Padiglioni di Expo: quanto sono sostenibili?

Expo Arhitettura

I nostri viaggi tematici continuano con l’architettura. Per l’Expo sono stati costruiti 96 edifici completamente diversi fra loro, ciascuno dei quali esprime nella forma, nella struttura e nell’impianto ingegneristico un’idea di sostenibilità e di aderenza ai temi dell’Esposizione milanese.

Expo: architettura sostenibile e ingegneria all’avanguardia

Ai designer e architetti partecipanti – fra cui alcuni nomi eccellenti come Daniel Libeskind (Padiglione Vanke), Norman Foster (Padiglione Emirati Arabi), Jacques Herzog (Padiglione Slow Food) e gli italiani Michele De Lucchi (Padiglioni Zero e Intesa San Paolo) e Italo Rota (Padiglione Kuwait) – è stato chiesto di seguire delle linee guida specifiche volte all’adozione di misure per limitare al massimo l’inquinamento, favorire il riciclo di materiali e l’utilizzo di energie rinnovabili, ottimizzare i consumi di luce e acqua e ridurre al minimo la produzione di rifiuti.

Una passeggiata sul Decumano non è dunque solo un viaggio affascinante nell’architettura contemporanea, ma anche un’occasione per scoprire tecniche e sistemi ingegneristici all’avanguardia, applicati all’edilizia all’insegna dell’eco-sostenibilità e del rispetto dell’ambiente.

 

Costruiti per essere smantellati?

Se è vero che la maggior parte di questi bellissimi – e costosi – edifici verrà smantellata al termine di Expo, per alcuni di essi è già previsto un progetto di riutilizzo: rimarranno in sito, ad esempio, Palazzo Italia, Padiglione Zero, Cascina Triulza e il Padiglione Coca-Cola, che diventerà un campo da basket, mentre saranno ricostruiti altrove il Padiglione Monaco, che verrà donato alla Croce Rossa in Burkina Faso, le torri del Padiglione Svizzera, destinate a diventare delle serre urbane, e il Padiglione degli Emirati Arabi, progettato per essere ricostruito ad Abu Dhabi in vista dell’Esposizione Internazionale 2020. Persino le 4.000 piastrelle rosse del Padiglione Vanke avranno una seconda vita, seppur individualmente, sotto forma di omaggi ai clienti del colosso del settore immobiliare cinese.

E poi, di tutte queste strutture architettoniche rimarranno le idee, lo scambio di esperienze e il confronto di competenze internazionali che un’occasione come Expo ha permesso di far confluire in un unico grande progetto. Basti pensare ai workshop realizzati presso il Politecnico di Milano o il ciclo di incontri con i progettisti dei padiglioni nazionali (self-built pavilions) organizzato dalla rivista “Interni” presso Expo Gate nei mesi precedenti all’inaugurazione.

 

Milano-Abu Dhabi. Verso Expo 2020 con Foster+Partners

In una bella e assolata giornata estiva, gli Emirati Arabi ‘offrono’ l’esperienza del loro clima arido già a partire dal lungo serpentone di coda a cui il visitatore è sottoposto prima di accedere al percorso vero e proprio. Meglio quindi affrontare la visita di mattina o verso il tramonto per non rischiare di boccheggiare fra le dune ricostruite lungo tutto il perimetro dell’edificio.

L’attesa offre comunque l’occasione di ammirare le pareti sinuose e ondulate alte 12 metri che, grazie all’alternanza di diverse tonalità di rosso e la particolare trama, si stagliano verso l’azzurro del cielo rievocando le increspature di sabbia del paesaggio desertico degli Emirati. All’interno, le facciate delineano un percorso di 140 metri, sinuoso e stretto come le stradine auto-ombreggianti di Masdar City, un complesso urbanistico avveniristico in via di realizzazione a pochi chilometri dalla capitale Abu Dhabi.

 

Padglione EAU uso sostenibile

 

Progettata dallo studio Foster + Partners (Millenium Bridge, 30 St Mary Axe “Gherkin”-Londra; Beijing Airport; Università degli Studi di Torino), Masdar rappresenterà un esempio di città sostenibile, a bassissimo impatto ambientale, in cui il traffico automobilistico sarà sostituito da un sistema di trasporto elettrico automatizzato senza conducente e il cui apporto di energia sarà completamente garantito da impianti fotovoltaici, eolici e termali.

Gli stessi principi etici sono stati adottati dallo studio londinese per il padiglione di Expo, pensato per poter essere in seguito smantellato e ricostruito proprio a Masdar City, in vista dell’Esposizione Universale del 2020.

Cuore del tracciato, disseminato di dispositivi di realtà aumentata che raccontano storia, cultura e tradizioni del Paese arabo, è la proiezione di un video di 8 minuti che, attraverso gli occhi di una bambina, racconta con orgoglio (a dir il vero a tratti pomposo e autocelebrante) le sfide che gli Emirati hanno dovuto affrontare nel corso di generazioni per trasformare un territorio desertico in un paese agricolo, ricco e produttivo.

 

Il drago rosso fuoco di Libeskind per Vanke

Su commissione del colosso del real estate cinese, Daniel Libeskind (One World Trade Center “Freedom Tower”-New York; CityLife-Milano) ha realizzato uno degli edifici più scenografici di Expo, una sorta di enorme coda di drago ricoperta da scaglie rosso fuoco che, come un’estensione del paesaggio circostante, si innalza a voluta a pochi passi dalle rive del Lake Arena.

 

Padiglione Vanke

 

Linee sinuose, geometrie fluide e proporzioni armoniose denotano la struttura, che trae ispirazione dai caratteristici paesaggi cinesi frutto dell’azione dell’uomo o della natura, come gli spettacolari terrazzamenti di riso della provincia dello Yunnan, ora patrimonio dell’UNESCO.

Il doppio percorso su passerelle, che attraversa gli spazi interni lungo una direttiva a spirale, conduce infine ad un giardino sopraelevato con vista sul lago e sui padiglioni circostanti.

Il guscio esterno è formato da 4.000 lastre rosse metallizzate realizzate da Casalgrande Padana, un’azienda emiliana specializzata in rivestimenti in porcellana e gres. Oltre a rievocare la pelle di un drago, il materiale utilizzato e la particolare disposizione delle piastrelle conferiscono all’involucro proprietà autopulenti (trattengono lo smog e riacquistano l’originale lucidità tramite l’azione della pioggia), rendendo l’intera struttura altamente ecosostenibile per quanto riguarda il consumo energetico.

La carica figurativa del progetto si concentra attorno ad un cardine della cultura cinese, lo shitang, la mensa comune intesa come luogo di interazione fra gli individui, spazio di incontro dall’alto valore sociale e simbolico. All’interno, i visitatori si trovano immersi in una foresta di canne di bambu, circondati da 200 schermi che proiettano in sincro scene di vita quotidiana legate alla condivisione del cibo in ambienti rurali e urbani.

 

Vanke interno

 

Oltre al Padiglione Vanke, Libeskind ha firmato per Expo anche le “ali” collocate ai lati di Piazza Italia. Composte da eliche in alluminio che si sviluppano a spirale, le quattro monumentali sculture volute da Siemens e Enel rappresentano, nelle parole dell’architetto americano, “le ali di un grande volatile e il volo della mente” che si accende nel suo viaggio fra arte e tecnologia.

I Padiglioni ispirati ai prodotti locali

Infine, non manca ad Expo architettura ispirataad un prodotto o un elemento tipico del paese che rappresenta:, dai ‘semi’ della Malesia, costruiti con il Glulam, un legno lamellare ricavato da materiale locale, alle vele delle imbarcazioni tradizionali kuwaitiane (Dhow), interpretate in chiave architettonica dallo studio di Italo Rota, dal Moon Jar, il tradizionale vaso di ceramica coreano che ricorda una luna piena, ai tipici Bubu e Lumbung dell’Indonesia, strumenti in giunco o bambù impiegati rispettivamente nella pesca e nel raccolto nei campi, dall’alveare gigante del Regno Unito, ideato sul modello delle arnie del Nottingham, ai fiori di loto del Vietnam, fino ai silos dell’Argentina e alle bucce delle pannocchie di mais che racchiudono il padiglione del Messico in un abbraccio multistrato.

Avreste mai pensato di trovare ad Expo architettura tanto all’avanguardia e, soprattutto, eco-compatibile?

 

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