I ravioli del Plin: un’icona della cucina piemontese

Piatto di ravioli del plin in brodo
I ravioli del Plin, simbolo piemontese, sono piccoli scrigni di gusto artigianale, perfetti per ogni occasione, legati a storia e tradizione locali.

I ravioli del Plin sono senza alcun dubbio sinonimo di festa oltre che essere uno dei piatti più rappresentativi del Piemonte. Un piccolo gioiello gastronomico che unisce sapori intensi, ingredienti locali e una lavorazione artigianale tramandata da generazioni.  

Questi piccoli scrigni di gusto hanno conquistato il palato di chiunque li abbia provati, grazie alla loro delicatezza e alla loro versatilità. Perfetti per occasioni speciali, ma anche per un pranzo in famiglia, i ravioli del Plin racchiudono un legame profondo con la storia e la tradizione di questa regione.  

Ma cosa li rende così unici? Come vengono preparati? E, soprattutto, perché si chiamano Plin?  

L’origine del nome e il gesto del “Plin”

Ravioli del plin fatti in casa
Framarzo/shutterstock

Il termine Plin proviene dal dialetto piemontese e significa pizzicotto. Questo nome curioso deriva proprio dal gesto che caratterizza la preparazione di questi ravioli. Una volta farcita la sfoglia con il ripieno, la pasta viene chiusa pizzicandola delicatamente con le dita per sigillare ogni raviolo. Questo metodo non solo assicura che il ripieno rimanga ben custodito durante la cottura, ma dona anche ai ravioli la loro forma caratteristica. 

La tecnica del Plin ha origini antiche e riflette l’attenzione e la manualità delle famiglie piemontesi, che trasformavano ingredienti semplici in capolavori culinari. Ogni pizzicotto è un piccolo gesto d’amore, un tocco che unisce il passato al presente, mantenendo viva una tradizione.  

Ma oltre al nome, è il ripieno a fare la differenza: quali ingredienti sono alla base dei ravioli del Plin? 

Ripieno e sfoglia: i segreti della tradizione 

Il classico ripieno dei ravioli del Plin è un concentrato di sapori locali. Le carni arrosto, come vitello, maiale e coniglio, vengono sapientemente miscelate con verdure fresche, spesso spinaci o bietole, Parmigiano Reggiano grattugiato e una spolverata di noce moscata per un tocco aromatico. Ogni famiglia piemontese ha la sua variante, custodita gelosamente e tramandata di generazione in generazione. 

La sfoglia, preparata con uova e farina, deve essere sottilissima e resistente. Questo equilibrio richiede esperienza e precisione, poiché una sfoglia troppo spessa comprometterebbe la delicatezza del raviolo, mentre una pasta troppo sottile rischierebbe di rompersi in cottura. Svolgere questa ricetta è un’arte che richiede tempo e dedizione, un’abilità che le nonne piemontesi hanno perfezionato con il passare degli anni.  

Ma una volta pronti, come si servono questi piccoli capolavori? 

Condimenti e varianti, ecco come esaltare i ravioli del Plin 

Ravioli del plin fatti in casa
Paolo Bernardotti Studio/shutterstock

I ravioli del Plin sono straordinariamente versatili e possono essere gustati in diversi modi. Una delle preparazioni più antiche e curiose è quella “al tovagliolo”. In questa versione, i ravioli vengono scolati e serviti asciutti su un tovagliolo pulito, senza condimenti. Questo metodo, oggi meno diffuso, esalta il sapore puro del ripieno e della sfoglia, invitando chi li gusta a concentrarsi sulla loro essenza. 

Un’altra preparazione classica è quella con burro fuso e salvia. Questo condimento semplice e aromatico avvolge i ravioli, sottolineando la ricchezza del ripieno senza sovrastarlo. Per chi cerca un gusto più intenso, il sugo d’arrosto è la scelta perfetta. Questo condimento, ottenuto dai fondi di cottura delle carni, si lega ai ravioli del Plin in un connubio di sapori che racconta la cucina piemontese nella sua forma più autentica. Durante l’inverno si possono gustare anche con dell’ottimo brodo. 

I ravioli del Plin sono un piatto carico di storia; una preparazione talmente iconica da entrare di diritto nella lista delle paste ripiene della nostra Penisola. Ogni pizzicotto, ogni ripieno e ogni condimento è un omaggio alla cultura piemontese, un’eredità culinaria che continua a conquistare generazioni. Prepararli, gustarli e condividerli significa partecipare a un rituale che unisce passato e presente.  

E tu li hai mai assaggiati? Qual è il tuo modo preferito di gustarli?

 

Immagine in evidenza di: Framarzo/shutterstock

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