La cucina del Lazio: un viaggio tra tradizione e piatti gustosi

Coda alla vaccinara
La cucina laziale unisce tradizione e sapori, dai celebri piatti romani alle specialità rustiche reatine e i sapori delicati della costa.

 

La cucina del Lazio è un affascinante intreccio di sapori e tradizioni, dove ogni piatto racconta secoli di storia e un legame profondo con la terra. Dalla ricchezza della cucina romana, le cui specialità hanno varcato i confini diventando popolari in tutto il mondo, alle specialità rustiche delle campagne reatine, fino alle delicatezze della costa laziale. Oggi vi accompagneremo in un viaggio gastronomico per scoprire cosa mangiare nel Lazio.

Primi piatti: i grandi classici romani 

Piatto di amatriciana
Alessio Orru/shutterstock

Iniziamo il nostro viaggio dai primi piatti della capitale, dove la carbonara occupa un posto speciale. La sua cremosità, ottenuta con tuorlo d’uovo, pecorino romano e guanciale, è il risultato di una combinazione sapiente e delicata. L’amatriciana, che prende il nome dal borgo di Amatrice, è invece realizzata con guanciale, pomodoro e pecorino. Infine, la gricia, una sorta di amatriciana “in bianco,” che risale a tempi ancora più antichi, quando i pomodori non erano ancora entrati nella cucina locale.

Un altro capolavoro della tradizione romana è la cacio e pepe, che rappresenta l’essenza della cucina povera: pochi ingredienti, come pasta, pecorino e pepe nero, si trasformano in un piatto irresistibile grazie all’abilità e alla passione con cui vengono preparati. Anche gli gnocchi alla romana meritano una menzione speciale: fatti con semolino, burro e parmigiano, questi dischi morbidi e gratinati al forno sono un comfort food per eccellenza, ideale per riscaldare le fredde serate invernali.

I piatti della tradizione contadina

pappardelle al ragù di cinghiale
SYED IBAD RM/shutterstock

Nel viterbese, invece, troviamo l’acquacotta, una zuppa originariamente consumata dai pastori e dai contadini. Questa ricetta, che varia a seconda del luogo, è arricchita con verdure di stagione, pane raffermo e, in alcune versioni, anche con le uova. Restando in tema, la zuppa di farro e legumi, tipica soprattutto dell’area reatina, si distingue per l’uso di ingredienti semplici ma nutrienti. 

I lombrichelli (o umbrichelli), invece, sono una pasta fatta a mano, simile a spaghettoni grossi e spessi. Di solito conditi con sughi semplici a base di pomodoro e aglio, possono anche essere arricchiti con il ragù di cinghiale, un condimento che richiama la tradizione della Tuscia.

Nell’area reatina troviamo poi gli stracci di Antrodoco: una sorta di crepes ripiene di carne e formaggio, poi arrotolate e cotte al forno, spesso servite durante festività o occasioni speciali. Questo piatto è un esempio della creatività della cucina contadina, capace di valorizzare anche i tagli meno pregiati.

Tra i primi legati alla tradizione delle campagne romane spiccano le fettuccine con rigaglie di pollo, un piatto robusto e saporito. Le interiora di pollo, cotte con vino bianco e pomodoro, danno vita a un condimento ricco e avvolgente che si sposa perfettamente con la pasta fresca.

Infine, i maltagliati con fagioli, diffusi in molte aree del Lazio rurale, raccontano la storia della cucina di recupero. Questa pasta irregolare, ottenuta dai ritagli di sfoglia fresca, viene cotta nella minestra di fagioli, creando un piatto rustico, nutriente e ideale per riscaldare le giornate più fredde.

I sapori della costa

Spostandoci verso la costa laziale, troviamo gli spaghetti con telline: pescate lungo le coste sabbiose del litorale, vengono saltate in padella con aglio, olio, prezzemolo e un tocco di peperoncino, e creano un condimento dal sapore intenso ma delicato, perfetto per valorizzare la freschezza del pescato locale. Un altro piatto simbolo della tradizione marinara sono gli spaghetti alle vongole veraci, preparati con un condimento simile, ma che aggiungono una nota ancora più corposa grazie alle vongole raccolte lungo il litorale laziale.

Tra carne e mare: ecco i secondi piatti laziali

trippa alla romana
AS Foodstudio/shutterstocl

Passando ai secondi piatti, la coda alla vaccinara è un vero e proprio omaggio alla cucina del Rione Regola, uno dei quartieri storici di Roma situato lungo il Tevere, un tempo abitato dai vaccinari, i macellai specializzati nella lavorazione della carne bovina. Nelle botteghe e nelle osterie di questa zona nacque questa ricetta, che trasformava gli scarti della carne in un piatto ricco e saporito. 

Tra le pietanze più iconiche spicca la trippa alla romana, cotta lentamente in un sugo di pomodoro, e insaporita con menta romana e pecorino. Un altro classico della cucina capitolina è il pollo con i peperoni, un secondo tipico delle tavolate domenicali e delle feste popolari.

 

L’abbacchio è un altro protagonista indiscusso della cucina laziale, declinato in diverse varianti, che raccontano le tradizioni delle varie aree della regione. A Roma, la versione alla scottadito è il simbolo delle festività pasquali: le costolette di agnello vengono cotte alla griglia e servite caldissime, condite con rosmarino, limone e sale, da gustare immediatamente, tanto da scottarsi le dita. Nella Tuscia, invece, questa carne viene spesso cotta in casseruola con patate e olive, un piatto rustico che combina la tenerezza della carne ai profumi intensi delle olive locali. Nella Ciociaria, spiccano due declinazioni: l’abbacchio brodettato, insaporito con rosmarino, aceto e uova che formano una salsa cremosa, e la versione con piselli e uova, perfetta per esaltare i sapori primaverili. Un po’ in tutta la regione si trova spesso l’agnello fritto, in cui le costolette vengono impanate e dorate in olio bollente.

Un’altra specialità delle aree rurali è la coratella, preparata con le interiora dell’agnello, cotte lentamente con carciofi, cipolla e vino bianco. Diffuso soprattutto nel periodo pasquale, questo piatto rappresenta al meglio la tradizione della cucina di recupero, che valorizza ogni parte dell’animale trasformandola in una pietanza ricca di sapore.

La pecora alla callara, invece, è una ricetta radicata nella tradizione pastorale della Ciociaria. Le sue origini risalgono alla transumanza, quando i pastori cucinavano la carne di pecora in grandi pentole, chiamate “callare”, con acqua, pomodoro, alloro, rosmarino e cipolle. La lunga cottura rende la carne estremamente tenera, mentre il brodo, ricco di sapori intensi e profumati, è ideale da gustare con fette di pane casereccio.

Spostandoci nella Tuscia, troviamo piatti che celebrano i sapori decisi e selvatici del territorio. La carne di cinghiale, per esempio, è un ingrediente principe delle ricette locali: viene marinata con vino, erbe aromatiche e spezie, poi stufata in un sugo di pomodoro impreziosito da olive e capperi. Questo piatto, tipico delle aree boschive e collinari, rappresenta un secondo robusto e saporito. 

coniglio alla cacciatora
OlgaBombologna/shutterstock

Nel viterbese, invece, è molto diffuso il coniglio alla cacciatora, qui la carne viene rosolata con aglio e rosmarino, sfumata con vino bianco e poi cotta lentamente in un sugo arricchito con pomodori e olive, spesso della varietà locale. Anche il pollo alla cacciatora è una variante amata in tutto il Lazio, cucinato lentamente per esaltare i profumi del sugo, che avvolge la carne. 

Nel frusinate, invece, spiccano piatti come le salsicce con broccoletti, un connubio tanto semplice quanto amato. Le salsicce, speziate e saporite, vengono abbinate ai broccoletti cotti in padella con aglio, olio e peperoncino, dando vita a un piatto che incarna perfettamente l’essenza della cucina contadina.

Non solo carne: i secondi di mare 

Spostandoci verso il mare, incontriamo le delizie della costa laziale, come la tiella di Gaeta, una sorta di torta rustica ripiena di polpo, calamari o verdure, racchiusa in un guscio di pasta di pane. Nata come pasto per i pescatori che la portavano in barca per i lunghi viaggi, è oggi una prelibatezza amatissima, apprezzata da gustare sia passeggiando sul lungomare che nelle trattorie locali. Oltre alla versione con ripieno di mare, ne esiste anche una variante vegetariana, farcita con verdure di stagione come scarola, bietole o zucchine, spesso arricchite con olive di Gaeta e capperi. 

Il Lazio costiero offre anche uno dei grandi classici del Mediterraneo: il fritto misto di pesce. Le fritture qui si distinguono per la loro leggerezza e croccantezza, frutto del pesce appena pescato: calamari, gamberi e piccoli pesci di paranza vengono infarinati con cura e fritti in olio bollente, sprigionando un aroma irresistibile.

Non mancano altre ricette a base di pesce, come il baccalà alla trasteverina, cotto con pomodori, olive e capperi, che unisce i sapori del mare a quelli della tradizione contadina. Ricco di gusto, è il protagonista ideale delle grandi tavolate domenicali e festive.

Verdure e sapori contadini

Pecorino romano
barmalini/shutterstock

Oltre ai secondi di carne e di pesce, i formaggi di pecora meritano un posto d’onore. Il pecorino romano, pur essendo ampiamente conosciuto anche fuori dal Lazio, è un ingrediente essenziale per molte delle ricette già citate. Nella Tuscia, il pecorino della Tolfa, dal sapore intenso e leggermente piccante, è perfetto da gustare con il miele o le confetture locali. Nel frusinate, invece, troviamo il pecorino ciociaro, caratterizzato da una stagionatura che gli conferisce un sapore deciso e aromatico. 

La tradizione laziale si riflette anche nei contorni, dove le verdure di stagione e le preparazioni semplici sono protagoniste. I carciofi alla giudìa, simbolo del ghetto ebraico di Roma, vengono fritti interi e si aprono come fiori durante la cottura, diventando croccanti all’esterno e morbidi e saporiti al cuore. A differenza dei carciofi alla romana, stufati lentamente con aglio, mentuccia e olio d’oliva, quelli alla giudìa si distinguono per la croccantezza ottenuta con la frittura. 

Un altro contorno tipico sono le puntarelle alla romana, germogli di catalogna tagliati sottili e immersi in acqua fredda per arricciarsi. Questi germogli vengono conditi con una salsa a base di acciughe, aglio e aceto, che bilancia la freschezza della verdura con il sapore intenso del condimento.

Non possiamo dimenticare la cicoria ripassata in padella, una preparazione diffusa in tutto il Lazio, ma particolarmente radicata nelle aree rurali. La cicoria, che cresce spontanea nei campi, viene prima lessata e poi saltata in padella con aglio, olio e peperoncino. Questo contorno, dal sapore leggermente amarognolo, accompagna spesso le carni e i secondi piatti della cucina laziale, esaltandone il gusto con la sua semplicità.

Nella zona dei Castelli Romani, sono diffusi anche i broccoletti, spesso cotti al vapore e conditi con un filo d’olio extravergine d’oliva. La loro consistenza morbida e il sapore delicato li rendono un accompagnamento ideale per arrosti e salsicce, valorizzandone il gusto.

Tra i contorni della tradizione laziale, spiccano anche le patate alla griglia o cotte al forno, spesso insaporite con rosmarino e aglio.  

Un’altra specialità sono le fave con guanciale, un piatto che celebra la primavera e il ritorno dei sapori freschi. Le fave fresche vengono stufate con cipolla e guanciale, danno vita a un contorno ricco e saporito che è un classico delle tavolate primaverili, soprattutto nella zona dei Castelli.

Infine, non possiamo dimenticare i peperoni ripieni alla romana, farciti con pane raffermo, capperi, olive e acciughe. Cotti al forno, diventano un contorno che, grazie alla ricchezza dei sapori, può trasformarsi in un secondo leggero.

Fritti e street food: gli sfizi della cucina laziale 

Fiori di zucca
romanadr/shutterstock

Se ci avviciniamo al mondo dei fritti e dello street food, ci imbattiamo in autentici capolavori della tradizione laziale. Tra questi spiccano i supplì al telefono, immancabili nelle rosticcerie e nelle pizzerie romane. Il loro curioso nome deriva dal filo di mozzarella che si allunga quando li si apre, ricordando i vecchi cavi telefonici. 

Un’altra specialità irresistibile sono i fiori di zucca farciti con mozzarella e alici, poi fritti in una pastella leggera che esalta il contrasto tra la dolcezza del fiore e la sapidità dell’acciuga. Nella Tuscia esiste una variante locale, arricchita con menta o altre erbe aromatiche che ne amplificano i profumi della campagna. Qui si possono trovare anche le frittelle di verdure di stagione, preparate con pastelle leggere e fragranti, che celebrano la varietà e la ricchezza dei prodotti del territorio.

Non possiamo dimenticare la mozzarella in carrozza, una golosità semplice ma deliziosa. Fette di mozzarella vengono avvolte in pane, impanate e fritte fino a diventare croccanti all’esterno e morbide all’interno. 

Spostandoci nel frusinate, troviamo la pizza scacciata, un impasto di pane farcito con verdure selvatiche come cicoria e borragine. In Sabina, invece, è molto apprezzata la pizz’onta, conosciuta anche come pizza fritta. Si tratta di una focaccia fritta e salata, spesso servita calda e accompagnata da un bicchiere di vino locale. 

Tradizione e dolcezza di fine pasto

maritozzo con la panna
bonchan/shutterstock

Infine, non possiamo dimenticare i dolci. Tra i più iconici troviamo il maritozzo con la panna, un panino soffice e leggermente dolce, farcito con una generosa dose di panna montata. Questo dolce, oggi spesso gustato a colazione insieme a un caffè, affonda le sue radici in tradizioni antiche e significative: veniva tradizionalmente preparato durante la Quaresima, e i giovani lo donavano alle loro future spose come simbolo d’amore. Il nome stesso, “maritozzo,” richiama infatti la figura del “maritino.”

Nella provincia di Rieti, il ciambellone reatino rappresenta un dolce rustico e genuino, arricchito con anice o uvetta. Perfetto per la colazione, si presta anche a essere inzuppato nel latte o nel vino, una tradizione che racconta l’autenticità delle tradizioni contadine locali. È un dolce semplice ma dal sapore intenso, che evoca la convivialità delle tavole familiari.

A Viterbo e nella Tuscia, il panpepato è un’altra delizia che affonda le sue radici nel passato medievale. Preparato con frutta secca, miele, cioccolato e un mix di spezie aromatiche, questo dolce è legato alle festività natalizie ed è un simbolo di prosperità e abbondanza. Ogni famiglia della zona custodisce la propria versione della ricetta, tramandata di generazione in generazione, con piccole variazioni che rendono ogni panpepato unico.

Spostandoci verso le isole pontine, a Ponza, troviamo la pigna, una ciambella dolce preparata durante la Settimana Santa, arricchita con semi di anice e frutta candita.

Per concludere il nostro viaggio gastronomico nel Lazio, non c’è nulla di meglio di un buon bicchiere di vino laziale, come il Frascati o il Bianco del Circeo, perfetto per accompagnare i piatti che abbiamo scoperto.

Tra tutti questi piatti, voi, quali preferite?

 

Immagine in evidenza di: Katrinshine/shutterstock

 

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