Schivo, alacre, burbero. E taccagno, ovviamente. Il ligure è già di per sé, lontano da tavola, un personaggio ostico, figurarsi seduto davanti ai piatti della sua tradizione, quando oltre a tutto il resto subentra anche l’orgoglio. Sarebbe bene, quindi, prepararsi bene, ma molto bene, prima di azzardarsi a invitarlo, ma con qualche accorgimento si può fare.
Un suggerimento geopolitico, anzitutto: in poche regioni come la Liguria si può andare di metonimia, e dire genovese spesso vale a dire ligure. Perché l’essere schiacciati tra due elementi fisici così diversi e ugualmente prepotenti, mare e monti, ha portato i coraggiosi abitanti di questa fascinosa regione ad avere delle caratteristiche costanti da est a ovest. Tutto questo però solo in teoria, perché il campanilismo regna ovunque. E dunque, siccome, punto uno, non fidarsi è meglio, e il capoluogo con la sua storia e il suo porto ha preso strade che altri porti che si affacciano sul mar Ligure non hanno mai battuto.
Punto due, e comunque vaglielo a dire a un savonese o, peggio ancora, a uno spezzino che sono genovesi. E siccome infine, punto tre, tra gli aggettivi mancava ancora “permaloso”, per tutti questi motivi se si vogliono evitare discussioni infinite è meglio cominciare da uno zeneise (genovese) genovese e semplicemente così chiamare lui e la sua cucina e il suo dialetto, del quale gli chiederete di snocciolare qua e là qualcosa, anche versi di De André se vorrete. Non ci rimarrà male. Non avventuratevi nel calcio presumendo di conoscere la differenza tra genoani e sampdoriani perché sicuramente non la sapete, e seguite qualche regola basilare.
Invitare a cena un genovese: 5 regole da seguire
1) Il pesto si fa con l‘aggio..
Se non lo digerisci fatti tuoi: elimina la pasta al pesto dalla cena (trenette o trofie, o al limite gnocchi), semmai, ma è a tuo rischio e pericolo. Se pensi che vabbè anche senz’aglio non è male, fatti tuoi. Al genovese il pesto lo devi dare con l’aglio. Si può eccepire sulla quantità e la qualità degli altri ingredienti, ma sull’aglio no: ci deve essere, punto. E ancora: il sugo di noci che serve a condire i pansoti non va fatto con la panna. C’è chi ce la mette perché non sa amalgamare la salsa usando mollica di pane e latte, ma sono problemi suoi, non certo del genovese.
2) Non esiste la focaccia genovese, esiste la esiste la fügassa
È una regola aurea. Inoltre, non è pane basso o roba alla romana o pizza bianca. No, è focaccia, punto, e la focaccia non la spieghi, vai a Genova, la compri e la metti a tavola. Se non la prendi a Genova, quasi sicuramente la chiamano focaccia ma è un’altra cosa.
3) “Volta la carta” e usa la variante: il genovese con le seppie sta sempre bene
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E poi ci sono i secondi: e allora puoi provare con cimma e cappon magro, ovvero l’arte di impelagarsi in qualcosa di più grande di te. Il genovese, quello che apre la bocca poco anche per scandire una A, non sarà contento di una cima e di un cappon magro fatto non solo da un non genovese, ma anche da un genovese privo di qualche generazione genovese alle spalle. Lascia perdere, davvero, è un ginepraio. Meglio metter su la canzone di De Andrè, che non si mangia ma il genovese gode lo stesso. Se proprio sei un drago a fare la cima e il cappon magro, allora per la prima c’è la variante con dentro le seppie: non piace a tutti e per qualcuno è roba ardita, ma il genovese con le seppie sta bene.
4) Le tomaxelle: involtini di carne?
È’ un’istituzione più abbordabile di cima e cappon magro, anche perché in realtà le nuove generazioni di genovesi spesso restano a bocca aperta davanti a questo nome, guardando chi lo pronuncia come se stesse assistendo a un summit sulle varianti fonetiche del kazako. Involtini di carne? Sì, ma cerca una ricetta tradizionale per fare felice il genovese. Ti ringrazierà e farai la figura di chi si è informato davvero per accontentare il commensale. E le verdure? A profusione, lì non sbagli: torta pasqualinn-a (torta pasqualina), porpetton de faxolin (polpettone di fagiolini), pin (verdure ripiene) di ogni tipo. Persino patate e fagiolini nella pasta col pesto. Perché insomma, il ligure si arrangia con quel che ha, retaggio di un passato mica troppo lontano.
5) Gianchetti olio e limone
Infine, i gianchetti (bianchetti): il novellame, da mangiare buttato in acqua bollente e tirato via subito, poi condito con olio e limone, oppure usato per produrre una consistente frittata. La nota dolente: se nel frattempo non è cambiato qualcosa, pescare i bianchetti è vietato. Ma al genovese il contrabbando piace. E poi il porto è da sempre regno di traffici e regole a sé che neanche la rivoluzione francese. Guarda dunque “Le mura di malapaga” con Jean Gabin, e se poi hai un amico che ti procura i bianchetti è fatta.
E voi, avete ulteriori dritte da suggerirci per invitare a cena un genovese?
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