Ho letto con interesse l’articolo di Federico Del Prete sul fatturato annuo delle agromafie in Italia, e rincaro la dose. Nel settore in cui opero, la ristorazione collettiva e commerciale, ho l’impressione di poter lavorare solo sul 50 per cento del mercato, perché l’altra metà è in mano alla criminalità organizzata, alla corruzione, al lavoro nero, all’evasione fiscale. A chi vuole lavorare nella legalità non resta che farlo in nicchie di mercato.
Ma immagino non sia esclusivamente un problema del settore dell’agro-alimentare, e questo la dice lunga sulla vera palla al piede dell’Italia: l’illegalità. Problema morale dei singoli individui? No. Io penso che sia anche un problema di leggi e comportamenti delle classi dirigenti.
Un esempio: tutti sanno e capiscono che le gare al massimo ribasso sono un’ autostrada per la criminalità organizzata. Eppure, si continuano a fare.
Io so ma non ho le prove, scriveva Pasolini 40 anni fa a proposito delle stragi di Stato.
Anch’io so di questa strage degli onesti, ma non ho prove sufficienti a mia disposizione.
Ce ne arrivano però ogni giorno quando leggiamo dei casi di corruzione, quando giovani giornalisti coraggiosi come i ragazzi dell’associazione di Cortocircuito di Reggio Emilia fanno inchieste, quando si leggono articoli come quelli di Federico Del Prete, quando don Ciotti porta in piazza decine di migliaia di persone contro la mafia. Ma poi, tutto continua come prima.
Solo qualcuno, fra chi ha potere, si alza e compie un atto concreto.