Il napoletano, per definizione, scherza su qualunque cosa, ma su due argomenti ben precisi non ammette ironia: Maradona ed il cibo! Mangiare, sedersi a tavola, riunire amici e parenti la domenica e pranzo è uno di quei riti che resiste al tempo, punto fermo di una tradizione secolare fatta di cotture, ingredienti, superstizioni o soprattutto abbondanza. Ci deve necessariamente essere un elevato numero di portare, si deve iniziare a mangiare ben oltre il classico orario del pranzo e la conclusione è obbligatoriamente affidata ai dolci ed al caffè. Per quanto difficile riassumere i capisaldi del “regolamento” domenicale, ecco cinque punti fondamentali da rispettare se si vuole far star bene a tavola un napoletano.
Invitare a Cena un Napoletano: 5 cose da sapere
La pasta
shutterstock.com/gowithstock
Il grado di cottura della pasta è ufficialmente riconosciuto quale valido motivo di divorzio. A Napoli la pasta si mangia al dente, quella scotta può essere utilizzata come colla per la carta da parati. Alcune volte si può arrivare anche all’eccesso, ad esempio a casa amiamo dire che mio fratello Simone la mangia “di ceramica”, nel senso che ama un grado di cottura al dente davvero estremo, ma in generale il napoletano è contento quando, addentando un rigatone (o meglio “o maccarun”), può vedere al centro il “filo bianco” della pasta quasi cruda.
Il pane
shutterstock.com/nerudol
Se esistessero le “Olimpiadi del pane” i napoletano si aggiudicherebbero le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo. Ho personalmente visto amici mangiare un piatto di friarielli accompagnandoli con mezzo kg di pane … Il pane è importante prima dell’inizio del pasto per calmare la fame, diviene fondamentale per la scarpetta nel ragù (A’ Scarpett), non può mancare con il secondo ed il contorno insomma, è praticamente insostituibile! Deve inoltre avere delle caratteristiche ben precise: innanzitutto non può essere messo sulla tavola di un napoletano un pane senza sale! Il pane sciapo per noi non ha senso, ma soprattutto il pane non deve esser capovolto. Il cosiddetto “pane girato” è considerato, in particolare dalle persone anziane, un atto sacrilego: si dice possa portar sventura per uno dei commensali o addirittura significare carestia.
La pizza
shutterstock.com/HeeCheol Yeom
Probabilmente dovremmo dedicare un intero post alla pizza ed alle sue declinazioni nel resto d’Italia. Per il napoletano la pizza, che la si mangi a tavola o la si mangi per strada (la cosiddetta pizza “a portafoglio”), è (giustamente a mio avviso, ma è chiaro che sono di parte) solo quella che si mangia a Napoli, quindi con il cornicione alto e morbido, ed odia in modo particolare quella bassa, secca e con il cornicione croccante se non addirittura bruciato.
I dolci (“Le Paste”)
shutterstock.com/Paolo Bernardotti Studio
La “guantiera” delle “pastarelle” è un must. Non importa il numero di portate previste, non importa a che ora ci si alzerà da tavola: la domenica è obbligatorio acquistare un vassoio di dolci. Il napoletano non riesce a concepire un pasto che non sia chiuso con un dolce, significherebbe non aver mangiato! Babà, sfogliatelle, choux, “zuppetta” (il diplomatico), deliziosa ed altri dolci tipici trovano posto sulla tavola (e nello stomaco) ogni domenica.
Il caffè (o’ cafè)
shutterstock.com/Vivida Photo PC
Credo si potrebbe organizzare una mostra fotografica delle espressioni dei napoletani che assaggiano un caffè non all’altezza delle loro aspettative. Ogni singola fase o elemento assume una decisiva importanza per l’ottimale preparazione del caffè: c’è chi lo preferisce macinato al momento, chi vuole una determinata miscela, chi assegna un ruolo fondamentale alla qualità dell’acqua, e poi c’è la macchinetta, l’intensità della fiamma del gas, lo zucchero (tanti lo prendono amaro per gustarne al meglio il sapore). Insomma, c’è una tale ansia da prestazione che conviene scegliere una di queste due alternative: farlo preparare direttamente al vostro ospite napoletano, o portarlo al bar!
Immagine in evidenza:
shutterstock.com/Flotsam