Fondi Europei per l’Agroalimentare: come li usa l’Italia?

Fondi Europei agricoltura

Mentre tutta la penisola attende lo sblocco dei fondi Pac, c’è un’Italia che dei contributi comunitari si giova illecitamente. Provare ad entrarci equivale a scandagliare un qualsiasi ramo della filiera agromafia: le mani della criminalità organizzata, in particolare della mafia, si sono posate da tempo su questo settore, e non è un caso se l’Italia è tra le regine delle truffe sui fondi europei. Lo spiegano i numeri, e ancor più i nomi di alcuni dei truffatori: si risale su, su nella scala gerarchica e si arriva spesso ad un boss a un capoclan che i fondi europei sa bene come usarli. Non certo per fini agroalimentari. È un universo parallelo, quello delle frodi comunitarie, che grava sull’Italia come una mannaia perché spesso i reati sono prescritti ed è dunque impossibile che lo Stato si rivalga sui responsabili dei reati. Proviamo ad analizzare per sommi capi il fenomeno.

Fondi Europei per l’agricoltura: le frodi

La cronaca

Agricoltura frodi UE

L’ultimo caso è ancora da accertare, per ora è solo un sospetto di truffa, tutta da provare: una vasta area della Sardegna nordoccidentale, peraltro messa in vendita dalla Regione per il suo rilancio, è oggetto di una corposa richiesta di contributi all’Agea, quindi alla Comunità europea, da parte di due siciliani che sostengono di avere i 500 ettari in comodato d’uso. Il penultimo, più eclatante, risale a tre mesi fa: aiuti chiesti da Milano alla Ue su migliaia di tonnellate di cibo destinato alle associazioni di volontariato e invece rivenduto. Due casi diversi nel tipo di richiesta fatta a Bruxelles e nell’entità del profitto, ma radicati nello stesso terreno, quello dell’agroalimentare, e con lo stesso obiettivo: scucire all’Unione più soldi possibile, contando sulla difficoltà di controllo da parte del comitato antifrode.

I numeri: sequestri per 15 milioni

Quindici milioni di euro sequestrati. Sono numeri importanti, quelli delle frodi comunitarie, e decisivi nel computo totale del business che è oggi l’agromafia. Numeri con un trend in leggero calo nel totale, ma in aumento alla voce agroalimentare. La maggior parte dei sequestri eseguiti nel 2015 da nas e guardia di finanza, come rilevato dall’ultimo rapporto di Coldiretti-Eurispes Agromafie, ha riguardato la Calabria, per un valore complessivo di quasi 9 milioni di euro (il 62,3% del totale), a fronte dei 14 milioni di euro sequestrati su tutto il territorio nazionale.

Nel mirino indebite percezioni di finanziamenti da parte della Comunità europea. Interventi importanti hanno riguardato anche la Sicilia (25%), la Toscana (4,7%) e la Puglia (3,8%). “Gli interventi a tutela della Pac e il numero di soggetti denunciati, in linea con l’anno precedente, evidenziano una particolare diffusione del fenomeno nell’Italia meridionale”, scrive Coldiretti: Sicilia (con il 27,6% dei denunciati e il 13,7% degli interventi effettuati), Puglia (20,1% dei denunciati e l’11,4% degli interventi), Calabria (12,7% e 7,4%) e Campania (12,2% e 7,1%).

Italia quarta in Europa per frodi

Unione Europea
Novantotto milioni di euro
. È il totale dei contributi illecitamente percepiti da aziende italiane, in calo ma pur sempre vertiginoso: mentre in Europa nel 2014 si registra un costante incremento (per un totale di 3.185 milioni di euro nel 2014 rispetto ai 2.052 milioni del 2013), in Italia le frodi sono calate passando dalle 805 registrate nel 2013 alle 763 dell’anno passato. A scorrere il rapporto reso noto qualche mese fa dal Comitato nazionale per la repressione delle frodi nei confronti dell’Unione Europea (Colaf) non c’è però da brindare. Non era stato un caso che il sottosegretario alle Politiche Europee Sandro Gozi avesse dichiarato alla presentazione del dossier che “il buon risultato ottenuto è frutto della crescente efficacia dei modelli di prevenzione e del perfezionamento del flusso di comunicazioni promosso a livello centrale e locale dal Comitato”. Tutto vero, certamente, così come il fatto che l’Italia è il quarto Paese per numero di frodi e irregolarità sui fondi europei, solo dopo Romania (1150), Repubblica Ceca (1074) e Polonia (963). Come dire: l’intelligence funziona, ma provare a scalfire il volume di illeciti è impresa ancora lontana.

Cos’è la Pac e come viene frodata

Il modo più semplice e diffuso per arrivare alla frode è sovradimensionare la domanda di aiuto alla Comunità europea: si può fare attraverso false dichiarazioni di particolari coltivazioni in aree geografiche non compatibili, false dichiarazioni di superfici coltivate in misura superiore a quelle reali, false dichiarazioni di numero di piante.

La Pac, politica agricola comunitaria, si articola in due tipologie di intervento: la prima è quella dei contributi diretti, finanziati interamente dall’Europa, che li distribuisce in Italia tramite Agea e che sono mirati a un generico “sostegno al reddito” dell’agricoltore; la seconda riguarda invece i Piani di sviluppo rurale (Psr) che vengono finanziati da Europa e regioni e la cui gestione è affidata alla Regione. I primi non devono essere giustificati in relazione all’attività agricola, ma vengono calcolati in base all’estensione e al tipo di terreno che si possiede, e sono dunque questi i più facilmente attaccabili.

Il caso Sicilia

Agricoltura sviluppo

È l’emblema di questo fenomeno, ormai quasi indissolubilmente legato alle grandi organizzazione criminali. Qualche mese fa i giornalisti Alessandro di Nunzio e Diego Gandolfo lo hanno immortalato nella videoinchiesta “Fondi rubati all’agricoltura”: è bastato un piccolo tour dell’isola per scoprire la forte interferenza dei clan mafiosi con la richiesta di contributi, indebitamente percepiti e poi “lavati” in imprese di altro tipo. Investiti nel cemento, per esempio.

L’Agea, l’agenzia che fa da intermediario tra le aziende e Bruxelles, non ha colpe dirette, ma forse un po’ di attenzione in più avrebbe permesso di arrivare alle enormi quantità di fondi chiesti e ottenuti. E ora una buona parte dei reati sono prescritti, mentre l’Italia potrebbe trovarsi sul groppone 500 milioni di euro. Tra i terreni per i quali la mafia chiedeva aiuto, giusto per fare un esempio, c’era persino l’area dell’aeroporto di Trapani.

I danneggiati, perché ci sono anche migliaia di danneggiati in Sicilia e in altre regioni, sono quei lavoratori che chiedono il contributo minimo, 1200 euro all’anno, e che quotidianamente si vedono osteggiati dagli affiliati ai clan che vantano la proprietà del terreno, spesso falsa, lo lasciano improduttivo e chiedono poi aiuti del valore di milioni.

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