di Paolo Degiovanni.
“Buongiorno, vorrei qualche informazione sulla muletta monferrina. Potrebbe aiutarmi?” chiedo gentilmente al telefono. “Guardi, le posso dire senza falsa modestia che io SONO la muletta monferrina!”. Capisco subito che non potevo capitare in mani migliori!
La persona in questione è Pieralberto Miglietta, classe ’49, veterinario mancato a pochi esami dalla Laurea, che mi dà gentilmente appuntamento per una simpatica chiacchierata su uno dei più pregiati tipi di salame crudo della zona del Monferrato e, precisamente, dei comuni di Cellamonte, Sala Monferrato e Serralunga di Crea, famosa ovunque soprattutto per il suo bellissimo santuario.
L’origine del nome “muletta” è alquanto incerta: nonostante l’affinità etimologica, non c’è alcun riferimento al mondo equino, dato che nella preparazione non si sono mai usate né carni, né budella di mulo o asino. Sembra piuttosto che il nome arrivi da Trieste, dove, in dialetto, significa “ragazza”: forse, alcuni soldati delle guerre risorgimentali, di ritorno dal fronte orientale, ebbero un così bella impressione della soppressa veneta e delle “mule”, cioè le ragazze triestine, da volerne trasmettere il ricordo in un nuovo salame di produzione esclusivamente piemontese.
La muletta, oggi, consiste per l’80% di carne suina pregiata e di prima scelta come coscia, culatello della lonza, spalla e fesotto di spalla tritata a grana media e di un restante 20% a base di grasso di pancetta; queste due porzioni vengono macinate insieme e condite successivamente con sale, pepe in polvere bianco e nero, noce moscata ed un infuso di aglio e vino, in genere Barbera.” “Ora che abbiamo l’impasto – mi racconta Pieralberto – lo si deve insaccare: si usa il budello cieco di maiale, naturale, quindi, e non quello sintetico come per altri tipi di salami. Questo budello è più adatto alle lunghe stagionature e dà al salume una forma irregolare, quasi ovoidale, tozza e dal diametro di circa 10 cm“. La muletta è così pronta per essere collocata in una stanza chiamata “asciugamento” per circa una settimana, al termine della quale viene poi trasferita in un altro locale adibito alla stagionatura: qui rimarrà 3-4 mesi, protetta da un microclima ambientale sempre ventilato e fresco, con una temperatura intorno a 12 C° e un tasso di umidità dell’80%.
Già dopo alcuni giorni di stagionatura, si può notare la presenza di muffe: si tratta però di muffe nobili, quindi ben gradite, che contribuiscono in parte alla formazione dell’aroma e del sapore della muletta; tali formazioni, tuttavia, vengono parzialmente rimosse ogni 20 giorni circa per permettere la giusta traspirazione del salame”. Il Sig Miglietta ci dà dei consigli su come consumare il suo pregiato prodotto: “Essendo un salame a lunga conservazione, è meglio tagliarlo in fette molto sottili circa mezz’ora prima del suo consumo, in modo che possa ossigenarsi ed esaltare così al meglio il suo gusto delicato e leggermente speziato.” Il salumificio del Sig. Miglietta, sorge in Frazione Madonnina di Serralunga di Crea, proprio accanto alla ferrovia che collega Asti con Mortara, una delle più antiche linee d’Italia.