Lo street food cresce e allarga i suoi orizzonti. O, meglio, li restringe. Già, perché secondo le previsioni degli addetti ai lavori e stando a un recente sondaggio, il cibo da strada ha ormai conquistato gli italiani: così tanto da…abbandonare la strada e diventare cibo da casa. Home street food: potrebbe chiamarsi così. Certo, lascerebbe le sue origini, e anche un pizzico del suo antico sapore, ma le tendenze vanno rispettate e raccontate. E gli ultimi trend narrano che, sempre meno attratto dall’idea di lavare i piatti e sempre più incline alla pietanza sfiziosa e veloce, un italiano su due almeno una volta a settimana mangia tra le mura domestiche un kebab o un arancino, una fetta di farinata o del sushi. Vediamo nel dettaglio come e perché.
Home street food: un italiano su due lo preferisce
L’idea di sondare l’utenza dello street food a caccia di novità è venuta a un’azienda italiana specializzata in cibi surgelati, la Vis Alimentari: in vista del Marca – salone internazionale sui prodotti a marca del distributore che si tiene ogni anno alla Fiera di Bologna – ha intervistato 1200 italiani sulle loro abitudini in fatto di cibo da strada. Il risultato è stato per certi versi sorprendente: per il 52% degli intervistati mangiare street food in casa almeno una volta a settimana è ormai una consuetudine. Un italiano su due, dunque, preferisce trasportare tra le proprie mura la genuinità di questi sapori un po’ ancestrali, con picchi del 65% al nord, mentre il sud e il centro (48% e 45%), dove si esce un po’ di più, rimangono più attaccati alla tradizione.
Una scelta comoda
Tra i motivi che alimentano la tendenza, scorrendo gli esiti dell’indagine, ci sono al primo posto praticità e velocità (32%), seguiti dal gusto ricco e dall’offerta di pietanze (23%), infine dall’economicità (19%). E ancora: solo in un caso su tre lo street food viene preso d’asporto, negli altri due viene preparato direttamente in casa. Il 58% degli intervistati dichiara in effetti di affidarsi a prodotti surgelati o congelati per esser certi della riuscita della ricetta (49%) e per la sicurezza garantita dall’utilizzo di prodotti a marchio di cui ci si fida (38%). I più arditi se lo cucinano da sé comprando gli ingredienti. Ma sono ancora pochi.
Il boom del cibo da strada
E se, stando a questo sondaggio, il 2017 potrebbe essere l’anno dell’home street food, perlomeno in Italia, il 2016 è stato di sicuro, sempre nel nostro Paese, l’anno del boom del settore. Secondo le cifre rese note di recente da Coldiretti, elaborate su dati Unioncamere, il settore ha fatto registrare una crescita record: lo si evince dalle 2271 imprese impegnate nella preparazione di cibo per il consumo immediato presso banchi del mercato o con furgoni attrezzati. Il 13% in più del 2015. La Lombardia con 288 realtà e un incremento annuo del 26% è la regione italiana dove la ristorazione ambulante è più presente, ma sul podio salgono anche la Puglia (271) e il Lazio (237) mentre una diffusione consistente si ha anche in Sicilia (201), Campania (189) e Piemonte (187).
Non si tratta, ovviamente, di un fenomeno solo italiano: il consumo di cibo per strada consente di mangiare in maniera più veloce e meno costosa rispetto al consumo in un ristorante per cui questa forma di alimentazione viene spesso preferita rispetto a tipologie più formali di consumo: stime della Fao indicano in 2,5 miliardi il numero di persone che giornalmente si alimentano in questo modo. Fast food, finger food, persino lo junk food, ovvero il cibo spazzatura: tutto rientra nello street food, ed è il cosiddetto informal food sector, che ha ormai preso piede in un gran numero di Paesi.
Home street food e cibo da strada: killer dell’identità alimentare?
C’è anche un problema, almeno in Italia, in questa esplosione della passione per lo street food. Lo spiega Coldiretti: i cibi più rappresentativi dell’identità alimentare nazionale stanno sparendo dopo secoli da alcuni centri storici, con la conseguente perdita di un ampio patrimonio culturale e turistico oltre che economico ed occupazionale. Insomma: il kebab, il sushi e la frutta esotica si trovano ovunque, mentre il baccalà fritto da passeggio, l’intruglio della Versilia o il panino con la milza, i turisti sono costretti a cercarselo sulle guide.
Questo significherebbe, oltre che perdita della territorialità e delle specificità, uno abbassamento qualitativo dei cibi. “Il risultato – dice il presidente Roberto Moncalvo – è che i turisti trovano da Palermo a Milano gli stessi cibi di New York, Londra o Parigi. Una situazione che ha già portato realtà turistiche di prestigio internazionale come Firenze a valorizzare il cibo locale nelle nuove aperture in centro storico con l’obiettivo di considerare anche il commercio alimentare come un patrimonio immateriale culturale da tutelare, alla pari di quello architettonico”.
Ecco, quindi, il cuore della questione: il cibo da strada italiano, così folcloristico, è spesso solo una cosa da sagre, mentre l’etnico è ormai diventato familiare.
L’home street food, però, non è così: il 53% degli intervistati da Vis Alimentari preferisce piadine e arancini, il 47% vira su falafel e kebab. Ma la strada cosa fa, per riprendersi gli utenti che si rinchiudono in casa? C’è chi si è inventato il kebab alla napoletana, chi quello sardo, chi le applicazioni per trovare più facilmente i luoghi dello street food. Il match tra strada e casa, imprevedibile qualche anno fa, è appena cominciato: chi vincerà?
Il cibo on the road è, comunque, un’attrattiva irresistibile: rapido, gustoso, spesso unto e non proprio dietetico, è una calamita per turisti affamati e non solo. Se anche voi siete degli estimatori di questo nuovo trend, potrebbe interessarvi leggere i nostri consigli e suggerimenti sul più tipico street food italiano.