Arancino o Arancina: sapete qual è il nome corretto?

arancino siciliano

Si fa presto a dire che, nella ricchissima proposta gastronomica siciliana, il re salato è lui, o lei: l’arancino, o forse l’arancina. Parliamo delle deliziose palle di riso ripieno, avvolte da una croccante panatura che si trovano in tutta l’isola. Se il giudizio sul sapore è unanime, non si può dire lo stesso del “genere”. Infatti, esiste una disputa lunga secoli a proposito dell’arancino siciliano: è corretto esprimersi al maschile come a Catania o al femminile come a Palermo?
Ogni siciliano ha la sua risposta, ma per mettere fine alla contesa, che ha coinvolto tutti gli amanti dello street food siculo compresa la fashion blogger Chiara Ferragni, è intervenuta addirittura l’Accademia della Crusca. Scopriamo la sua risposta e l’origine di questa delizia di cui, una volta assaggiata, non si può fare a meno.

Arancini o arancine?

arancini rosticceria

 

Sono secoli che la diatriba sul nome di questo piatto va avanti. Addirittura lo storico palermitano Gaetano Basile si è voluto esprimere a riguardo: a suo avviso, infatti, il nome della ricetta vuole richiamare un’altra ricchezza della regione, ovvero le arance. Non solo, dunque, si tratterebbe di un piatto intrinsecamente legato alla terra e alla cucina sicula, anche dal punto di vista morfologico, ma anche indiscutibilmente femminile, come del resto l’agrume a cui sembrano somigliare.

Difficile, in effetti, non farsi suggestionare dai punti in comune, dalla forma al colore dell’arancina una volta fritto e cotto, tuttavia la tesi di Basile non è stata sufficiente a convincere l’Associazione delle Due Sicilie che, invece, attinge ad un dizionario siciliano italiano opera del palermitano Giuseppe Biundi nel 1857: il riferimento in questo caso è tutto storico. È dimostrato da alcuni testi che al tempo del Regno delle Due Sicilie anche a Palermo si dicesse arancino, anzi “arancinu”. Solo più tardi il termine sarebbe stato storpiato al femminile, modifica che non ha attecchito nel catanese.

Sia Basile che Biundi, però, sono probabilmente troppo coinvolti nella diatriba per essere considerati attendibili per mettere un punto alla fine di questa vicenda. Per questo motivo nel 2016 è intervenuta addirittura l’Accademia della Crusca, depositaria e garante della correttezza della lingua italiana.

La risposta dell’Accademia della Crusca

Arancini di riso

La studiosa Stefania Iannizzotto, dunque, ha ricostruito l’origine linguistica e culinaria del timballo siciliano per capire qual è la soluzione corretta.

Quando si parla di arancino, dunque, il riferimento è al frutto dell’arancio al maschile: un passaggio storicamente naturale, tant’è che anche in altre regioni d’Italia si usa “arancio” per dire “arancia”, nel parlato dialettale. Il primo riferimento storico a questo lemma si trova nel Dizionario Moderno del Panzini nell’edizione del 1942 e, da allora, è stato ripreso in molti altri dizionari, è stata utilizzata dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali quando si fa riferimento ai Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani, ed è anche il modo in cui il commissario Montalbano chiama, in televisione e nei libri, queste delizie di riso.

La ricerca dell’Accademia della Crusca, però, non si esaurisce qui: infatti, il femminile viene percepito come più naturale e corretto in tutta la penisola, perché in italiano corrente è normale far riferimento al frutto di un albero al femminile; ad esempio la pesca come frutto del pesco, o la mela del melo, la pera del pero e via dicendo.

Volendo, dunque, arrivare al nodo della questione, la Iannizzotto in realtà risponde che si potrebbe sì concludere che “chi dice arancino italianizza il modello morfologico dialettale, mentre chi dice arancina non fa altro che riproporre il modello dell’italiano standard.” Con un colpo al cerchio e uno alla botte, l’Accademia della Crusca dunque fornisce una risposta che non scontenta nessuno e autorizza tutti a continuare a chiamare il “pasticcino di riso ripieno” a proprio piacimento, specificando che “il nome delle crocchette siciliane ha sia la forma femminile sia la forma maschile, determinata dall’uso diatopicamente differenziato”, ovvero si riconosce ufficialmente che nella Sicilia orientale la dicitura corretta è arancino, mentre in quella occidentale arancina.

arancini vegani

Arancinie: una possibile soluzione?

C’è anche chi, però, ha pensato ad una soluzione creativa come lo chef ed imprenditore catanese Andrea Graziano. Proprio nel giorno di Santa Lucia quando in tutta la Sicilia si mangiano panelle, cuccia e arancine/o, ha deciso di proporre un piatto tutto nuovo, le “arancinie”. Di fatto, si tratta di una combinazione di due arancini a punta preparati con sarde e finocchietto e due arancine tonde “alla norma” con melanzane fritte, ricotta, pomodoro e basilico. Che questo piatto ben rappresenti le anime e il gusto della sicilianità è sicuramente vero, ma se questa commistione sia davvero gradita lo si può chiedere solo a chi ha avuto la fortuna di assaggiarlo.

L’origine dell’arancino siciliano

 

Arancini di Riso

 

Veniamo, dunque, però all’origine dell’arancino siciliano che sarebbe un piatto di derivazione araba, figlio di quel rapporto stretto che intercorre tra cibo e migrazioni. Nasce, infatti, nel periodo della dominazione saracena in Sicilia, quando durante i banchetti esisteva l’abitudine di disporre al centro della tavola un ricco vassoio di riso aromatizzato allo zafferano, condito con verdure e carne. La prima versione dell’arancino, quindi, è quella di una semplice palla di riso da gustare a piene mani e privo del pomodoro che, all’epoca, doveva ancora essere importato dalle Americhe.

Inoltre, come racconta Giambonino da Cremona nel “Liber de ferculis” era abbastanza comune tra IX e XI secolo, che tutte le polpette tondeggianti prendessero il nome dal frutto che ricordavano: in Sicilia, con una deliziosa palla di riso condito in mano era davvero impossibile, dunque, non pensare subito alle arance di cui questa terra è sempre stata molto ricca.

L’idea, poi, di dare a questa deliziosa ricetta una nota di croccantezza e la classica forma tondeggiante, sembra che derivi da un’esigenza pratica e regale: si racconta che il sovrano Federico II amasse a tal punto questo piatto, da volerselo portare dietro durante le battute di caccia. È a questo punto che qualche scaltro cuoco inventò la fragrante panatura dell’arancino, ideale per rendere trasportabile quel delizioso timballo di riso!

E se, come conferma la Crusca, nel resto d’Italia siamo liberi di chiamare questo piatto arancino o arancina, attenzione se volete invitare a cena un catanese, usare il femminile potrebbe costarvi caro! Lo sapevate?

 

Articolo scritto insieme a Deborah Ascolese.

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