Una delle più grandi aziende italiane si chiama Agromafia

Rapporto Agromafia

Quasi sedici miliardi di euro. Il fatturato di un grande gruppo bancario, come Intesa San Paolo. O quello di un colosso dell’industria come Finmeccanica. Ma una delle più grandi aziende italiane non ha un nome: agisce nell’ombra, ignora e aggira le leggi, contamina e distrugge uno dei patrimoni più ricchi del nostro paese. Sedici miliardi di euro è stato nel 2014 il giro di affari delle cosiddette agromafie, le attività illecite che riguardano la produzione e il commercio del settore agroalimentare gestite dalla criminalità organizzata. A fare i conti, impressionanti, è l’ultimo rapporto agromafie Coldiretti-Eurispes.

I numeri dell'agromafia

Il rapporto agromafie Coldiretti-Eurispes

Mafia, ‘ndrangheta e camorra negli ultimi anni hanno visto crescere il proprio business di circa due miliardi di euro, nonostante l’impegno, certificato dai numeri, delle forze dell’ordine. Un segno più del 10%, dovuto soprattutto al terreno fertile in cui si trovano ad operare: le cosche sono in grado di controllare non solo i cicli di produzione e distribuzione, ma ormai hanno imparato a giocare di sponda con le banche e il mercato, interagendo con marchi importanti e cercando di imporre i propri modelli di consumo.

 

Agromafia: il modo più sicuro per ripulire il ‘denaro sporco’

Un vero e proprio salto di qualità, insomma. “Le mafie continuano ad agire sui territori di origine, perché è attraverso il controllo del territorio che si producono ricchezza, alleanze, consenso”, scrive Gian Carlo Caselli, ex procuratore a Palermo e Torino, nell’introduzione del rapporto. Le agromafie servono a ripulire il denaro sporco e anche al suo opposto, il money dirtying, ovvero l’immissione di capitali puliti in circuiti illegali: la crisi spaventa gli investitori che finiscono per trovare più sicuro e vantaggioso rivolgersi a settori ai margini della legge.

Agromafia, riciclo di denaro

Combattere l’agromafia: serve la spinta della politica

Ristoranti, prodotti contraffatti, rifiuti tossici interrati, contaminazioni dei territori, la gestione dei mercati all’ingrosso, il caporalato, il racket, persino i km zero e i gruppi di acquisto solidale: stando all’ultimo rapporto agromafie Coldiretti-Eurispes, niente sembra essere immune da questo fenomeno, anche se l’attività di contrasto negli ultimi anni è stata importante.
La progressiva presa di coscienza del problema ha consegnato alle forze dell’ordine strumenti di combattimento e conoscenze più sofisticate: “Siamo in una fase di scouting, ma i risultati sono signficativi”, spiega Caselli. Un’azione a cui però serve una spinta in più, quella della politica, cronicamente in ritardo anche in questo ambito: “buone leggi” e “un’organica azione di contrasto, una volta chiarite le rispettive competenze”. La ricetta minima per provare a combattere un fenomeno di tali dimensioni.

 

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