Santoreggia

di Orsagiuliva.

Permettetemi di fare un preambolo… lo so che sono una logorroica, ma perdonatemi, per amore della mia sfrenata passione per tutto quello che è… assaggiabile!
Ho capito di provare una gioia incontenibile nel pasticciare con le mani, assaggiare qualsivoglia cosa, odorare l’odorabile nella mia agitatissima infanzia (poveri papà e mammà…); ma soltanto da adulta ho imparato a conoscere e ad appassionarmi per le erbe aromatiche. Prima (lo ammetto sigh…) facevo fatica a distinguere il prezzemolo dal basilico: li compravo perlopiù in quei comodi barattolini dei supermercati, secchi, e così li adoperavo.

Poi la rivelazione… camminando tra le bancarelle del mercato della mia città, ho scoperto un meraviglioso banchetto, gestito da una fantastica famiglia, che vende bulbi e piantine di tutti i tipi, ma “mangiabili”… dove i contadini si litigano le piante di pomodoro, quel basilico che profuma fin là, il peperoncino colorato che sta d’incanto nel vaso davanti all’ingresso. Sono loro che con santa pazienza mi han spiegato nome, usi e provenienza di ogni singola piantina che da una vita sono soliti coltivare con grandissimo amore.

Comincio con il parlare della santoreggia. l’avevo tragicamente scambiata per timo… porca paletta, non sia mai! In effetti le foglioline magre appuntite possono vagamente ricordarlo; ma la santoreggia ha un profumo tutto suo particolare, che sa di selvatico e di natura, ben differente dall’amico ugualmente mediterraneo.
Famosa per le sue virtù digestive e – pare – addirittura afrodisiache (tonico-stimolanti), probabilmente nativa dell’Asia Occidentale, era già conosciuta ed adoperata ai tempi dei romani, che amavano con essa insaporire sia carni che pesce. Vi consiglio di fare la stessa cosa, come faccio io abbondantemente, persino decorando i piatti coi ramicelli fioriti della mia santoreggia (fa bellissimi fiori rosini o bianchi nel periodo estivo) o arricchendo le mie insalate con questa tocco in più che lei sola sa donarmi, generalmente accompagnata da maggiorana e timo, della cui compagnia gode particolarmente nella mia tavola, soprattutto nella versione “appena colta dal vaso in cucina”.

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