Sovranità alimentare, biodiversità agricola, giustizia e sostenibilità climatica, equità commerciale, sociale e di genere: sono questi gli obiettivi principali del Movimento Internazionale dei Contadini “La Via Campesina”, che dal 1993 dà voce agli agricoltori e alle popolazioni indigene di tutto il mondo, battendosi per i loro diritti.
Il linguaggio è quello della lotta perché di lotta contadina si tratta: un conflitto che assume varie forme e ha diverse radici, ma i cui antagonisti possono essere individuati in fenomeni globali, tanto economici quanto politici. Tra questi, il land e il water grabbing, ovvero l’accaparramento di terra e acqua da parte di grossi gruppi industriali e aziende multinazionali, l’oligarchia delle sementi, lo sfruttamento sconsiderato di risorse ambientali e umane, il patriarcato e la violenza contro le donne.
Nonostante la viva attenzione delle grandi organizzazioni mondiali e gli impegni istituzionali presi a più livelli (non ultima la Dichiarazione dei diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle aree rurali delle Nazioni Unite, approvata il 17 dicembre 2018 con 119 voti favorevoli, 7 contrari e 49 astenuti, tra cui l’Italia), la questione appare tutt’altro che risolta. Anche per questo, il 17 aprile si celebrerà per il 25° anno consecutivo la Giornata Internazionale della lotta contadina: una ricorrenza voluta proprio da La Via Campesina, in prima linea per l’affermazione dei diritti dei lavoratori della terra e l’autodeterminazione alimentare. Scopriamo quali sono i temi cruciali e le rivendicazioni al centro del movimento.
La Via Campesina: una coalizione internazionale per la lotta contadina
Nata in Belgio per volontà di un gruppo di agricoltori, oggi La Via Campesina comprende 182 enti locali e nazionali di 81 Paesi, tra cui Africa, Asia, Europa, U.S.A e America latina, per un totale di 200 milioni di contadini. Della coalizione fanno parte, ad esempio, la Confederation Paysanne du Congo, l’Unión Nacional de Organizaciones Regionales Campesinas UNORCA Autónomas del Messico, il movimento delle famiglie agricole Giapponesi (Nouminren), la All Nepal Peasants’ Federation, l’Associazione Rurale Italiana (ARI). Realtà molto distanti tra loro, che forse difficilmente avrebbero avuto occasione di collaborare e che invece La Via Campesina è riuscita a mettere insieme, unite da un intento e da un modus operandi condiviso.
Una modalità che Rajeev Patel, economista, autore e docente all’Università del Texas, ha così delineato in un recente scritto: “L’approccio de La Via Campesina all’affermazione dei diritti è trasgressivo, poiché non si rivolge alle istituzioni che li sanciscono, rafforzano e sorvegliano, ma verso le persone che dovrebbero goderne. Questo approccio non opera puntando ai diritti esistenti o alle loro violazioni, ma usa il linguaggio dei diritti per richiamare una politica attiva contro un dominio sociale che, attraverso la progressiva liberalizzazione agricola, è stato tecnicizzato e reso ‘anti-politico’. Così facendo, si offre un modo per resuscitare certi diritti e ripoliticizzarli, creando il contesto sociale e politico senza il quale, come vediamo troppo spesso in questo momento di trionfo del neoliberismo, i diritti non diventano altro che la copertura legittimata a un saccheggio internazionale”.
“Indipendente da qualunque tipo di affiliazione politica, economica o di altro tipo” – si legge sul sito ufficiale – La Via Campesina è però, infatti, un movimento nato dal basso “autonomo, pluralista, multiculturale e politico nelle sue richieste per la giustizia sociale” del mondo agricolo. Il coordinamento regionale tra le varie organizzazioni locali garantisce la realizzazione di assemblee estese nonché di campagne di interesse comune, come la mobilitazione dell’ottobre 2019 “Good Food Good Farming”, pianificata dalla ECVC (European Coordination Via Campesina) per richiedere una riforma della Politica Agricola Comune (abbreviata in PAC o CAP – Common Agricultural Policy) più equa.
A livello generale, le linee guida e le attività della coalizione vengono definite nel corso delle Conferenze internazionali che si tengono ogni due anni in sedi diverse. Queste sono a loro volta precedute da riunioni di mezzo termine, l’ultima delle quali ha avuto luogo nell’agosto del 2019 presso l’Istituto della pubblica amministrazione e gestione dello Zimbabwe. Dello Zimbabwe è originaria anche la coordinatrice generale de La Via Campesina, Elizabeth Mpofu, contadina e attivista impegnata fin dagli anni Novanta per il miglioramento delle condizioni del bracciantato muliebre, tra le principali cause di cui il movimento si è fatto portavoce.
Agricoltura: una questione (soprattutto) femminile
Per capire l’importanza della questione femminile è bene mettere in fila qualche dato. Il primo riguarda il numero di abitanti delle zone rurali del mondo che, secondo la Banca Mondiale, nel 2019 ammontava a oltre 3 miliardi di persone, circa il 44% della popolazione globale. Di queste, non è facile capire la percentuale femminile, poiché gli indicatori utilizzati dalla FAO, ad esempio, individuano come persone attive nell’agricoltura solo coloro che percepiscono un guadagno dall’attività nei campi, ma in alcuni paesi a basso o medio reddito le donne costituiscono la metà della forza lavoro nel settore agricolo.
Non solo: secondo un report di qualche anno fa della stessa FAO, nei paesi in via di sviluppo le donne sono responsabili del 60-80% della produzione di cibo, come raccontato anche dalle Donne dell’Ortofrutta italiane. I loro compiti vanno dalla coltura all’allevamento del pollame e altri animali di piccola taglia, nei terreni di famiglia o con contratti precari e perlopiù stagionali. Sono sempre loro a occuparsi delle mansioni domestiche come l’approvvigionamento di acqua e carburante, la cura dei figli e degli anziani, la partecipazione alla vita della comunità, per un ammontare di tempo che può arrivare fino a 17 ore settimanali in più rispetto agli uomini, spesso impiegati in modo più regolare o in attività maggiormente remunerative.
Come si traduce tutto questo? In una disparità di genere che, a dispetto del ruolo fondamentale per l’alimentazione locale, rende le donne economicamente dipendenti dalla controparte maschile, emarginandole dal punto di vista sociale, politico e culturale. A questo spesso contribuiscono ideologie e tradizioni di stampo patriarcale, che concorrono a ostacolare una possibile emancipazione dando invece luogo a violenze e abusi, alcune delle quali avvengono non troppo lontano da casa nostra.
I cambiamenti climatici, lo spopolamento delle campagne, i conflitti e le crisi alimentari non fanno altro che acuire questa situazione, facendo ricadere sulle donne anche la responsabilità dei lavori più pesanti e il rischio concreto di una malnutrizione crescente (nel suo Rapporto sullo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione del mondo del 2020, la FAO avverte già che la cancellazione della fame del mondo è un obiettivo ancora lontano da raggiungere).
Sovranità alimentare vs sicurezza alimentare
Al centro delle lotte contadine sostenute da La Via Campesina c’è anche un altro tema, cruciale tanto quanto quello della condizione femminile: la sovranità alimentare, che diverge – non solo dal punto di vista lessicale – dalla altrettanto nota, e istituzionalizzata, sicurezza alimentare. Ancora una volta è Rajeev Patel, nel già citato documento, a sottolineare la sostanziale differenza tra le due e i motivi per preferire la prima alla seconda.
Seguendo quanto affermato dalla FAO del 1996, “la sicurezza alimentare esiste quando tutte le persone, in ogni tempo, hanno la possibilità fisica ed economica di accedere a un cibo sufficiente, sicuro e nutriente che incontri i loro bisogni dietetici e le loro preferenze alimentare per una vita attiva e sana”. Ma, argomenta Patel, questa definizione è cieca rispetto ai metodi di produzione del cibo o alle condizioni socio-economiche di chi lo rende disponibile.
Al contrario, per come è stata tratteggiata da La Via Campesina, la sovranità alimentare tiene invece conto anche di questi aspetti e coincide con il diritto delle persone e degli stati di decidere del proprio regime alimentare. Per questo, privilegia:
- le produzioni locali per sfamare le persone e dare libero accesso ai contadini con e senza possedimenti ai terreni, all’acqua, alle sementi e al credito. Da qui, la necessità di combattere per le riforme contro gli OGM, per la salvaguardia dell’acqua e per la distribuzione sostenibile delle risorse;
- il diritto delle aziende agricole di produrre cibo e dei consumatori di decidere liberamente cosa consumare e dove rifornirsi;
- il diritto degli stati di tutelarsi dall’importazione di prodotti alimentari e agricoli troppo deprezzati;
- la connessione diretta tra costi agricoli e di produzione, che può essere raggiunta lasciando gli stati liberi di imporre tasse su prodotti eccessivamente a buon mercato, a patto che si impegnino per una produzione sostenibile e che abbiano il controllo del mercato interno per evitare sovrapproduzioni;
- la partecipazione della popolazione alle politiche agricole;
- il riconoscimento dei diritti delle donne dell’agricoltura, in quanto tasselli fondamentali della filiera alimentare.
17 aprile 2021, 25° Giornata Internazionale della Lotta Contadina
Per sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi su questo e sugli altri argomenti in agenda, La Via Campesina ha istituito la Giornata Internazionale della Lotta Contadina, che quest’anno compie venticinque anni. La sua calendarizzazione non è casuale perché proprio quel giorno del 1996, diciannove contadini del Movimento dei Lavoratori Senza Terra (MST) furono uccisi dalla polizia durante una manifestazione a Eldorado dos Carajás, nello stato brasiliano di Pará.
Con una chiamata aperta e due hashtag dedicati (#17april2021 e #NoFutureWithoutFoodSovereignty), La Via Campesina ha invitato tutti i suoi membri a organizzare eventi per proteggere la vita e le sementi dei contadini e promuovere i loro diritti, così come quelli dei lavoratori migranti, il cibo locale e l’agroecologia, e sostenere le politiche di sovranità del cibo: azioni di solidarietà, proiezioni di film, dibattiti pubblici, mercati contadini… sono solo alcune delle attività suggerite per partecipare alla ricorrenza.
Dal canto suo, la ECVC si è fatta promotrice della campagna “Europe needs more farmers” che culminerà il 16 aprile con l’invio di una lettera aperta alla Commissione Europea.
La lotta contadina in Italia
In Italia, parlare di lotte contadine significa riaprire cassetti della memoria – scolastica almeno – che riportano indietro nel tempo di più di un secolo e che però ancora non possono dirsi chiusi. Infatti, anche se la stagione delle grandi mobilitazioni di massa, che ha attraversato il nostro paese da Nord a Sud dall’Unità al secondo Dopoguerra, è terminata, non mancano ancora oggi circostanze e situazioni che si inseriscono nel solco di precedenti controversie, in linea con gli stessi diritti che reti come La Via Campesina si sforzano di affermare.
Basta guardare alla già citata ARI, membro del Coordinamento Europeo Via Campesina, che da diversi anni porta avanti attività di diverso tipo, tutte tese a una maggiore tutela di agricoltori e fattori. Tra queste, vale la pena ricordare la recente Petizione presentata al Parlamento Europeo sui nuovi OGM in Italia, o ancora il seminario dedicato alla Proposta di Legge per l’Agricoltura Contadina. Nei progetti di ARI rientra poi anche un’ambiziosa mappatura di tutte le realtà contadine, compresi Gruppi di Acquisto Solidali (GAS), piccoli produttori e produttrici, CSA.
Un caso italiano: l’azione cinematografica per l’altopiano dell’Alfina
Se ARI, così come altre associazioni di categoria, si spende per conquiste di carattere nazionale, esistono realtà e iniziative che testimoniano invece di episodi particolari. Tra questi spicca, almeno per le modalità con cui è stato recentemente raccontato, il caso dell’altopiano dell’Alfina, un territorio incastonato tra Umbria, Lazio e Toscana interessato da una sempre crescente monocoltura intensiva di noccioleti, in cui la biodiversità e chi l’ha custodita finora sono relegati in spazi sempre più ristretti.
E così, la regista e sceneggiatrice Alice Rohrwacher e l’artista francese JR, hanno deciso di dare corpo, letteralmente, a questa battaglia e ne hanno fatto un cortometraggio, anzi meglio, “un’azione cinematografica”. Il risultato, presentato alla Biennale di Venezia del 2020, è Omelia Contadina che mette in scena, con esito commovente e provocatorio insieme, il funerale simbolico della cultura contadina del luogo.
“Producendo il 70% del cibo mondiale”, ha dichiarato nel 2017 Celso de Carvalho, Ufficiale Responsabile all’Ufficio FAO di Ginevra durante una delle numerose sessioni che hanno preceduto la redazione della Dichiarazione ONU dei Diritti dei contadini e dei lavoratori delle zone rurali, “l’agricoltura familiare, quella contadina e la produzione su piccola scala sono di vitale importanza per la sicurezza alimentare globale e contribuiscono in modo fondamentale alla sostenibilità economica, ambientale e sociale dei sistemi alimentari”. Meglio evitare allora di doverle seppellire per davvero.
Conoscevate La Via Campesina e il movimento globale delle lotte contadine?