acque potabili riferiti alle Pfas, e questo vale anche per gli standard internazionali fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e per la normativa europea.
Tuttavia, in seguito al primo studio di IRSA-CNR l’Istituto Superiore di Sanità ha fornito, su richiesta del Ministero della Salute, i seguenti parametri:
- PFOS: inf. od uguale a 0.03 microgrammi/litro, cioè inf. od uguale a 30 nanogrammi/litro
- PFOA: inf. od uguale a 0.5 microgrammi/litro, cioè inf. od uguale a 500 nanogrammi/litro
- altri PFAS: inf. od uguale a 0.5 microgrammi/litro, cioè inf. od uguale a 500 nanogrammi/litro
I risultati delle analisi del biomonitoraggio
La Regione Veneto ha presentato i risultati delle analisi dell’Istituto Superiore di Sanità riguardanti l’inquinamento da Pfas in Veneto e la grave situazione è stata ufficializzata.
Gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità hanno effettuato lo studio su un campione rappresentativo di 507 persone dei territori in cui è stata trovata acqua contaminata da Pfas, riguardante la presenza di queste sostanze nel sangue.
Il risultato è che le concentrazioni nel sangue dei residenti nelle aree interessate dalla contaminazione delle acque sono risultate “significativamente superiori” a quelle dei non esposti.
I cittadini “esposti” ad acqua contaminata da Pfas presentano una concentrazione nel sangue di 14 nanogrammi per grammo di Pfas, mentre per i “super esposti” si tratta di 70 nanogrammi per grammo.
La zona più contaminata è compresa tra i comuni di Montecchio Maggiore, Lonigo,Brendola, Creazzo, Altavilla, Sovizzo, Sarego, in provincia di Vicenza. In totale i Comuni interessati sono 60, sparsi tra le province di Vicenza, Verona e Padova.
Rischi per la salute e soluzioni possibili
L’Istituto Superiore di Sanità ha rassicurato sulla mancanza di un rischio immediato per la salute.
Da parte sua la Regione Veneto ha fatto sapere di voler avviare uno studio epidemiologico di 10 anni.
L’assessore alla Sanità intende partire dalle 60.000 persone più esposte nella provincia di Vicenza, fino a coinvolgere tutti i 250.000 cittadini venuti a contatto con acqua contaminata da Pfas, seguendoli, in caso di analisi positive, con un protocollo di follow-up semestrale.
Inoltre la Regione ha annunciato che saranno avviati alcuni interventi specifici:
- Offerta di esami clinici di routine e specifici per i soggetti identificati a maggiore esposizione con cadenza annuale e in esenzione ticket (cod. PFAS)
- Rafforzamento della formazione agli operatori coinvolti nella gestione del problema
- Rafforzamento della sorveglianza sanitaria sulle fasce di popolazione più vulnerabili
- Rafforzamento dell’informazione alla popolazione target
- Possibili studi sperimentali sui soggetti con le maggiori concentrazioni
Non solo una questione di salute: servono soldi
Con il filtraggio l’acqua potabile è stata messa in sicurezza, ma rimane contaminata la falda acquifera e per questo servono infrastrutture per trasformare la rete idrica e, soprattutto, servono soldi.
Per trovare una soluzione si è fatto avanti il Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta il quale ha chiesto l’autorizzazione a dirottare grandi quantità d’acqua dall’Adige direttamente nel sistema di canali che attraversa il territorio, diluendo così gli inquinanti presenti nella falda e riducendone i livelli.
Tali misure cautelative di trattamento delle acque hanno dei costi: la sola applicazione dei filtri a carbone attivo costa 2 milioni di euro all’anno e i Comuni coinvolti sono intenzionati a presentare il conto al Governo, mentre stanno valutando di intentare causa per risarcimento danni alla Miteni.
Chi sono i responsabili dell’acqua contaminata da Pfas?
Il dito è puntato sulla Miteni, industria del vicentino di proprietà di una multinazionale tedesca che si occupa di chimica del fluoro.
Per molti, compresa la Regione Veneto, sono gli unici a produrre quel tipo di sostanze chimiche, mentre loro si difendono dalle accuse sostenendo di non essere i responsabili e che occorre chiamare in causa centinaia di aziende che sversano nel territorio.
Una vicenda complessa a scapito dei cittadini
Se i responsabili non sono ancora certi, di sicuro sappiamo chi sono le vittime.
I cittadini veneti dei territori coinvolti sono stati sottoposti per oltre trentanni alla contaminazione, semplicemente bevendo acqua del rubinetto. “L’acqua del Sindaco”, quella di casa, accessibile a tutti e per questo considerata sicura. Il danno per questi cittadini è difficilmente calcolabile.
Fortunatamente esistono in Italia Associazioni e sportelli virtuali che si occupano della tutela dei consumatori, ma in questo caso la vicenda è complessa. Si tratta di persone che si sono fidate e affidate, senza sapere i rischi che stavano correndo e senza potersi tutelare e che, invece, sono stati intossicati.
A onor del vero in questa vicenda anche Regione e Comuni sembrano essere parte lesa e il discorso va ricondotto principalmente al tema della responsabilità sociale d’impresa. Tuttavia la responsabilità dell’emergenza Pfas in Veneto coinvolge aziende private, amministrazioni e sanità. Quello che è certo è che sempre più l’ambiente, in particolare l’acqua, risorsa preziosa, è sotto scacco, come confermato anche dal recente rapporto nazionale dei pesticidi nelle acque presentato da Ispra. E sono le persone comuni, i cittadini, a pagarne spesso le conseguenze.
L’attenzione rivolta ai Pfas rimane alta e speriamo vengano date al più presto delle risposte certe. Ad esempio, anche se la Miteni risulterà responsabile o si otterranno risarcimenti, che conseguenze avranno le persone venute a contatto con acqua contaminata da Pfas in Veneto in termini di salute? Secondo voi basterà, come affermato dall’Assessore alla Sanità Coletto, ripulire il sangue in cinque anni e sottoporsi a esami senza pagare il ticket?