Le api sono fondamentali per l’ecosistema, eppure da anni il loro numero sta diminuendo con conseguenze drammatiche per il pianeta e per l’agricoltura. Si occupano, infatti, dell’impollinazione dell’85% delle piante esistenti e non contribuiscono soltanto alla produzione di miele, ma anzi si stima che il 35% di ciò che portiamo in tavola dipenda proprio dall’attività delle api. Ed è soprattutto nel settore agricolo che sono nate numerose iniziative con l’obiettivo di favorire il ripopolamento di questi preziosi impollinatori. Nel mese di maggio 2021, è stata presentata la campagna “Ogni ape conta”, promossa da Coop in sette Regioni dal Trentino alla Sicilia e che, oltre a portare un ampliamento della platea di api protette, realizzerà una ricerca triennale in collaborazione con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Alma Mater Università di Bologna.
Unire, dunque, l’adozione delle api in ambito agricolo e l’attività di ricerca è, dal punto di vista dei promotori, la chiave per salvarle e tutelare l’ambiente.
“Ogni ape conta”: il progetto di Coop con l’Unibo a tutela delle api
Presentata nella primavera del 2021, la campagna “Ogni ape conta” è promossa da Coop insieme alla sua rete di fornitori, l’impresa cooperativa Conapi che coinvolge 600 apicoltori in tutta la Penisola, LifeGate e l’Università di Bologna. L’obiettivo è duplice:
- tutelare la biodiversità introducendo o aumentando la percentuale di terreno agricolo destinato a siepi e fiori;
- realizzare una ricerca scientifica che misuri l’effettivo stato di salute del territorio e l’impatto che le api hanno su di esso.
Nelle 36 aziende agricole che hanno inizialmente aderito al progetto sono stati collocati 100 nidi per le api solitarie, in particolare le osmie, realizzati utilizzando materiali di riciclo dalla società Pollinature che impiega persone con disabilità – a evidenziare la sensibilità sociale strettamente connessa al tema della sostenibilità ambientale delle azioni che impattano sull’ecosistema.
Nemmeno la scelta delle api osmie è casuale. Si tratta, infatti, di un genere che non produce miele – a differenza delle api mellifere – ma che svolge una preziosa opera di impollinazione ad alta efficacia. È stato stimato che sono capaci di fecondare i fiori visitati il 90% in più rispetto alle altre specie. Ulteriore elemento d’interesse è il fatto che non si allontanano dal nido più di qualche decina di metri, mentre le mellifere possono raggiungere anche il chilometro e mezzo di distanza.
La ricerca dell’Università di Bologna
I ricercatori dell’Unibo per i prossimi tre anni svolgeranno un’attività di raccolta e analisi dei dati di monitoraggio sull’attività delle api dei 100 nidi di osmie collocate nelle aziende fornitrici della Coop, a cui si aggiungono quelli relativi a 100 arnie con api mellifere “adottate” da altre aziende parte della filiera.
Gli apicoltori e gli agricoltori coinvolti effettuano prelievi periodici ogni 10 giorni circa per un mese dall’inizio della fioritura e invieranno i campioni al laboratorio del Dipartimento dell’Alma Mater, dove verranno analizzati. La scelta di un doppio monitoraggio – sia delle api osmie sia delle mellifere – consentirà ai ricercatori di ottenere informazioni complete sullo stato di salute del territorio.
Le classiche api da miele, infatti, permettono di raccogliere dati più generali proprio perché il raggio di volo è di 1,5 km dall’arnia, mentre le solitarie consentono di ottenere elementi precisi sul campo più vicino al nido. Talvolta addirittura su una frazione molto specifica del terreno agricolo.
I ricercatori prevedono di poter descrivere, a conclusione della ricerca triennale, un quadro completo sia sulla dinamica delle popolazioni delle osmie dopo la collocazione del nido sia della presenza e livello di pesticidi nel polline raccolto da entrambe le tipologie di api. Quest’ultimo elemento è di fondamentale importanza per arginare la crisi delle api, tant’è che anche l’Unione Europea è intervenuta vietando l’uso all’aperto di tre pesticidi neonicotinoidi, pericolosi per le api mellifere e selvatiche.
Agricoltori dalla parte delle api
Tante sono le iniziative portate avanti anche da aziende e consorzi a tutela della biodiversità. Coop stessa nel 2010 ha bandito l’utilizzo del neonicotinoide imidacloprid (oggi vietato dall’UE) come concimante nelle sementi e ha inserito nel contratto con i fornitori il rispetto di limiti temporali e di utilizzo su altre sostanze tossiche per le api. Già prima della campagna “Ogni ape conta”, si stimava che fossero 1 miliardo le api ospitate ogni anno dalle oltre 7500 aziende che compongono la filiera Coop. “Sono il primo risultato raggiunto” ha dichiarato Maura Latini, Amministratrice delegata di Coop italia, “ora andiamo oltre per aiutare un insetto essenziale per la biodiversità e l’agricoltura. […] Da questi insetti non dipende solo il miele ma l’intera catena alimentare.”
Da questa consapevolezza nasce anche, ad esempio, il progetto “Api sentinelle” realizzato dal Consorzio della Finocchiona IGP che ha portato all’installazione di arnie per api impollinatrici selvatiche accanto ai principali campi dove avviene la coltivazione del finocchietto selvatico. Come ci ha spiegato Francesco Seghi, presidente del Consorzio, “il nostro auspicio è che ‘Api sentinelle’ possa essere uno spunto per avviare in tutta la Toscana, e non soltanto, investimenti nella tutela della biodiversità e di salvaguardia delle api.”
Conoscete altri progetti di tutela delle api in agricoltura? Segnalateceli nei commenti!