di Giuseppe Biscari.
L’ulivo tra storia e leggenda
Nel panorama mitologico e leggendario delle civiltà mediterranee, l’olio e l’ulivo trovano svariati riscontri in merito all’origine e alle sue qualità.
L’ulivo era albero particolarmente caro ad Atena e veniva conservato gelosamente all’interno dell’Acropoli.
Da un seme d’ulivo raccolto da Ercole ai confini del mondo, nacque il bosco d’ulivi sacro a Zeus, dalle cui fronde venivano intrecciate le corone per i vincitori dei giochi olimpici.
La leggenda attribuisce la propagazione di questa pianta ad Aristeo, un dio-pastore in cui gli antichi veneravano l’inventore dell’olio e dei torchi per la sua spremitura. Sempre secondo la leggenda fu lui ad introdurre l’ulivo in Sardegna ed in Sicilia, dove si diffuse in suo onore un vero e proprio culto da parte dei raccoglitori d’olive.
L’ulivo coltivato deriva dall’ulivo selvatico (l’oleaster dei romani, da cui il termine di olivastro passato nel vocabolario botanico moderno).
La trasformazione dell’ulivo selvatico in pianta coltivata (olea europea) sembra sia dovuta ai popoli dell’angolo Sud-Est del Mediterraneo, ed in particolar modo ai Siriani.
La coltivazione dell’ulivo poi, ben presto passò dall’Asia minore alle isole dell’Egeo fino ad arrivare in Grecia. E da lì (ma forse ancor prima ad opera di navigatori fenici), la coltura dell’ulivo fu trasmessa nel bacino orientale del Mediterraneo.
Fenestella, citato da Plinio, sosteneva che prima dell’epoca di Tarquinio il vecchio (580 a.C.) né l’Italia (vale a dire il Latium), né la Spagna, né l’Africa (vale a dire l’attuale Tunisia) conoscevano ancora l’ulivo e l’olio.
Esso, a quanto pare, fu introdotto a Roma dai Greci della Campania.
Le parole latine olea, oleum, e la maggior parte dei termini tecnici relativi alle diverse specie di olive ed ai processi di spremitura dell’olio derivano direttamente dal greco. Una volta introdotta, in Italia, nel giro di pochi secoli, l’olivicoltura fece passi da gigante, tant’è che nel I sec. a.C. Roma esportava olio nelle province. Sotto l’impero romano l’ulivo era ormai presente in tutto il bacino del Mediterraneo.
L’ulivo è citato nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, da Omero, da Virgilio, e da tanti altri scrittori d’ogni tempo. Nell’Antico Testamento la colomba liberata dall’arca e mandata da Noè per sapere se le acque del Diluvio Universale si stavano ritirando, ritorna portando proprio un ramoscello d’ulivo.
L’ulivo e l’olio estratto dal frutto di questa pianta, hanno assunto nel tempo diverse funzioni ed usi.
Per i Greci l’ulivo era un emblema di fecondità e di purificazione al punto tale che con le sue foglie venivano talvolta ricoperti i cadaveri, ma – soprattutto – l’ulivo era un simbolo di pace e divittoria. Simbologia quest’ultima che è sopravvissuta nel cristianesimo.
Uso nell’antichità
I Greci e i Romani facevano grande consumo di olio di oliva. Oltre che per l’alimentazione e l’illuminazione, essi se ne servivano per la cura del corpo. Gli eroi di Omero, dopo il bagno, si ungevano il corpo con l’olio di oliva. Così come gli atleti romani, che riprendendo il costume dei greci, si cospargevano anch’essi il corpo d’olio prima delle gare.
Le lampade ad olio furono probabilmente inventate dagli Egiziani, mentre i Fenici fecero conoscere ai Greci le lampade di argilla e di bronzo. I coloni greci dell’Italia meridionale in seguito ne rivelarono l’utilizzo ai Romani.
L’olio veniva anche utilizzato per la fabbricazione di alcuni tessuti di lino, al fine di renderli più morbidi ed assicurarne la durata nel tempo e in alcune cerimonie religiose (i Romani lo usavano in occasione dei matrimoni per ungere gli stipiti delle porte). Questa funzione sacrale è continuata poi nella religione cristiana impiegandolo per impartire i sacramenti (Battesimo, Cresima, Ordinazione Sacerdotale, Estrema Unzione) nonché nella consacrazione delle chiese.
La Sicilia
La Sicilia – isola al centro del bacino del Mediterraneo – è stata la porta dell’ulivo in Europa ed ha una tradizione olivicola che non è seconda a nessun’altra regione italiana.
L’olio prodotto in Sicilia vanta tradizioni millenarie ed è molto apprezzato per le sue caratteristiche organolettiche e nutrizionali. La coltivazione dell’ulivo in Sicilia, infatti, risale al periodo della Magna Grecia ed è testimoniata dalle cosiddette «Pandette», antichi accordi commerciali.
Il processo produttivo del magnifico olio siciliano è lo stesso da oltre 2000 anni: le olive vengono raccolte, selezionate manualmente e spremute a freddo mai oltre le 48 ore dalla raccolta, senza alcuna ulteriore manipolazione fisica e/o chimica.
Ma la grandezza dell’olio d’oliva, siciliano è data dal fatto che esso si ottiene dal frutto della pianta di Ulivo. Sì, perché l’oliva è un frutto in botanica detto «drupa».
Il fatto che l’olio di oliva si estragga da un frutto e non da un seme, è molto importante dal punto di vista organolettico, nutrizionale e salutistico poiché oltre ai grassi molte altre sostanze preziose, tipiche solo dei frutti, si trasferiscono nell’olio.
L’olio extravergine di oliva è sostanzialmente un “succo di frutta”; uno dei pochi prodotti dell’agricoltura derivati da un frutto, per semplice spremitura, che può essere consumato direttamente senza che subisca ulteriori processi di trasformazione. Più di ogni altro prodotto alimentare, la sua qualità dipende dalla delicatezza con cui si eseguono tutte le lavorazioni del frutto.
Le caratteristiche
Un buon olio extravergine di oliva deve possedere alcune caratteristiche di particolare importanza che ne costituiscono il maggiore o minore pregio.
Innanzitutto la tecnologia di spremitura dell’olio che deve essere solo fisico-meccanica, senza alcuna aggiunta di solventi chimici. In secondo luogo la presenza nell’olio di una serie di componenti minori, derivati dal frutto dell’oliva (steroli, squalene, alcoli, pigmenti,fenoli, tocoferoli e sostanze volatili) che ne costituiscono la frazione insaponificabile, e – infine – la composizione equilibrata in acidi grassi (con una saturazione intermedia)
L’aspetto visivo, tuttavia, non è un carattere fondamentale di un buon olio. All’olfatto, invece, dobbiamo avvertire un odore (in questi casi si dice un sentore «fruttato») più o meno intenso, che ricordi il frutto fresco dell’oliva; infine, assaggiandolo, l’olio deve dare una leggera sensazione di amaro e piccante alla base della lingua, non deve essere untuoso, deve essere fluido e lasciare la bocca «pulita».
Consumare olio extravergine di oliva, specie se DOP, significa avvicinarsi al territorio di origine, alla sua storia, alle sue tradizioni ed apprezzare il frutto del lavoro dell’uomo.
L’olio Extra Vergine di Oliva dei Monti Iblei DOP
La Sicilia, grazie alla secolare abilità ed esperienza sia degli olivicoltori, sia dei frantoiani, ha ottenuto oli di grande qualità cui è stata conferita la Denominazione d’Origine Protetta, prestigioso riconoscimento europeo.
L’olio extravergine di oliva Monti Iblei DOP è uno di questi.
Esso è prodotto nell’estremo lembo sud orientale della Sicilia coincidente con il territorio delle province di Siracusa, Ragusa e Catania, una vasta zona interessata dal massiccio calcareo omonimo e da altopiani (circa 400 metri s.l.m.) percorsi da numerosi corsi d’acqua.
L’area è sottoposta a particolari escursioni termiche tra le ore diurne e notturne, fenomeni particolarmente importanti per esaltare le caratteristiche peculiari delle produzioni agricole e dell’olivicoltura che, in quest’area, rappresenta un comparto produttivo molto rilevante sin dai tempi della Magna Grecia.
Al visitatore le campagne dei Monti Iblei presentano uno scenario multiforme di natura e di colori dove la coltura dell’ulivo costituisce uno dei paesaggi agrari più diffusi con olivi, spesso secolari, sparsi nei terreni collinari, posti ai margini degli agrumeti oppure abbinati alle altre colture tipiche degli Iblei: i carrubeti, i mandorleti ed i vigneti.
Qui sono coltivate le più pregiate varietà di olive della Sicilia dalle quali si ricava un olio extravergine di alta qualità con un grado di acidità massima dello 0,65%, dal colore verde e dal profumo e dal sapore fruttato.
Tali varietà d’oliva sono la «Tonda Iblea», la «Moresca» e la «Nocellara dell’Etna». Tuttavia altre varietà presenti nella zona della DOP Monti Iblei concorrono seppure in percentuale minore, alla produzione di quest’olio. Si tratta delle varietà «Biancolilla», «Zaituna» e «Ogliarola messinese».
Fondamentalmente però, la produzione dell’olio extravergine d’oliva Monti Iblei ruota sulle tre varietà principali, ognuna delle quali possiede caratteri particolari.
La tonda iblea
È la cultivar siciliana, tipica dell’area orientale. I più importanti centri di coltura di questa varietà si trovano proprio nella zona dei Monti Iblei, interessando la provincia di Siracusa con i comuni di Buccheri, Ferla e Palazzolo Acreide (qui diffusa per il 95%), la provincia di Ragusa nei territori dei comuni di Acate, Vittoria, Comiso, Giarratana, Monterosso Almo, Modica ed Ispica, ma – soprattutto – nel comune di Chiaramonte Gulfi (nel cui territorio è diffusa per il 90%). La tonda iblea (nota anche con i sinonimi di Cetrala, Tonda, Nostrale, Prunara, Nociara, Perlese, Marmorina, Giarraffa, Firlisa, Rummula, Raffina e Nociara) interessa anche la provincia di Catania con i comuni di Caltagirone, Grammichele e Vizzini dove predomina per l’80%.
La pianta di tonda iblea è abbastanza vigorosa, con portamento assurgente e rametti fruttiferi a internodi brevi. Le foglie, di forma lanceolata, sono piccole e strette, di colore verde-grigio opaco nella pagina superiore.
La drupa, di forma globoide, è di pezzatura medio-grossa (variabile tra i 5 e gli 8 grammi). La produttività è buona e costante.
Si tratta di una varietà a maturazione normale con media resa in olio (16-20%) e 90% in polpa. Si adatta bene nelle zone di alta collina più di tante altre varietà ed è mediamente resistente alla rogna e al cicloconio.
La tonda iblea è una varietà «autosterile» (vale a dire non si autoimpollina) mentre viene impollinata dalla Moresca, dalla Zaituna e dalla Calatina.
La moresca
Questa cultivar, anch’essa tipicamente siciliana (nota anche con i sinonimi di Bianculidda, Maiorana, Ogliara, Ogliarola, Imperiale, Turdedda, Nostrale, Reale, Nucidda grossa, Catanisa, Signura, Francufuntisa, Morghetana e Ghiandalora), è maggiormente diffusa nei territori delle province di Siracusa, Catania, Enna, Caltanissetta e Agrigento. È diffuse pure in provincia di Ragusa, ma in percentuali decisamente minori.
La pianta di moresca è piuttosto vigorosa e ha portamento espanso con rametti fruttiferi penduli. La foglia, di forma ellittica, è grande e larga, con lamina asimmetrica, di colore grigio-verde opaco nella pagina superiore.
Le drupe sono di forma ovoidale, asimmetriche, con apice leggermente umbonato e di pezzatura medio-grande (variabile tra i 4 e i 5 grammi). La produttività è elevata e mediamente costante.
La resa in olio è media (16-19%) perché si tratta di un’oliva a polpa molle e molto acquosa (86%), con alto residuo morchioso.
Si adatta bene alle zone di media collina, dove produce quasi annualmente con un anno di carica ed il seguente di media carica. In alta collina ed in bassa montagna si mostra molto soggetta agli attacchi di rogna ed un po’ meno al cicloconio. È tuttavia, facile preda del Dacus oleae.
Anche la Moresca è varietà autosterile, ma viene fecondata da numerose varietà quli l’Ogliarola Messinese, la Zaituna, la Nocellara Etnea, la Tonda Iblea e la Biancolilla.
La nocellara etnea
Questa cultivar tipica è diffusa soprattutto nella provincia di Catania, in prevalenza nel comune di Paternò nel cui territorio è diffusa per quasi il 95%. E presente, tuttavia, anche nei territori delle province di Messina, Siracusa, Ragusa ed Enna, dove si registra una recente tendenza ad una maggiore diffusione.
La pianta di Nocellara dell’Etna (nota anche con i sinonimi di Nuciddara, Patirnisa, Ghiandolara, Pizzuta, Augghialora, Marmorigna e Virdisi) è anch’essa piuttosto vigorosa con rami a portamento pendulo. Le foglie, di forma ellittico-lanceolata, sono di dimensioni medie, piuttosto strette e simmetriche, di colore verde grigiastro nella pagina superiore.
Le drupe sono di forma ellissoidale-allungata; l’epicarpo, prima della maturazione, è di colore verde intenso, con lenticelle visibili anche quando il frutto è invaiato, mentre a maturazione completa è nero violaceo.
Il volume del frutto varia in funzione delle condizioni di umidità del terreno, cosicché il peso medio oscilla tra i 4 e i 7 grammi.
La resa in olio è media (15-20%) e la resa in polpa si aggira intorno all’85-90%.
Si adatta bene sia in pianura che in collina, nei terreni sciolti come in quelli tendenti al compatto e produce bene, generalmente ad anni alterni, tanto in zone irrigue che in condizioni di aridità, con la differenza che con l’ausilio dell’irrigazione o nelle annate a piovosità autunnale favorevole ed anticipata sviluppa drupe grosse o grossissime, mentre in condizioni di aridità, specialmente se eccessivamente in carica, dà drupe di media pezzatura o piccole.
La Nocellara dell’Etna inoltre, presenta buona resistenza alla rogna, meno al cicloconio. Viene anch’essa danneggiata dal Dacus oleae, ma molto meno di tutte le altre varietà siciliane.
Come le altre due varietà anche la Nocellara dell’Etna è autosterile restando sufficientemente fecondata dalla Moresca e dalla Biancolilla. Tuttavia, i migliori risultati di impollinazione si ottengono con la Zaituna.
La denominazione di origine protetta
Queste tre varietà d’oliva sono in grado di esprimere e sprigionare un’ampia gamma di profumi e sapori consentendo di ottenere oli unici ed inimitabili, molto apprezzati per le loro caratteristiche organolettiche e nutrizionali nonché per il loro grado di acidità massima dello 0,65%. Proprio per queste caratteristiche è stata chiesta ed ottenuta dall’Unione Europea la Denominazione di Origine Protetta (DOP), prestigioso riconoscimento che ha dato un forte impulso al rilancio di questo prodotto dal gusto inconfondibile.
L’olio extra vergine DOP dei Monti Iblei di presenta con un profumo di grande freschezza con note evidenti di pomodoro verde ed erba bagnata appena falciata.
Il suo sapore è armonico, fruttato medio-intenso, dal gusto fruttato con sentori di erbe, pomodoro verde, carciofo e altri ortaggi.
Il suo colore è verde-oro.
fruttato medio, con persistenti note di pomodoro verde.
Al palato fornisce una sensazione note di amaro e piccante armonicamente in equilibrio tra loro con pasta molto fine che lascia pulita la bocca.
È eccezionale consumato a crudo su una semplice fetta di pane casereccio, ma si esalta con tutte le verdure crude in insalata, ma anche lesse e/o grigliate, con qualsiasi tipo di carne rossa sia arrosto sia lessa, col pesce, con la pasta (provate a condire con quest’olio un semplice piatto di spaghetti) e come base di cottura per qualsiasi sugo di carne o pesce.
Consorzio D.O.P Monti Iblei
Per tutelare e diffondere le qualità dell’Olio Extravergine di Oliva (a ragione definito «l’Oro verde di Sicilia») è nato il Consorzio D.O.P. Monti Iblei che si è affermato subito come strumento operativo essenziale per la valorizzazione di quest’olio.
Esso è un organismo vitale per il settore oleario, che opera a servizio dell’olivicoltura della Sicilia orientale.
Il Consorzio è l’interfaccia primaria del consumatore di olio extravergine d’oliva. È l’organismo che tutela la bontà e la genuinità del prodotto, e dunque, tutela la salute dei consumatori, garantendo costantemente il rispetto, da parte dei produttori, delle norme previste nel disciplinare di produzione, dei requisiti di qualità e i parametri delle caratteristiche organolettiche e qualitative contemplate negli standard produttivi.
Il Consorzio, inoltre, rappresenta e tutela i produttori che aderiscono al disciplinare, promuovendo e valorizzando il prodotto, rendendo riconoscibile e distinguibile il territorio di provenienza tramite operazioni di promozione mirate e sponsorizzando la commercializzazione del prodotto in nuovi mercati nazionali e internazionali.
A tal proposito giova ricordare che il Disciplinare di produzione della DOP Monti Iblei suddivide l’area di produzione in sottozone geografiche, la cui menzione in etichetta indica la specificità dei vari oli e la precisa zona di produzione.
Tali menzioni aggiuntive sono:
- Monte Lauro (varietà Tonda Iblea al 90%): Buccheri, Buscemi, Cassaro, Ferla, in Provincia di Siracusa.
- Val d’Anapo (Tonda Iblea al 60%): Solarino, Floridia, Palazzolo Acreide, Sortino, Canicattini Bagni, in Provincia di Siracusa.
- Val Tellaro (Moresca al 70%): Noto, Rosolini, Pachino in Provincia di Siracusa ed Ispica, in Provincia di Ragusa.
- Gulfi (Tonda Iblea al 90%): Chiaramonte Gulfi, Monterosso Almo, Giarratana in Provincia di Ragusa
- Valle dell’Irminio (Moresca al 60%): Vittoria, Comiso, Acate, Scicli, Santa Croce Camerina in Provincia di Ragusa.
- Calatino (Tonda Iblea al 60%): Caltagirone, Licodia Eubea, Mazzarrone, Vizzini, Grammichele, San Michele di Ganzaria, Mineo in Provincia di Catania
- Frigintini: Ragusa e Modica.
- Trigona-Pancali (Nocellara Etnea al 60%): Melilli, Lentini, Carlentini, Francofonte, in Provincia di Siracusa.
Infine, non possiamo non ricordare che ogni anno i produttori locali di olio extra vergine di oliva DOP dei Monti Iblei ricevono sempre menzioni ed alti riconoscimenti nelle edizioni dei più importanti saloni internazionali (Sol di Verona, Sirena d’Oro di Sorrento, Orciolo D’Oro dell’Enohobby, Leone D’Oro dei Mastri Oleari, Symerius, Ercole olivario, SLOW FOOD) battendo una concorrenza agguerrita di più di 400 oli provenienti da 11 paesi di tutto il mondo.
Bibliografia:
AA.VV. – L’ulivo, Edizioni Reda
Giuseppe Fontanazza – Olivicoltura intensiva meccanizzata,(Edagricole)
Vincenzo Bottari e /Paolo Spina – Le varietà di ulivo coltivate in Sicilia, Edizione a cura della Stazione sperimentale di frutticoltura e agrumicultura, Acireale