Coca de Sant Juan, dolce tipico di Alicante con frutta secca e canditi

Doni del mare, tesori della terra e dolci sorprese: cosa mangiare ad Alicante

Roberto Caravaggi
3 minuti

     

    Il mare, i divertimenti e le lunghe spiagge sabbiose della Costa Blanca sono già delle potenti attrazioni turistiche. Ma vi faremo scoprire che ci sono tanti altri buoni motivi per un viaggio ad Alicante: basterebbe già un giro nel vivace Mercado Central per accorgersi di un’offerta enogastronomica di tutto rispetto. Oltre al pesce fresco del Mar Mediterraneo, c’è una massiccia presenza di legumi e ortaggi coltivati nell’immediato entroterra. E c’è un’insospettabile produzione olearia e vinicola: sapevate, ad esempio, che Alicante è il nome di un vitigno diffuso anche in Italia? Per non parlare di mandorle e riso, che qui meritano un capitolo a parte. Curiosi di sapere perché?

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    Riso, paella e affini, ma anche tanto pesce (e un torrone IGP)

    Il riso è protagonista indiscusso della cucina tipica alicantina. Siamo, del resto, nella Comunitat Valenciana e l’influenza di Valencia, a circa un’ora di strada da Alicante, si fa sentire. Se però nella città capoluogo il piatto iconico è la paella valenciana, ad Alicante ci sono usi e costumi diversi. Oggi la proposta della maggior parte dei vari ristoranti, tapas bar e locali si è uniformata cercando di incontrare i gusti dei tanti turisti che l’affollano, soprattutto nella stagione estiva. Chi cerca una buona paella, soprattutto quella de mariscos, qui può certo trovarne e anche di ottima qualità. 

    La materia prima, del resto, non manca: tanto pesce fresco, com’è legittimo aspettarsi in una città portuale. Ma proprio la tradizione legata alla pesca è ispirazione di un piatto della tradizione come l’arroz a banda. E alle specialità ispirate dal mare, se ne aggiungono altre che arrivano dall’entroterra contadino, fino al dolce che sublima l’importanza di un frutto che proprio da queste parti ha trovato il suo habitat ideale. Stiamo parlando della mandorla e di un torrone che si è guadagnato la denominazione d’origine IGP. A questo punto direi che tutto è apparecchiato per scoprire insieme cosa mangiare ad Alicante.

    Turrón de Alicante IGP

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     Anche se il dolce si usa servirlo alla fine, in questo caso tocca fare al contrario per dare spazio all’unico prodotto a denominazione d’origine della città: il Turròn de Alicante IGP. I mandorli del resto sono molto presenti in tutta la provincia, con particolare riferimento alla vicina località di Jijona, dove hanno trovato un ambiente favorevole alla loro florida crescita. L’impulso decisivo a radicare la cultura del torrone è dovuto agli arabi, che l’hanno introdotto qui nel XVI secolo. Mandorle tostate delle varietà Valenciana, Mallorca, Marcona, Mollar e Planeta in misura non inferiore al 42%, zucchero, miele puro (almeno il 10% del totale), albume d’uovo e ostie: questi gli ingredienti ammessi dal disciplinare su cui vigila il Consejo Regulador de la IGP Jijona y Turrón de Alicante. Esistono due tipologie di Turròn de Alicante IGP: Suprema ed Extra. La differenza è nella concentrazione di mandorle: minimo il 60% per la prima, da 42% a 59% per la seconda. Cambia di conseguenza anche il gusto, col sentore tostato della mandorla che diventa più incisivo nella versione Suprema. Altra caratteristica è la consistenza particolarmente dura, che lo rende ostico al taglio, e il sottile strato d’ostia a coprire la superficie e ad ammorbidirne il primo approccio al palato. Commercializzato in mini porzioni rettangolari da 15 a 90 grammi, in lingotti fino a 700 grammi o anche in formato rotondeggiante, tipo torta, è un dolce tradizionalmente legato alle festività natalizie, ma ormai prodotto, consumato e dunque facilmente reperibile tutto l’anno.

    Arroz a banda

    Dicevamo in apertura dei piatti a base di riso. Il primo esempio è l’arroz a banda, dove “a banda” sta ad indicare che il riso è servito su un lato del piatto, come accompagnamento a qualcos’altro. E tradizione vuole che per “altro” si intenda un insieme di pesci di scoglio, peperoni e patate, insaporito da un intingolo d’aglio e olio. Il riso invece è cotto in un tegame simile a quello in uso per la paella e irrorato a più riprese con del brodo di pesce preparato a parte fino a completo assorbimento. In questo modo risulta quindi asciutto – senza quindi l’effetto-onda tipico del risotto – e saporito. L’origine di questa ricetta è legata ai pescatori alicantini, che utilizzavano il pescato di piccola taglia, soprattutto quello con poca polpa e tante spine e che più facilmente rimaneva invenduto, per preparare un pasto povero ma sostanzioso. Di fatto, un piatto di recupero, sulla falsariga di specialità nostrane come il ciuppìn ligure o il boreto alla graisana

    Arroz del senyoret

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    Letteralmente “riso del signorotto”, inteso come colui che può mangiarlo senza sporcarsi le mani. In pratica è una paella di mare, con la tecnica di cottura del riso nel classico tegame in ferro per renderlo sgranato e tostato, e un generoso condimento di pesce, molluschi e crostacei. Vi si possono trovare infatti seppie, calamari, cozze, ma anche pezzi di cernia e coda di rospo, oltre a gamberi e scampi: tutti rigorosamente sgusciati, spellati e privati del carapace.

    Arroz con costra

    Nonostante si sposi perfettamente coi sapori di mare, il riso è prodotto della cultura contadina, di cui si coglie solo qualche traccia in città ma che è ben presente e viva nell’immediato entroterra. E in cucina trova il suo ideale compendio nell’arroz con costra. Il riso è prima cotto insieme a vari tipi di salsiccia in pezzi, coniglio e zafferano, a conferire il tipico colore giallo, quindi viene cosparso in superficie con uova sbattute. Queste, dopo il passaggio in forno, creano una copertura croccante, sotto la quale i chicchi di riso restano sodi e compatti. È una sorta di timballo che nell’aspetto ricorda vagamente la tiella barese e che si usa servire in una terrina di terracotta.

    Chipirones

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    Col termine “chipirones” ci si riferisce ai calamari di piccola taglia, immancabili nei menù tanto dei tapas bar quanto dei ristoranti più d’atmosfera. In genere vengono proposti “a la plancha”, ovvero arrostiti in padella oppure grigliati, con una marinatura a base di aglio, olio e prezzemolo che dà una spinta di gusto esaltando al contempo l’effetto crosticina croccante sulla superficie esterna. Molto presenti sono anche i calamares a la romana: in questo caso si tratta dei classici calamari tagliati ad anello, infarinati e fritti in olio, che spesso vengono accompagnati dalla salsa aioli

    Pulpo a la brasa

    Un altro protagonista della proposta di pesce dei ristoranti alicantini è il polpo. La veste in cui è più spesso presentato prevede i soli tentacoli arrostiti in modo da ottenere, attraverso la reazione di Maillard, la parte esterna leggermente abbrustolita e croccante, mantenendo al contempo tenera la polpa interna. Nei locali di tapas ci si può imbattere nella brocheta de pulpo: nient’altro che uno spiedino con pezzi di polpo tagliati più piccoli e grigliati. Tra i piatti proposti, non è raro trovare infine il “pulpo a la gallega”, nonostante si tratti di una ricetta di tutt’altra estrazione geografica, ovvero la Galizia, regione a Nord-Ovest della Spagna. In questo caso il polpo è tagliato a rondelle, bollito e condito con olio, fiocchi di sale grosso, pepe e paprika.

    Tarongetes

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    Tra tanto pesce, ecco un piatto in cui trova espressione tutta l’anima contadina di Alicante.

    Le tarongetes sono involtini di foglia di verza ripieni di macinato di manzo e di maiale impastato con uova e pangrattato. Si portano a cottura a fuoco lento con del brodo di carne e si servono caldi e speziati con pepe, paprika e, in alcuni casi, anche zafferano o cannella.

    Coca

    Nessun abbaglio, non lasciatevi fuorviare dal nome: l’omonimia con la bibita più famosa al mondo è soltanto casuale. Qui si parla di una sorta di pizza o meglio di focaccia, lunga e alta in genere non più di un centimetro, di forma rettangolare o ellittica, che viene spesso tagliata in piccoli tranci. È regina degli aperitivi, ma riempie e colora anche i banconi delle panetterie, dov’è presentata in tantissime versioni, dolci e salate. L’impasto base di acqua, farina e sale è arricchito da un elemento grasso – tradizionalmente lardo o strutto, oggi sempre più spesso l’olio – che insieme alla cottura in forno, più lunga ma a temperatura inferiore rispetto alla pizza, contribuisce a renderlo particolarmente scrocchiarello. In questo somiglia più alla pinsa, di cui abbiamo recentemente parlato nell’articolo sui locali di cucina romana a Milano

    Altro aspetto caratterizzante è la totale o quasi (ci sono sempre delle varianti che sfuggono alla regola) assenza di lievitazione. Diversamente dalla pizza poi è raro vederla cosparsa di formaggio filante. Tra i condimenti più tipici ci sono ortaggi tagliati sottili e arrostiti – peperoni, pomodori, cipolle, zucchine – talvolta con l’aggiunta di acciughe, tonno oppure salsiccia. Nella variante dolce lo zucchero sostituisce il sale e nell’impasto possono trovare spazio le uova, il burro e il latte per renderla più soffice. L’esempio più noto in questo senso è la coca de Sant Juan, nata in Catalogna per celebrare la ricorrenza di San Giovanni Battista, e guarnita con pinoli e frutta candita. Normalmente la coca è aperta, con tutti gli ingredienti di condimento in superficie, ma esiste anche quella “tapada”, chiusa intorno alla farcia a mo’ di calzone. Si usa mangiarla con le mani, il che la rende un perfetto street food, e a temperatura ambiente.

    Noi ve ne abbiamo offerto volentieri un assaggio in anteprima, ma adesso tocca a voi scegliere cosa mangiare ad Alicante!


    Immagine in evidenza di: Fotolatent/shutterstock

    La prima passione di Roberto è la scrittura, la seconda è la buona cucina. Dopo anni da collaboratore di testate giornalistiche locali, nella redazione de Il Giornale del Cibo ha trovato il suo habitat ideale. Itinerari enogastronomici ed eccellenze alimentari, con qualche incursione nel mondo della birra artigianale, sono le aree tematiche con cui cerca di trasmettere "emozioni di gusto". Come quella di assaporare una piadina romagnola generosamente farcita di squacquerone e rucola, o una focaccia di Recco fatta a regola d’arte.

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