La ristorazione sociosanitaria in Italia

Ristorazione Sanitaria Convegno ad Expo

Su cosa si basa il benessere di una società efficiente? Sulla qualità dei servizi e una gestione sapiente dei beni. Così,  almeno, dovrebbe essere in tutte le società che puntano al benessere della comunità piuttosto che agli interessi dei singoli. E così dovrebbe essere in tutti i settori della vita pubblica, a cominciare proprio da quello sanitario.

Questa è l’idea condivisa da relatori e pubblico intervenuto alla tavola rotonda organizzata il 29 settembre da Cir food a Expo-  La ristorazione sociosanitaria 2.0: nuovi servizi per un equilibrio tra esigenze e costi: pare essere però anche opinione comune che  queste premesse siano molto lontane dalla realtà che, in Italia, sia ancora molta la strada da fare nella ristorazione sociosanitaria.

Se sul tavolo degli imputati troviamo la spending review e i famigerati tagli lineari del 5%, la più grossa criticità  pare essere comunque l’incapacità generale di  rileggere il sistema, anche alla luce dei profondi cambiamenti sociosanitari,  in atto e futuribili. Riqualificazione della spesa, identificazione di modelli di qualità efficiente, linee guida trasferibili e applicabili a realtà simili, dialogo tra fornitori e fruitori dei servizi: sono questi gli strumenti che gli esperti identificano per raggiungere l’obiettivo di una sanità qualificata.

 

Il valore di un settore strategico

Come ha evidenziato  Salvatore Gioia – Presidente Associazione Lombarda Economi e Provveditori  della Sanità – se il settore della ristorazione sanitaria è un settore strategico perché è sui servizi di natura alberghiera – come venivano definiti un tempo – che si fonda gran parte della qualità delle cure, allora è evidente come esso debba essere preservato e sviluppato, in quanto asset importante, fondamentale per il Paese.  I dati numerici del settore socio sanitario ne evidenziano il valore, il patrimonio: non solo in termini di dimensioni del mercato (la ristorazione sociosanitaria valeva € 1.245,90 mln nel 2014) ma anche di risorse umane, di addetti (1.184.000 tra settore pubblico e privato).

I numerosi provvedimenti dei Governi che si sono succeduti tra il 2012 e il 2013, in nome del risparmio, hanno indotto le amministrazioni ospedaliere ad applicare tagli drastici, a partire da una consistente riduzione delle giornate di degenza (5.200.000 negli ultimi due anni), fino all’abbattimento del costo dei pasti, il cui numero  nel triennio 2011-2014 si è ridotto di circa 15 milioni di unità.

 

Le proposte degli operatori

“Parlando di spending review e di tagli del 5%”, sostiene Sandra Zuzzi – Presidente FARE – Federazione delle Associazioni Regionali Economi e Provveditori della Sanità – “credo che lo strumento che la legislazione ha messo in campo, sia uno strumento abbastanza grossolano”. La Zuzzi sottolinea infatti come lo spirito della spending review non dovesse essere il taglio lineare delle risorse bensì una revisione critica di ciò che fino ad oggi è stato fatto, tesa a verificare la sostenibilità o meno dei livelli qualitativi ambiti del servizio. E’ quindi un cambiamento di prospettiva, di mentalità, quello auspicato: e non solo sui servizi ma su tutti gli aspetti del sistema sanitario.

Lucio Lucchin – Past President Associazione di  Dietetica e Nutrizione Clinica ADI- ribadisce come il compito della ristorazione ospedaliera sia quello di nutrire e non di “dar da mangiare” ai degenti. Nella Gazzetta Ufficiale 125 del 31 maggio 1995, che è il documento che costituisce la carta dei servizi pubblici sanitari, sono indicati i diritti del paziente ricoverato: il degente ha diritto di ricevere un pasto igienico e consono al suo stato di salute.  Quello che in molti paesi europei è considerato un momento educativo, un’occasione di trasmettere messaggi di educazione sanitaria -la degenza ospedaliera appunto – in Italia non è concepito come tale. Tutt’altro: eccetto che per i diabetici, non vengono fornite diete su misura per casi e patologie specifiche. La prima considerazione è quella relativa al costo medio per un pasto completo di una giornata  che si dovrebbe aggirare intorno a 16 Euro: sotto questa cifra è praticamente impossibile offrire un buon livello qualitativo di ristorazione. La seconda considerazione è quella relativa alla possibilità di studiare diete speciali in ospedali campione e proporle poi alle altre strutture secondo un modello di scalarità e best practice. “Non bisogna infine dimenticare” ha concluso Lucchin “che la nutrizione è una terapia e che la malnutrizione è una piaga per la salute dei pazienti. In questo senso, la ristorazione ospedaliera è un servizio strategico.”

E’ sul tema della riqualificazione della spesa che verte l’intervento di Anna Fiorenza – Consulente MEF – Ministero dell’Economia e delle Finanze: non è solo riduzione dei costi, dei dispositivi medici oppure dei farmaci, ma è riorganizzazione di tutto il sistema sanitario. La scelta dei tagli lineari è evidentemente una scelta irrazionale e non positiva, peraltro diversamente applicata dalle diverse regioni d’Italia. La riqualificazione della spesa potrebbe in sintesi andare nella direzione del trasferimento di modelli di qualità efficiente da una regione all’altra, generando così dei risparmi di sistema e una riqualificazione del servizio: l’obiettivo è quello di predisporre delle linee guida. Fornitori e fruitori del servizio, secondo Anna Fiorenza, sono soggetti che devono assolutamente dialogare per riuscire a definire i maggiori livelli di qualità al costo ottimale ovvero un servizio efficace ed efficiente ad una cifra adeguata.

 

L’importanza delle imprese fornitrici

Un concetto tra l’altro pienamente condiviso e avvalorato da Gianluca Biglino -– Direttore Commerciale segmento Ristorazione sanitaria CIR food, che nel convegno ha rappresentato  la voce delle imprese fornitrici:  “E’ il confronto tra imprese e committenza che manca” – sostiene– “sui contenuti dei bandi di gara, sulla definizione dei criteri per una corretta valutazione del rapporto qualità-prezzo”. La collaborazione fra imprese e committenza serve infatti ad individuare come debba nascere il servizio migliore, basato su principi di sicurezza e funzionalità. “Vorrei ricordare anche” ha aggiunto Biglino “che nel costo della giornata di degenza nelle strutture pubbliche il servizio di ristorazione incide per l’1,5%. Se la nutrizione è parte della terapia, crediamo sia rischioso e inopportuno tagliare questo servizio, che rappresenta un elemento molto importante nella cura dei degenti”.

Secondo Davide Croce – Direttore CREMS Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale – Università Carlo Cattaneo – LIUC ,la schizofrenia del sistema sanitario italiano è imputabile al fatto che il sistema  stesso è tarato sulle esigenze del professionista, cioè di chi ci lavora dentro e non dell’utente, del paziente.  Non tagliare la spesa afferma,  bensì  coniare coniugare costi e qualità ed economie di scala. Chiaramente , avendo a che fare anche con piccole e medie imprese, sarà necessario effettuare più verifiche di qualità per premiare gli erogatori, rendere più flessibili gli appalti, promuovere l’immagine delle aziende coinvolte. “Come operatori dobbiamo prendere coscienza anche di questo, e tutti i giorni cercare di far passare i messaggi giusti, focalizzarci sulla realtà. Serve una mano anche dai politici, abbiamo la possibilità di rileggere questa situazione insieme”.

 

Per leggere gli interventi dei relatori, scarica il pdf e consulta l’abstract del convegno.

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