Torna l’appuntamento mensile con i nostri chef emergenti che con il loro sapere, la loro curiosità e un’innata passione per la cucina stanno conquistando il Bel Paese. In questo articolo ci tuffiamo nella bella Sicilia, a pochi passi dal mare, più precisamente a Cefalù (Palermo), per conoscere l’executive chef del Cala Luna, Dario Pandolfo.
La sua cucina è contemporanea, attenta alla sostenibilità e in totale sintonia con la natura che lo circonda, da cui Dario prende il buono e il cattivo tempo e ne ricava sempre piatti eccezionali. Siete curiosi di carpire il suo segreto?
Dario Pandolfo, executive chef del Cala Luna, Cefalù (Sicilia)
La cucina per Dario è una questione di DNA. Crescendo non ha mai avuto dubbi su cosa avrebbe fatto da grande: lo chef. Ha un sacco di ricordi in cucina, a 6/7 anni, con la famiglia nella trattoria dello zio, vicino a Milazzo (Messina), il suo paese d’origine. Classe 1991, siciliano doc, Dario Pandolfo, dopo il diploma all’alberghiero, vola a Colorno (Parma) per frequentare ALMA, la scuola di alta cucina fondata da Gualtiero Marchesi. Comincia da subito a formarsi lontano da casa perché “è solo viaggiando che inizi a conoscere il mondo e i suoi innumerevoli sapori”. Da qui parte la sua avventura negli hotel stellati: in principio approda al Terra (due stelle Michelin) a Sarentino, in Alto Adige, poi negli anni successivi, colleziona esperienze al Vila Joya (due stelle Michelin) in Portogallo, quindi una parentesi in Cina, e ancora nella squadra tre stelle Michelin del St. Hubertus a San Cassiano (Bolzano), in Val Badia, sotto la guida di Norbert Niederkofler. Fondamentale per Dario anche la lunga permanenza al Geranium di Copenaghen, miglior ristorante del mondo per The World’s 50 Best Restaurants 2022.
Il ritorno nella sua Sicilia alla guida del Cala Luna
Pandolfo approda un po’ per caso al Cala Luna. Tornato in Sicilia per una pausa estiva, sente scattare qualcosa: è la voglia di rivalsa, la necessità di farcela nella sua terra. Proprio qui gli viene affidato un progetto totalmente nuovo, il Cala Luna, che ha l’onore di guidare ormai da tre stagioni.
Il Cala Luna è un ristorante all’interno de Le Calette, un hotel storico del palermitano a conduzione familiare, nato nel 1969 come un tre stelle. Oggi Le Calette è un 5 stelle con 55 camere e ogni anno è in continua evoluzione. “Mi sono ritrovato nei valori di questa famiglia e mi sono innamorato del posto, anche per questo ho deciso di restare” – afferma Dario.
L’ABC della cucina di Chef Pandolfo
La cucina di chef Pandolfo è territoriale, come ama definirla. “Prima di accettare questo lavoro ammetto che da siciliano non conoscevo la Sicilia; ho sempre viaggiato tanto e conosciuto altri mondi, mettendo troppo spesso da parte il mio. Così, prima di iniziare, l’ho girata in lungo e in largo conoscendo persone straordinarie ed entrando in contatto con prodotti eccellenti, in un’area geografica ristretta ma preziosa”.
In Sicilia la carne e il pesce sono di altissima qualità e c’è biodiversità anche nella frutta e nella verdura. “La tropicalizzazione, oltre a colpire i mari, coinvolge anche il mondo ortofrutticolo, con i suoi pro e contro. Questo clima in realtà ci aiuta tantissimo: ormai è normale trovare in Sicilia frutti come mango, papaya e avocado. Con il Cala Luna stiamo anche collaborando con l’orto botanico di Palermo per il primo esperimento sul caffè: nel nostro ristorante, infatti, serviamo un caffè totalmente realizzato qui in Sicilia. E questo è possibile solo grazie alla tropicalizzazione”.
Dario va personalmente a selezionare i prodotti che andrà ad utilizzare nelle sue preparazioni. “Dobbiamo essere noi a seguire i bioritmi della natura. Bisogna prendere il buono e il cattivo tempo di quello che la natura ti offre, sfruttando quel prodotto nel suo periodo di massima stagionalità. Nella mia cucina utilizzo le tecniche apprese nelle mie varie esperienze ma le riporto in chiave siciliana. Cerco sempre di tenere a mente le tipicità del territorio: ricerco nei gusti l’agrodolce e l’acidità degli agrumi. Per poter essere sempre identificativi”.
Una cosa che gli dà gioia ancora oggi è vedere gli ospiti contenti a fine serata. “La scelta di proporre una cucina territoriale è anche questo: trasmettere la cultura di un luogo. Spesso mi chiedo, ad esempio, cosa si aspetta un newyorkese che arriva a Cefalù? Proviamo a raccontare un territorio a un pubblico internazionale. Sicuramente vorrà provare gusti e sapori che dalle sue parti non arrivano. Ecco perché andiamo a scoprire la ‘manna’, il primo zucchero usato dai contadini, un dolcificante naturale estratto dal frassino, l’albero, oppure altri micro prodotti che dall’altra parte del mondo non si trovano”.
Ma questa illuminazione da dove scaturisce? “Mi capita spesso di farmi ispirare da ciò che vedo nella quotidianità, e soprattutto dalla natura. Quando le intuizioni arrivano però l’importante è appuntarsele perché volano via in un attimo!” – scherza chef Pandolfo, che tratta con enorme rispetto l’ambiente, non solo la sua fonte principale di ispirazione ma anche un’eccellente materia prima per le sue composizioni.
Executive chef, come diventarlo: il suggerimento di Pandolfo alle nuove generazioni
Ai giovani che vogliono intraprendere la stessa carriera, chef Pandolfo consiglia di viaggiare, di stare fuori casa il più possibile. “Siate delle spugne, assorbite tutto ciò che vi circonda. Restate sempre il più appassionati possibile: questo è un mestiere che richiede molti sacrifici ma sa ripagare con gli interessi. Dalle esperienze si impara tantissimo, non si perde mai; anche in quelle che non vanno come vorresti c’è sempre qualcosa da apprendere o da vedere. Per me è stata fondamentale l’etica al lavoro che i miei maestri sono riusciti negli anni a tramandarmi”.
Oggi che effetto fa essere un caposquadra (executive chef) così giovane? “L’età non conta, contano l’esperienza e il valore che metti sul campo: preferisco avere in squadra una persona umile ed educata, che abbia voglia di assimilare rispetto a una pretenziosa che si sente già arrivata”. Fame di sapere e conoscenza sono fondamentali ma non si va da nessuna parte se a guidarle non c’è l’umiltà. Un bell’insegnamento da appuntarsi affinché non si dimentichi mai.
Ricetta carote, panna acida e finocchietto selvatico per una sfida al vegetale
Ogni artista che si rispetti possiede una vasta tavolozza da cui attingere per dare vita alla propria arte. Così anche Dario, che al posto dei colori sfoggia un mix di ingredienti naturali pronti a raccontare un territorio preciso: la Sicilia. “Uno dei piatti a cui attualmente sono più legato è la mia ricetta di carote, panna acida e finocchietto selvatico. Tempo fa avrei scelto una versione con la carne, ma oggi la sfida del futuro è il vegetale. Per noi cuochi il grado di difficoltà cresce, perciò aumenta anche il nostro entusiasmo”.
Dario Pandolfo ci propone così un piatto formato da soli 3 ingredienti: carote, panna e aceto di mele, dove dolcezza, grassezza, acidità e la parte balsamica confluiscono in un unico elemento. Perché il vegetale rappresenta la nuova sfida? “Come profondità di gusto la carne e il pesce ti possono portare a orizzonti diversificati e concentrazioni di sapore. Con il vegetale, invece, te li devi creare, e questo è più difficile. I testi scolastici su cui abbiamo studiato noi non trattavano questi piatti, perciò ci mancano le basi. Iniziare a lavorarci oggi ci porta a essere più stimolati nella ricerca di una proposta da realizzare con sole verdure”.
Ingredienti (per 6 persone)
Per l’olio al finocchietto selvatico:
- 150 gr finocchietto già pulito
- 250 gr olio di vinacciolo
Per la panna acida:
- 200 g di panna fresca
- 50 g di succo di limone
- 2 g di sale
- 1 g di xantana
Per il carpaccio di carote:
- 100 g di carote arancioni (spesse 2 mm)
- 100 g di succo di carote arancioni
- 100 g di carote gialle tagliate a rondelle (spesse 2 mm)
- 100 g di succo di carote gialle
- 100 g di carote viola tagliate a rondelle (spesse 2 mm)
- 100 g di succo di carote viola
Per il succo di carote e aceto di mele:
- 400 g di succo di carote
- 100 g di aceto di mele
- 5 g di sale
Procedimento
- Frullare per 7 minuti in un frullatore ad alti giri l’olio di vinacciolo con il finocchietto selvatico. Filtrare e conservare.
- Montare la panna fresca con gli altri ingredienti fino a quando sarà ben ferma. Inserire in una sac à poche.
- Cuocere le carote in leggero bollore nel loro stesso succo per qualche minuto, scolare ed abbattere in positivo.
- Su un piatto fondo creare una spirale con la panna, versare dell’olio al finocchietto selvatico e posizionare le carote alternando i colori formando un orologio. Terminare con dei fiocchi di sale.
- Al momento del servizio, versare il succo di carota e aceto di mela.
Il talentuoso Pandolfo si conferma così uno dei nuovi volti più apprezzati della cucina siciliana, capace di combinare la cucina contemporanea con la tradizione legata ai prodotti tipici del suo territorio. E voi, cosa vorreste assaggiare dei suoi piatti?
Immagine in evidenza di: Rossana Brancato