di Paolo Degiovanni.
“….basta il primo assaggio per capire che anche il salame più comune, da noi comune non è”.E’ così che si legge su una delle brochure informative del Salumificio Vigliano di proprietà della famiglia Creminelli, ubicato a Vigliano Biellese, famoso per la produzione di prodotti nazionali come coppa, pancetta, cotechino, ma soprattutto per la realizzazione di un antico salume tipico biellese, la Paletta.
La sua storia ufficiale sembra cominci nel XVIII secolo, precisamente nel 1774, data riportata su alcuni documenti sabaudi scritti a mano in cui si trovano indicazioni per i gabellieri circa la distribuzione del sale e l’utilizzo del “persucc d’la paletta”.
Nel 1906, invece, comincia l’avventura del salumificio Vigliano, attività condotta oggi dal papà Umberto, classe 39′, dai figli Andrea e Cristiano e dalla mamma Rosarita.
Andrea, 30 anni, il più giovane della famiglia, mi accompagna alla scoperta delle varie fasi della lavorazione, precisando subito però che la “vera” paletta, presidio Slow Food, è di Coggiola, un paese della Valsessera distante una trentina di chilometri:“Lì, come secoli fa, la tecnica è artigianale e la lavorazione totalmente manuale. Anche noi conserviamo la tradizione, ma abbiamo introdotto nuove tecnologie al solo fine di migliorare ulteriormente in igiene e qualità”.
Mi spiega anzitutto che il nome “paletta” deriva dalla presenza dell’osso piatto della scapola, a forma di pala appunto, per cui il muscolo della spalla che vi sta appoggiato assume un aspetto a cucchiaio: “Noi utilizziamo solo le parti pregiate della spalla provenienti da maiali della filiera piemontese, tutti di età intorno a 14 mesi; la prima fase consiste nel mettere la carne in salamoia in apposite vasche chiamate baltresche per trenta giorni, durante i quali viene girata e massaggiata a mano”.
Andrea continua: “Un esempio di tecnologia di cui parlavamo prima è la zangolatura, utile per omogeneizzare la distribuzione della salamoia e la penetrazione fino al cuore della carne: un cilindro di acciaio orizzontale, la zangola, gira e fa girare la carne al suo interno e questo lo si fa una volta sola per un paio d’ore circa pochi giorni dopo l’inizio del bagno in salamoia”. Quando il pezzo ha assorbito abbastanza sale, si passa alla concia con una miscela particolare di erbe locali, bacche e pepe nero che gli conferisce un sapore forte e deciso.
Ora le palette sono pronte per essere insaccate e, per tale operazione, si usa la vescica di maiale: solitamente la vescica viene prima essiccata, poi lavata per diventare morbida e consentire così agevolmente insaccatura. Si passa quindi alla legatura con semplice spago, in modo che la vescica possa aderire in modo uniforme alla paletta, proteggendola così da agenti esterni e trattenendo allo stesso tempo gli aromi della concia. “A questo punto c’è la stagionatura: le palette vengono appese ad asciugare in stanze ben aerate per circa due mesi, con una temperatura di 22 C° ed un umidità dell’85%, valore che decresce progressivamente con il passare dei giorni. Abbiamo così il prodotto finito ed è sostanzialmente crudo. Ma la tradizione vuole che la paletta venga fatta cuocere per circa tre ore in modo da poter essere servita calda in alternativa al solito piatto di carne oppure fredda come affettato. Noi veniamo incontro a tutti i gusti e prepariamo palette crude, precotte e già cotte”.
Nel discorso, mi colpisce una curiosità: essendo la spalla ricca di cartilagine e tessuto nervoso, dopo una cottura di tre ore questi componenti tendono quasi a “sciogliersi”, pur rimanendo attaccati alla carne, e conferiscono così all’assaggio un sapore inconfondibile, di “mielento”: “Hai presente quella consistenza particolare tipica del miele, quando rimane in bocca quella sensazione squisitamente pastosa? Lo stesso capita per un buon cotechino ed infatti, all’occorrenza, può essere degnamente sostituito dalla paletta cotta”.
La paletta biellese, inoltre, sta tentando di conquistare il successo anche oltreoceano: Andrea mi racconta infatti che suo fratello Umberto è negli Stati Uniti, precisamente a Salt Lake City, capitale dello Utah, dove è impegnato nella diffusione della cultura gastronomica e della tradizione salumiera: gli americani, a differenza delle nostre usanze, buttano via praticamente tutto del maiale, e questo è un ottimo motivo per dimostrare loro che, al contrario, si possono ottenere eccellenti risultati anche da parti anatomiche diverse dalla classica pancetta.
Senza recarsi così lontano, per chi volesse avere informazioni i recapiti sono:
Salumificio di Vigliano
Via Milano, 446
Vigliano Biellese (BI)
015/51 02 87
www.salumificiodivigliano.it
info@salumificiodivigliano.it